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Tra arte, natura e tecnologia: Umwelt | FMAV, Modena

Marco Mancuso orchestra un percorso attraverso i territori di confine tra arte, natura e tecnologia, intorno ad una nuova concezione dell’ambiente che contempla la convivenza paritaria di forme cognitive umane e non-umane.
UMWELT, FMAV – Fondazione Modena Arti Visive, exhibition view | ph. © Rolando Paolo Guerzoni

Arte e scienza talvolta mostrano analoghe sensibilità verso le sfide del presente, e pertanto si rivolgono, ognuna a suo modo, ad interagire con la mole di dati grezzi che la natura offre ai loro “strumenti” di rilevazione. Se la scienza, a partire dai dati, affina la propria conoscenza dei fenomeni naturali e studia delle risposte tangibili, l’arte si offre piuttosto di inventare delle modalità di rappresentazione che restituiscano intuitivamente quella complessità e ne guidino la lettura. Fino al 12 gennaio 2025 FMAV – Fondazione Modena Arti Visive ospita nella sua sede di Palazzo Santa Margherita la collettiva UMWELT, a cura di Marco Mancuso, con opere di una serie di artisti e collettivi internazionali accomunate dal fatto di esplorare proprio i territori di confine tra arte, natura e tecnologia, per fondare una nuova concezione dell’ambiente che contempla la convivenza paritaria di forme cognitive umane e non-umane. Il titolo stesso della mostra (traducibile in italiano come “ambiente” o, più precisamente, “mondo intorno a noi”) allude al concetto omonimo introdotto dal biologo e filosofo Jakob von Uexküll nel suo saggio del 1933 Ambienti animali e ambienti umani, e descrive la prospettiva complessa e stratificata che ogni organismo ha dell’ambiente che lo circonda, la quale è determinata dall’accumulazione di esperienze sensoriali e propriocettive ricavate dal fatto di essere immerso in esso. Da quest’operazione inconscia deriva la capacità di integrarsi più o meno efficacemente nell’ecosistema, misurandosi anche con i bisogni collettivi delle altre entità che lo abitano. Il pensiero di von Uexküll è oltremodo attuale perché mette al centro del discorso un aspetto verso cui il pensiero corrente manifesta una sempre maggiore sensibilità, vale a dire l’esistenza di altre intelligenze non umane tra loro interconnesse (“entangled”) che sono a tutti gli effetti agenti dinamici negli ecosistemi, all’interno dei quali, storicamente, l’uomo si è invece ritenuto l’unico soggetto attivo e meritevole di operare per il proprio fabbisogno. Trasponendo queste riflessioni nel terreno delle arti visive e multimediali, Marco Mancuso traccia una traiettoria attraverso varie opere che impiegano le tecnologie più attuali per restituire la complessità degli ecosistemi naturali attraverso approcci tra l’analitico e lo speculativo.

UMWELT, FMAV – Fondazione Modena Arti Visive, exhibition view | ph. © Rolando Paolo Guerzoni

Durante la visita per la stampa, Mancuso ha spiegato: “Umwelt è il termine che mette in evidenza come ogni specie presente in natura è attivata da un sistema di interazioni con ciò che la circonda, in funzione di una propria esigenza di sopravvivenza, ma comunque sempre in relazione con un sistema collettivo di altre intelligenze interrelate. La mostra tiene a inserire nell’equazione un terzo termine, che è quello dell’intelligenza tecnoscientifica: questo perché gli strumenti della ricerca scientifica permettono agli esseri umani di comprendere come funzionano le forme cognitive altre nell’ambiente, di osservarle e di studiarle, mentre senza questi strumenti esse si presenterebbero a noi in modalità e su scale di spazio e tempo sostanzialmente inconoscibili. Gli artisti internazionali presenti in mostra utilizzano gli strumenti della tecnoscienza e collaborano con enti di ricerca scientifica, per produrre opere che consentono agli esseri umani di entrare maggiormente in relazione con le forme di intelligenza ambientale, per una nuova idea di ambiente, un ambiente collettivo, più ampio e diffuso, più ‘entangled’ e correlato, e quindi anche per la diffusione di una nuova etica ecologica, che fa riferimento a tanto pensiero filosofico. La mostra è ‘entangled’ essa stessa, tutte le opere sono correlate tra loro”. L’esperienza di visita nella mostra si configura infatti come un percorso tra vari dispositivi che manifestano da subito il loro legame con il mondo della scienza e della tecnologia. I Solar Panels (2022) di James Bridle, facenti parte della serie Radiolaria, si presentano come dei pannelli fotovoltaici sui quali sono state incise delle immagini ingrandite di radiolarie, vale a dire creature marine di taglia microscopica che hanno la peculiarità di possedere delle strutture scheletriche minerali di silice che le rendono estremamente resilienti. La pratica dell’incisione sui pannelli fotovoltaici allude ad alcuni esiti recenti della ricerca scientifica, che hanno dimostrato come determinate modalità di incisione modulare praticate sui pannelli solari possono migliorarne l’efficienza, perché consentono di intrappolare alcune frequenze di luce altrimenti riflesse via. Il riferimento alle radiolarie vuole anche richiamare uno degli antesignani del pensiero ecologico, il biologo e zoologo Ernst Heinrich Haeckel (a cui si deve proprio l’introduzione del termine “ecologia”), che aveva posto queste creature al centro della trattazione del suo volume illustrato Kunstformen der Natur (1904): qui l’“artisticità” di alcune forme prodotte dalla natura si sposava alla loro modularità.

