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Untitled, 2020. Tre sguardi sull’arte di oggi, 2020 | Punta della Dogana

Untitled, 2020. Tre sguardi sull’arte di oggi, 2020 è la mostra collettiva curata da Caroline Bourgeois, Muna El Fituri e Thomas Houseago, visibile a Punta della Dogana fino al 13 dicembre 2020. “Abbiamo lavorato come fossimo un’unica persona, come se le nostre menti e i nostri istinti si fossero fusi.” Parlano così i tre curatori, […]

(forefront) Thomas Houseago, Beautiful Boy, 2019. Courtesy of the artist and Gagosian Gallery. © Thomas Houseago by SIAE 2020. Installation View ‘Untitled, 2020. Three perspectives on the art of the present’ at Punta della Dogana, 2020 © Palazzo Grassi, photography Marco Cappelletti.
Installation View ‘Untitled, 2020. Three perspectives on the art of the present’ at Punta della Dogana, 2020 © Palazzo Grassi, photography Marco Cappelletti.

Untitled, 2020. Tre sguardi sull’arte di oggi, 2020 è la mostra collettiva curata da Caroline Bourgeois, Muna El Fituri e Thomas Houseago, visibile a Punta della Dogana fino al 13 dicembre 2020. “Abbiamo lavorato come fossimo un’unica persona, come se le nostre menti e i nostri istinti si fossero fusi.” Parlano così i tre curatori, delineando un diverso modo di concepire l’esibizione che affronta, sala dopo sala, tematiche come il sesso, la morte, l’impegno, il lavoro, al fine di stimolare una riflessione continua, lenta e attenta sul mondo che ci circonda. 60 sono gli artisti coinvolti, nati tra il 1840 e il 1995, e particolare attenzione è stata rivolta a chi spesso nell’arte non riesce a trovare il proprio spazio, come le donne e gli artisti afroamericani.
Epicentro e cuore della mostra è l’installazione site-specific, immaginata per il cubo di Tadao Ando, che ricostruisce uno studio d’artista – ispirato a quello di Thomas Houseago – in cui il visitatore può sedersi, leggere un libro, navigare in rete e osservare le varie fasi del processo creativo. Tra le opere esposte, il video di James Lee Byars The World Question Center, gli studi di Thomas Houseago, le fotografie e i filmati di Muna El Fituri e sculture tradizionali della popolazione Senufo (Costa d’Avorio).
La mostra è composta da diversi nuclei tematici ma particolarmente significativi sono i contributi delle artiste e la riflessione sulle minoranze. La libertà e la sfida alle convenzioni è ciò che promuove l’artista Lee Bontecou. Sviluppando un’arte post-minimalista, adotta per le sue sculture materiali industriali e sostanze organiche, come nel caso di Untitled, composto da acciaio, resina e filo. Valie Export, presente in diverse sale nel corso della mostra, indaga le convenzioni e gli stereotipi legati al maschile e al femminile: in Identity Transfer 1, fotografia in bianco e nero, il corpo dell’artista diviene un altro maschile, attraverso capelli corti e trucco pesante. La scelta di usare il proprio corpo e di analizzarne le significazioni sociali è emblematica anche nella scelta del nome d’arte: Smart Export era infatti un marchio di sigarette, simbolo di virilità. Lo stereotipo del lavoro femminile per eccellenza, il cucito, diviene la cifra stilistica dell’artista britannica Alice Kettle che in Loukanikos the Dog and the Cat’s Cradle crea un racconto con pittura e filo fuso con l’attualità: il richiamo è infatti alle manifestazioni contro l’austerity in Grecia.

Edward Kienholz, Roxys, 1960-61. Pinault Collection. Installation View ‘Untitled, 2020. Three perspectives on the art of the present’ at Punta della Dogana, 2020 © Palazzo Grassi, photography Marco Cappelletti.
Installation View ‘Untitled, 2020. Three perspectives on the art of the present’ at Punta della Dogana, 2020 © Palazzo Grassi, photography Marco Cappelletti.
Valie EXPORT, Verkreuzung, 1972. Courtesy of Galerie Thaddaeus Ropac, London / Paris / Salzburg. © Valie EXPORT by SIAE 2020. / Henry Taylor, Don’t Hate Haitians, 2016. Pinault Collection / Henry Taylor, Untitled (Liz Glynn), 2019. © Henry Taylor. Courtesy of the artist and Blum & Poe Los Angeles / New York / Tokyo. Installation View ‘Untitled, 2020. Three perspectives on the art of the present’ at Punta della Dogana, 2020 © Palazzo Grassi, photography Marco Cappelletti.

La critica politica, morte, violenza, infanzia e sessualità sono i temi affrontati da Marlene Dumas, nata a Città del Capo, che abbandona con l’apartheid. La morte e la redenzione pervade le due lunghe tele dal titolo Likeness I & II che mostrano un corpo pallido disteso, quasi a richiamare la deposizione del Cristo.
Violenza contro le donne, considerate come mero oggetto, e razzismo sono i temi affrontati da Edward Kienholz nella sua installazione a grandezza naturale, Roxys. Riproduzione di un bordello militare degli anni Sessanta, sette manichini di figure femminili popolano la scena, mutilate e aggredite. L’unica figura maschile è un piccolo servitore nero con addosso la cintura di castità. Un crudele spaccato della società americana, non così dissimile dalla denuncia che gli artisti afroamericani promuovono in difesa della propria blackness.
Impegnata è la produzione di Lauren Halsey che realizza una serie di geroglifici contemporanei, parole o simboli della cultura hip-hop e afroamericana, per testimoniare la sofferenza della comunità afro, in linea con il movimento Black Lives Matters. “Io sono una donna nera queer, che costruisce uno spazio nero in un modo pieno di apparato e di disordine. Non ho alcun interesse a non dare priorità alla blackness in tutto ciò che faccio”.
Anche Senga Nengudi rappresenta un pilastro nell’avanguardia afroamericana. Attraverso il recupero di materiali economici e quotidiani, come le calze di nylon, testimonia i cambiamenti del corpo femminile, fisici e spirituali nei suoi ready made. I suoi lavori, seppur non presenti nella stessa sala, dialogano con quelli di David Hammons, che nell’installazione Untitled confronta il carattere elitario del mondo dell’arte con quello delle minoranze attraverso l’accostamento di materiali, come i teloni industriali. Love is the Message, the Message is Death è il potente video di montaggio di Arthur Jafa che costruisce una vera e propria estetica black attraverso una connessione di immagini scaricate da Youtube. Accompagnato da Ultralight Beam, canzone di Kanye West, il video diviene manifesto dell’identità culturale afroamericana, la blackness.

Installation View ‘Untitled, 2020. Three perspectives on the art of the present’ at Punta della Dogana, 2020 © Palazzo Grassi, photography Marco Cappelletti.
Alice Kettle, Loukanikos the Dog and the Cat’s Cradle, 2015. Courtesy of Alice Kettle and Candida Stevens Gallery. © Alice Kettle by SIAE 2020. Installation View ‘Untitled, 2020. Three perspectives on the art of the present’ at Punta della Dogana, 2020 © Palazzo Grassi, photography Marco Cappelletti.
Installation View ‘Untitled, 2020. Three perspectives on the art of the present’ at Punta della Dogana, 2020 © Palazzo Grassi, photography Marco Cappelletti.
Installation View ‘Untitled, 2020. Three perspectives on the art of the present’ at Punta della Dogana, 2020 © Palazzo Grassi, photography Marco Cappelletti.