
Il 24 e 25 settembre Centrale Fies, in collaborazione con Le Garage Lab, danno vita all’ultima fase del progetto TUCUL. Monumenti temporanei a Agitu Ideo Gudeta degli artisti Christian Offman (1993) e Francis Offman (1987) all’interno della Agitu Ideo Gudeta Fellowship.
Abbiamo incontrato i due artisti per conoscere da vicino il progetto che, dopo la mostra bi-personale di luglio negli spazi di Le Garage Lab di Trento, è proseguito con una serie di workshop gratuiti di pittura rivolti alla comunità cittadina interessata. Ne risultano una visione inclusiva e relazionale, sviluppata intorno a due monumenti temporanei dedicati ad Agitu e collocati nel Parco di Melta di Gardolo (inserito in un contesto urbano popolare, eterogeneo e ospitale nei confronti di comunità migranti) e nel Giardino Alexander Langer (attivista altoatesino che ha consacrato la sua vita alla difesa della possibilità di una convivenza inter-etnica).
Il progetto nasce nel quadro delle attività della borsa di studio per artisti visivi e performativi dedicata ad Agitu Ideo Gudeta, creata nel 2021 da Centrale Fies (Dro, Trento), Razzismo Brutta Storia – Fondazione Feltrinelli (Milano) e Black History Month Florence (Firenze).
Segue l’intervista ai due artisti.
AG: Il progetto TUCUL. Monumenti temporanei a Agitu Ideo Gudeta nell’ambito della Agitu Ideo Gudeta Fellowship si è composto di fasi sperimentali susseguenti e molteplici. Iniziamo da qui: in cosa è consistita la vostra residenza estiva prezzo Centrale Fies?
La residenza alla Centrale Fies con LIVE WORKS Free school of Performance è stato un momento di riflessione e approfondimento del nostro lavoro e del progetto Tucul. Attraverso una critical session e un reading group ci siamo confrontati con artisti Internazionali come Ibrahim Mahama e direttori di importanti Istituzioni come Kathryn Weir, Krystel Khoury e la regista Onyeka Igwe.
Oltre ad avere la possibilità di poter dialogare con queste importanti figure, la residenza è stato un momento per conoscere i giovani artisti della nostra generazione, tutti sullo stesso percorso ma qualcuno con qualche chilometro in più, provenienti da tutta Europa.
AG: Il progetto ha visto anche la realizzazione di una doppia personale. Come vi siete confrontati con lo spazio e la città, quali le opere che avete deciso di realizzare e perché?
La doppia personale realizzata a Le Garage Lab è stata intesa come una situazione di incontro per presentare alle persone di Trento il progetto.
Attraverso una call abbiamo fatto una raccolta di fondi di caffè in modo da dare agli spettatori la possibilità di entrare, conoscere e investire sé stessi nella realizzazione del progetto. Con il supporto di Centrale Fies e Le Garage Lab, abbiamo avuto un ottimo feedback con la città che mediante il passaparola è stata stimolata a partecipare in modo attivo.
La selezione dello spazio dove realizzare i monumenti temporanei è ricaduta sul Parco Alexander Langer (che ha consacrato la sua vita alla difesa della possibilità di una convivenza inter-etnica) e il Parco di Melta di
Gardolo (inserito in un contesto urbano popolare, eterogeneo e ospitale nei confronti di comunità migranti).
Per l’allestimento ci siamo concentrati solo in una parte dello spazio in modo da non stravolgere l’ecosistema di Le Garage Lab così che i visitatori potessero vedere lo spazio di lavoro dove operano le ragazze in dialogo con la nostra mostra.
Abbiamo selezionato una serie di opere che vanno dal 2016 al 2020 nella maggior parte dei quali vi è presente il caffè come filo conduttore.
AG: Come si inserisce TUCUL nelle vostre differenti pratiche artistiche e attitudini? Quanto l’aspetto relazionale si integra con il vostro modo di intendere l’arte?
Christian Offman: I materiali che utilizziamo nei nostri lavori sono spesso donati da altri artisti o dalle persone che frequentiamo, è un modo per far acquistare al materiale una narrativa, uno scambio più che un’imposizione. La stessa pratica l’abbiamo adottata per questo progetto. La maggior parte del materiale che useremo per la costruzione, fondi di caffè e tessuti vari, è stato donato da persone di Trento.
Il progetto TUCUL propone l’idea che l’arte sia da intendersi come “spazio di lavoro” collettivo e come uno strumento e un esercizio culturale in grado di radunare le comunità intorno ad un obiettivo condiviso.
Vedi quello che ci interessava era vedere i posti che Agitu frequentava, le varie persone con cui aveva creato relazioni e le strade che percorreva. Mi piace pensare che tolta la polvere, questo progetto resti nella memoria delle persone.