UMWELT, FMAV – Fondazione Modena Arti Visive, exhibition view | ph. © Rolando Paolo Guerzoni

Molte sono le opere in mostra che fanno impiego dell’intelligenza artificiale per elaborare grandi quantità di dati e restituire degli output visivi. Le nove stampe UV su alluminio dal titolo The Way of Flowers (2023-in corso) del collettivo CROSSLUCID sono prodotte da un sistema interlacciato di reti neurali che dipinge composizioni floreali ibride: gli archivi di immagini di Stable Diffusion, una rete neurale proprietaria addestrata su un dataset di 400 collage di immagini, un altro archivio di modelli tridimensionali generati in realtà virtuale a partire da un corpus di illustrazioni di simbologie eterogenee. L’ideale modello di riferimento è invece l’archivio di piante e fiori fotografati da Karl Blossfeldt in Urformen der Kunst (1928), in cui sono suggerite relazioni tra forme di espressione della natura e dell’uomo, dunque tra l’aspetto delle piante e le iconografie e gli stilemi che nelle varie fasi storiche della civiltà umana ne sono state ricavati. Così come Blossfeldt dimostrava una dedizione inedita verso l’osservazione minuziosa del mondo vegetale attraverso nuovi approcci alla macrofotografia, evitando di focalizzarsi sugli aspetti tassonomici e piuttosto studiando le possibilità di sviluppo formale degli organismi vegetali, così i CROSSLUCID rinunciano ad ogni forma di automazione dei processi generativi delle immagini e lavorano con un minuzioso iter di prompting progressivo. La proiezione immersiva Decohering Delineation (2022-2023) del collettivo Entangled Others si fonda similmente sulla raccolta e l’elaborazione mediante reti neurali computazionali di una grande mole di dati provenienti dagli oceani nella forma di immagini di specie acquatiche, tra cui calamari, molluschi e meduse. Le reti neurali utilizzate sono programmate per generare continuamente nuovi modelli che ad ogni ciclo si fondono tra loro, e con il prodotto di tale amalgama interagiscono a loro volta altri dati ambientali condivisi dalla piattaforma online Copernicus Marine Service, che fornisce dati aperti per migliorare il monitoraggio climatico, favorire un uso sostenibile delle risorse oceaniche e contrastare l’inquinamento dei mari, nel quadro delle politiche sugli oceani adottate dall’Unione Europea. L’opera è condizionata dall’evoluzione dei modelli impiegati dalla rete e vuole sottintendere le relazioni profonde che legano tra loro gli organismi viventi all’interno degli ecosistemi e la loro cangiante mutevolezza.

UMWELT, FMAV – Fondazione Modena Arti Visive, exhibition view | ph. © Rolando Paolo Guerzoni

Speculare, al lato opposto della mostra, è l’opera audiovisiva immersiva AquA(I)formings – Interweaving the Subaqueous (2021) di Robertina Šebjanič, Sofia Crespo e Feileacan McCormick, anch’essa rivolta alle profondità marine, ma focalizzata sul caso di una specie in via di estinzione, la Pinna Nobilis o nacchera di mare, un mollusco bivalve minacciato dall’inquinamento e dal cambiamento climatico. Gli artisti hanno fatto uso dei dati su temperatura, salinità, composizione chimica e TDS (Solidi Totali Disciolti in una data quantità di liquido) raccolti nell’arco di trent’anni nella regione del Mar Adriatico Settentrionale per mettere insieme dei modelli predittivi per gli anni a venire. Le capacità divinatorie dell’IA sono state sfruttate per raccontare la storia di possibili future relazioni inter-specie tra la Pinna Nobilis e la Poseidonia, che popola la superficie dei suoi habitat. Sulla stessa linea di ricerca si pone anche The Synthetic Iris Dataset (2023) di Anna Ridler, un’“opera documentale ricorsiva” che mediante l’impiego di tre diverse intelligenze artificiali per la generazione di immagini (DALL-E, Midjourney e Stable Diffusion) ha prodotto 150 combinazioni di iris a partire dai dataset vastissimi di ciascuna IA. In mostra sono visibili una tabella scritta a mano (per evidenziare l’importanza che tuttora riveste l’elemento umano nella comprensione dei dati) che descrive le caratteristiche formali e cromatiche di ciascun fiore sintetico prodotto dall’operazione e una matrice che riporta i vari gradienti di colore presenti. L’opera vuole spingere a riflettere su cosa “vedono” le reti neurali e in che modo il processo di categorizzazione delle immagini condiziona l’interpretazione del dato grezzo a loro sottoposto. L’opera si ispira all’Iris Dataset, uno dei primi set di dati utilizzati per la valutazione dei metodi di classificazione delle specie naturali, che oggi viene impiegato per testare le tecniche di apprendimento automatico del machine learning.

