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Un giro (d’arte) per la capitale

La sede romana di Gavin Brown in Sant’Andrea De Schaphis ospita il video Love Is The Message, The Message Is Death di Arthur Jafa. Come un racconto corale, il video è costituito da un’alternanza di climax e discensioni, rese attraverso l’utilizzo delle immagini e del suono. Fermo immagini, brevi clip trovate in archivi storici, video […]

Arthur Jafa, Love is the Message, the Message is Death - Sant’Andrea de Scaphis, Roma
Arthur Jafa, Love is the Message, the Message is Death – Sant’Andrea de Scaphis, Roma
Arthur Jafa, Love is the Message, the Message is Death - Sant’Andrea de Scaphis, Roma
Arthur Jafa, Love is the Message, the Message is Death – Sant’Andrea de Scaphis, Roma

La sede romana di Gavin Brown in Sant’Andrea De Schaphis ospita il video Love Is The Message, The Message Is Death di Arthur Jafa. Come un racconto corale, il video è costituito da un’alternanza di climax e discensioni, rese attraverso l’utilizzo delle immagini e del suono. Fermo immagini, brevi clip trovate in archivi storici, video musicali e contenuti virali di YouTube si alternano sullo schermo. Una narrazione visiva della black culture impersonata da corpi dai movimenti estatici, ondeggianti, erotici, coreografici, atletici e violentemente assaliti. Un alternarsi di crollo e ripresa. Questa reinterpretazione della tragedia razziale è sostenuta dal capolavoro di Kanye West, Ultralight Beam, un brano che accompagna perfettamente la tecnica di montaggio sviluppata da Jafa. Seguendo le regole della “Black Visual Intonation” da lui teorizzata, il video mette in risalto la ripetizione, la circolazione e il flusso, caratteristiche proprie della musica black. Love Is The Message, The Message Is Death è un inno alla vita di persone colpite da forti attacchi fisici, mentali. Che vivono di continuo depressioni, seguite da costanti gloriose riprese. (Fino al 14 aprile 2018)

Fotografie dai colori vividi e intensi si alternano ad altre in cui domina il colore della sabbia.
Lorenzo Vitturi espone da T293 il risultato della sua residenza in Lagos. Addentratosi nella Financial Trust House della città, un palazzo di 27 piani completamente in disuso, Vitturi scatta fotografie di computer, tastiere, bottiglie e oggetti d’ufficio impolverati, simili a reperti di uno scavo archeologico del presente. Questi silenziosi interni abbandonati dialogano in galleria con le fotografie di uomini e donne incontrati al Balogun Market. I loro volti coperti si confondono con le stesse merci che trasportano, rendendo impossibile una separazione tra corpi vivi e inanimati.
Tessuti colorati e materiali dalle tinte variegate si fondono, evocando l’incontenibilità dei beni di consumo, che riproducendosi infinitamente oltrepassano il confine divisorio tra umano e inorganico. Terza tipologia di fotografie è quella delle composizioni. Nature morte di oggetti di vario genere acquistati da Vitturi al mercato che vengono poi riassemblati in un secondo momento nel suo studio. L’allestimento della galleria è quasi museale. Dietro ad alcune fotografie sono disegnati rettangoli di colore, che incorniciano la sapiente costruzione analogica di Lorenzo Vitturi, restituendo una composizione pulita e teatrale. (Fino al 24 marzo 2018)

Lorenzo Vitturi - Natural man-made, Oyinbo, and moving beats, 2018 - installation at T293, Photo by Roberto Apa - Courtesy of the Artist and T293, Rome
Lorenzo Vitturi – Natural man-made, Oyinbo, and moving beats, 2018 – installation at T293, Photo by Roberto Apa – Courtesy of the Artist and T293, Rome
Lorenzo Vitturi - Natural man-made, Oyinbo, and moving beats, 2018 - installation at T293, Photo by Roberto Apa - Courtesy of the Artist and T293, Rome
Lorenzo Vitturi – Natural man-made, Oyinbo, and moving beats, 2018 – installation at T293, Photo by Roberto Apa – Courtesy of the Artist and T293, Rome