Francis Offman: Uno dei tanti modi per rendere l’invisibile visibile.


AG: Promuovere l’inclusività all’interno delle pratiche artistiche contemporanee è indubbiamente un tema caldo.
CO: Partirei dal risponderti che noi siamo sempre esistiti. Ogni tanto ci fa un po’ strano pensare che nonostante l’Italia abbia da secoli avuto scambi sia commerciali che culturali con l’Africa non ci sia mai stato un artista affermato con origini afro.
‘’In un mondo che si uniforma ogni giorno di più, non potremo difendere la diversità se non innalzandola al livello di un valore cioè costituendola come categoria di pensiero’’.
Non sto condannando, anzi questa inclusività dà certamente speranza.
FO: La speranza e un incentivo all’evoluzione
CO: Spero solo che questo precedente non finisca come il Black Lives Matter in Italia che, come dice Djara Khan, è finito nel momento in cui hanno visto un ragazzo nero che mangiava un gatto fuori da una stazione.
FO: Già!
AG: Come avete accolto questa urgenza e quale è stato a vostro avviso, il riscontro sulla comunità cittadina?
FO: Per così dire siamo calibrati su altre linee di interconnessioni: ecologies of knowledges. Le divisioni, le varie bolle e tutti i sottomondi possibili non rientrano nella nostra anticamera di pensiero “the possible has been tried and failed. Now it’s time to try the impossible”, ma siamo molto consapevoli dei danni che provocano in modo diretto e indiretto su ognuno di noi (we are aware of the new world)!
Il riscontro con la comunità è stato molto positivo. È stato uno stimolo a un modo di vedere altrimenti atrofizzato.
AG: Come si svilupperanno i vari capitoli che compongono il vostro progetto?
La residenza a Centrale Fies con LIVE WORKS Free school of Performance, la mostra bi-personale in collaborazione con Le Garage nella quale abbiamo fatto la call per la raccolta di fondi di caffè e infine il progetto della costruzione dei due monumenti temporanei in collaborazione con l’architetto Michele Amare nei parchi Alexander Langer e Melta di Gardolo, e detta così sembra semplice.
Dopo la costruzione dei due monumenti dal 18 al 23 ci saranno una serie di workshop con adulti e bambini che saranno chiamati ad intervenire sulle tele che abbiamo realizzato utilizzando il caffè che la comunità di Trento ha fornito, che in seguito andremo ad applicare sulle due strutture.
Per concludere, il 24 e il 25 di settembre ci sarà una cerimonia/performance dove bruceremo i due monumenti temporanei e i lavori in un calderone, e si procederà a recuperare la cenere da usare come
compost per piantare un albero in memoria di Agitu in ognuno dei due parchi.
Il progetto iniziale era più maleducato: l’idea era di bruciare direttamente i Tucul con i lavori applicati sopra, ma ci sarebbero stati troppi problemi amministrativi legati alla sicurezza pubblica e una telefonata con l’amministrazione comunale ci ha fatto cambiare idea.
AG: Ritenente che l’arte contemporanea possa avere un impatto politico sulle nostre esistenze?
CO: Credo che l’arte sia un modo per indicare mondi possibili, qualcosa di “oltre” e in un certo senso anche per mostrare il torto del mondo.
AG: Quali sono a vostro avviso le modalità più efficaci per coinvolgere una comunità, e sensibilizzare su temi urgenti quali l’integrazione e il vivere comune, attuando quella distribuzione del sensibile che Rancière tanto auspicava, e che oggi come non mai risulta necessaria?
FO: Questa è una bella domanda, starei ore a parlare… Cerco di essere molto sintetico, pragmatico e circoscritto alle coordinate geografiche in cui ho base per adesso (IT).
La parola integrazione: l’uso di questa parola in questo ambito mi crea molti problemi, temo non solo a me. I media la impiegano molto, ma sappiamo che le persone non sono componenti da integrare in un sistema come un computer.
Kuiil I HAVE SPOKEN in Different Languages, Mandalorian Multilanguage
“I concetti di integrazione” in Italia/e non solo (tutta l’area mediterranea) sono modi obsoleti e fallimentari. Suggerirei di leggere il Manifesto di Losanna con un saggio introduttivo di Adriano Favole ed iniziare ad accettare un’abilità che le culture possiedono, l’intraducibilità di molti aspetti.
Bisogna riflettere e poi pensare allo stesso tempo, avere coraggio di affrontare la complessità della NOSTRA STORIA.
2012_Boaventura de Sousa Santos _Spaces of Transformation: Epistemologies of the South

