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La videocamera come stanza e spazio di creazione | UNA CAMERA (tutta per sè) – Casa delle Donne di Milano

La Casa delle Donne di Milano presenta il programma di proiezioni che indaga il rapporto tra le artiste e il video come strumento di lotta e affermazione, a cura di Giorgia Aprosio

Quella tra il femminismo, la video arte e il cinema radicale è una relazione lunga e ramificata. La videocamera è un’alleata potente: può avere una diffusione mediatica estesa, può rappresentare la verità e documentare la storia e l’impegno politico. 
Dal 14 ottobre 2024 la Casa delle Donne di Milano ha ospitato la rassegna di proiezioni UNA CAMERA (tutta per sé), a cura di Giorgia Aprosio – con il coordinamento di Giulia Kimberly Colombo – con lo scopo di esplorare il rapporto tra le donne e il video.
La rassegna ha inaugurato con le opere di Cecilia Mangini (Mola di Bari, 31 luglio 1927 – Roma, 21 gennaio 2021). La regista esordisce come prima donna italiana ad affrontare il cinema documentario, lei stessa si esprime a proposito di questo genere descrivendolo come un canale di libertà perché permette una totale assenza di finzione. Lo definisce infatti come “genere povero”, di conseguenza svincolato dal capitale e dalla produzione commerciale. Collabora con Pier Paolo Pasolini, con cui condivide la voglia di raccontare il proletariato e quella parte d’Italia che non è stata colpita dal boom economico. Questo accade soprattutto nel Sud d’Italia, paesaggio protagonista di Stendalì – Suonano ancora (1960), che racconta il fenomeno delle prefiche della Grecìa salentina, mediatrici del passaggio tra la morte e l’aldilà per mezzo della loro nenia tragica. Negli stessi anni l’antropologo Ernesto De Martino pubblica Morte e pianto rituale nel mondo antico e studia il rapporto tra il Mezzogiorno e la magia.
Durante il secondo appuntamento della rassegna, l’11 novembre, facciamo un salto temporale avanti di sessant’anni rispetto a Mangini con U Scantu: A Disorderly Tale (2022), cortometraggio di Elisa Giardina Papa (1979, Medicina) esposto alla 59a Biennale di Venezia, in cui l’artista reinterpreta le donne di fora, mito siciliano di figure misteriose e ambigue tra l’umano e l’animale, benevole e vendicative.  Stendalì e U Scantu raccontano di donne che incarnano uno “stare fuori” rigidi binari dettati dalla società, donne intelligenti e magiche dotate di conoscenze esoteriche e apotropaiche. Durante la discussione presso la Casa delle Donne abbiamo parlato troppo poco di streghe e di quanto il giudizio sulla libertà delle donne si sia rivelato (e si rivela spesso ancora oggi) come un’inquisizione. Il peccato commesso è quello di non rientrare in una figura femminile già disegnata e preimpostata, che si esprime in una certa estetica e in un determinato comportamento. 

Beatrice Favaretto, Miss Italia, 2022, Still da video, in collaborazione con Ludovica Bertucci, prodotta da NAM – Not A Museum per SUPERBLAST 2022. Courtesy NAM – Not A Museum, Firenze
Cecilia Mangini, Stendalì (Suonano ancora), 1960, Courtesy Cineteca di Bologna
Still from Silvia Giambrone, Eredità, 2008, Courtesy the artist

Il duo di artiste Goldschmied & Chiari (1975, Arzignago e 1971, Roma) presenta alla rassegna Anygirl (2012), ispirato al delitto di Wilma Montesi, ritrovata sulla spiaggia di Capocotta nell’aprile del 1953. Nel film la ragazza si risveglia dalla morte e si riappropria della sua identità di “ragazza qualunque”, in una sequenza che mette in discussione il rapporto tra universo privato e coscienza pubblica. Anygirl solleva un aspetto purtroppo molto presente ancora oggi, e riporta lo slogan che le donne negli anni Settanta hanno proclamato per le strade: “Il personale è politico”, richiamando alla condivisione delle nostre storie e paure e il loro rapporto con la politica e la stampa.
La rassegna a cura di Aprosio permette anche di creare un confronto culturale con la proiezione di All Good? (2024) di Alevtina Kakhidze (1973, Kyiv). L’artista immagina un dialogo con il padre, mentre attraversa Odessa, città in cui si sono conosciuti i suoi genitori, oggi colpita dalla guerra. Kakhidze ripercorre una storia e vive contemporaneamente il passato della sua famiglia e il drammatico presente che colpisce l’Ucraina.

Il progetto UNA CAMERA (tutta per sé) è realizzato grazie alla gentile collaborazione di Casa delle Donne Milano, Archivio AAMOD (Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico) e Cineteca di Bologna. 
Il prossimo appuntamento è previsto per il 9 dicembre 2024 con la proiezione di: Eredità (2008) di Silvia Giambrone, The Great Safae (2014) di Randa Maroufi e Miss Italia (2022) di Beatrice Favaretto. 

L’accesso è libero, le proiezioni sono introdotte dalla curatrice Giorgia Aprosio, affiancata dalle artiste, curatrici e critiche invitate e da Giulia Kimberly Colombo, dottoranda in Storia dell’arte all’Università Statale di Milano e membro del Direttivo della Casa.

UNA CAMERA (tutta per sé)
a cura di Giorgia Aprosio

14 ottobre, 11 novembre e 9 dicembre 2024 – ore 18:30
Casa delle Donne di Milano – via Marsala 8, Milano

Cover: Elisa Giardina Papa, “U Scantu”/ A Disorderly Tale, 2022. Video and ceramic installation. Variable dimensions,12 min. Still frame from video. Courtesy of the Artist and Galerie Tanja Wagner. ©Elisa Giardina Papa

Goldschmied & Chiari, Anygirl, 2012, High Definition Video on Blue-ray, 5.1 surround sound, 3’53”
Still from Randa Maroufi, The Great Safae, 2014
Still from the video All Good?, 2024 Alevtina Kakhidze in collaboration with Roman Khimei