Sara Zanin Gallery in occasione della mostra personale di Giovanni De Cataldo (a cura di Cecilia Canziani) si trasforma in un cantiere magico, in cui oggetti prelevati dal tessuto urbano sono rivestiti di una pelle nuova. Materiali da costruzione, stoffe e colori di atelier di moda dalle influenze pop si incontrano, instaurando un dialogo inatteso. Giovanni De Cataldo abbiglia guardrail, reti da costruzione, coperchi di fontanelle pubbliche agendo come un sarto di fronte a un manichino nudo. L’artista è in grado di trovare bellezza in inusuali dispositivi: una lettura del potenziale estetico di ciò che abitualmente non viene incluso in alcun canone.
Così Kylie, Kendall, Serena e Venus da sinuosi frammenti di guardrail, vestono i panni delle sorelle Kardashian, con tessuti cangianti ai quali sono state aggiunte delle borchie argentee. E allo stesso modo le reti fluorescenti che addobbano i cantieri e che in San Lorenzo, quartiere dal quale De Cataldo ha attinto per la ricerca del materiale, sono ormai trama ricorrente. L’arancio delle reti riverbera sulla stoffa catarifrangente e scompare quando fotografata con il flash. Una sparizione della scultura in favore della sua restituzione in negativo. Oggetti con una precisa funzione vengono dipinti con colori appartenenti all’universo della cultura di massa. Giovanni De Cataldo mette in scena un’estetizzazione attraverso la manipolazione di materiali opachi e ottusi. (Chiusa il 17 marzo 2018)

Giovanni De Cataldo, Yoshi, 2018 - Guardrail Verniciato - cm 31 x 178 x 14 - Courtesy Z2O Sara Zanin Gallery, Roma
Giovanni De Cataldo, Yoshi, 2018 – Guardrail Verniciato – cm 31 x 178 x 14 – Courtesy Z2O Sara Zanin Gallery, Roma
Giovanni De Cataldo - San Lorenzo - Installation View - Courtesy Z2O Sara Zanin Gallery, Roma
Giovanni De Cataldo – San Lorenzo – Installation View – Courtesy Z2O Sara Zanin Gallery, Roma

Un racconto dai toni fantascientifici si snoda invece nel video di Ursula Mayer presentato da Monitor, realizzato in collaborazione con la comunità LGBT di Trinidad e con l’attrice transessuale Valentijn de Hingh. ATOM SPIRIT è l’ultimo film girato in 16 mm in cui la Mayer mostra uno scenario distopico creatosi in seguito alla sesta estinzione di massa. Un paesaggio avveniristico in cui esseri animali, umani e non umani si intersecano con componenti cibernetici, creando un mondo alternativo abitato da ibridi mutanti.
La riflessione della Mayer è incentrata sul rapporto tra natura e artificio, sui confini tra attività umana e macchina, e sul loro necessario ripensamento.
La tematica dell’ibrido è anche presente nella serie di sculture See you in the Flesh 1-4. Creature colorate realizzate in vetro che ricordano parti anatomiche o fiori dai toni brillanti. Drawing Android 6 invece funge da contrapposizione a questa liquidità per via del cemento, che in una lastra grigia appesa alla parete intrappola fili e cavi. Un tentativo di donare elasticità a un corpo rigido. (Fino al 30 marzo 2018)

Ursula Mayer,The Soul Paints Itself In Machines, 2018, installation view at Monitor, Rome
Ursula Mayer,The Soul Paints Itself In Machines, 2018, installation view at Monitor, Rome
Ursula Mayer,The Soul Paints Itself In Machines, 2018, installation view at Monitor, Rome copia
Ursula Mayer,The Soul Paints Itself In Machines, 2018, installation view at Monitor, Rome