UMWELT, FMAV – Fondazione Modena Arti Visive, exhibition view | ph. © Rolando Paolo Guerzoni

Il video The Salt and the Women (2023) di Eryk Salvaggio invece esplora le possibilità di impiego dell’intelligenza artificiale per la realizzazione di “cinema generativo”. Il video racconta la storia di un gruppo di donne connesse ad un ecosistema di funghi e macchine in un rituale pagano e cibernetico, che pone al centro le tensioni tra mondi naturali e artificiali. Salvaggio ha prodotto un processo di feedback ricorsivo tra una serie di immagini prodotte con Stable Diffusion mediante istruzioni testuali e la loro interpretazione da parte di un modello linguistico GPT-3: ne risulta un loop continuo in cui immagini e sistemi narrativi si influenzano a vicenda. È richiesto all’IA di generazione di immagini di mostrare corpi ibridi in disposizioni contorte e integrati con cavi e miceti, poi GPT-3 descrive verbalmente i corpi rappresentati come fusi in una rete di materiali organici e tecnologici, e tale lettura concorre a influenzare i successivi cicli, fino agli inevitabili errori di sistema (quando ci si allontana troppo dall’input iniziale), casi in cui la scena pare sciogliersi. La colonna sonora che arricchisce il video è stata prodotta dall’interazione tra il campo elettrico generato dalla mano dell’artista e la superficie di un fungo mappata con dei sensori, in modo da catturare le fluttuazioni di tensione che sono in sé le risposte ai segnali elettrici che si propagano nella rete sotterranea del micelio. L’installazione video monocanale Through the AEgIS (2017) di Semiconductor fa diretto riferimento all’esperimento AEgIS (Antihydrogen Experiment: Gravity, Interferometry, Spectroscopy) in svolgimento presso il CERN di Ginevra, che studia il processo di annichilimento indotto dall’interazione di particelle di materia e antimateria. Il video di Semiconductor è un time-lapse che restituisce decine di migliaia di scansioni prodotte a scala microscopica sulla lastra fotografica che porta su di sé le tracce del processo di decadimento, in modo da materializzare i ritmi temporali del flusso quantico che pervade l’universo, mentre un’altra versione stampata in grande formato fotografa la stratificazione dei dati in un determinato istante.

UMWELT, FMAV – Fondazione Modena Arti Visive, exhibition view | ph. © Rolando Paolo Guerzoni

In mostra è presente anche l’installazione multimediale The Nebelivka Hypothesis (2023) di Forensic Architecture. L’agenzia di ricerca con base alla University of London conduce normalmente indagini forensi indipendenti che contestano le narrazioni ufficiali di avvenimenti controversi attraverso l’analisi sistematica di contro-archivi di informazioni mediante tecniche di analisi spaziale dei dati; in questo caso, estende tale pratica alla ricerca di una testimonianza di memoria e intelligenza ecologica del pianeta, che chiama gli esseri umani a una messa in discussione delle proprie strutture sociali e politiche. Al centro dello studio, condotto in stretta collaborazione con l’archeologo e professore di Comparative Archaeology dell’Istituto di Archeologia dell’University College London David Wengrow, sono il sito di Nebelivka e altri luoghi dell’Ucraina centrale, in cui sono stati rinvenute tracce di insediamenti umani di 6000 anni fa. Questi siti si mostrano privi delle strutture centralizzate che, per la concezione più tradizionale della nascita dei primi centri abitati all’alba dell’umanità, erano ritenute indispensabili in quanto incubatrici dell’idea politica di Stato. In questo caso gli edifici si orientano per anelli concentrici attorno a spazi aperti e lasciano pertanto ipotizzare l’esistenza di una società a ordinamento egualitario. Di pari passo con la riconsiderazione della storia sociale dell’umanità, gli strumenti analitici non invasivi di Forensic Architecture permettono di evolvere la pratica archeologica al di là delle consuetudini classiche concepite secondo un modello estrattivo e coloniale; pertanto le tracce non vengono dissotterrate ma sono ritenute inseparabili dal terreno, altrettanto ricco di informazioni (come i comportamenti degli organismi e la diffusione delle radici delle piante), che permettono di formulare l’ipotesi che proprio queste tipologie di comunità paritarie abbiano accelerato la formazione del chornozem, uno dei terreni più fertili del pianeta. Nel contesto della mostra, l’opera (che si dispiega attraverso un’installazione video, delle videointerviste e una pubblicazione che può essere sfogliata in loco) vuole suggerire come l’integrazione di intelligenze umane, naturali e artificiali potrebbe favorire lo sviluppo non-gerarchico di un ambiente collettivo.

UMWELT, FMAV – Fondazione Modena Arti Visive, exhibition view | ph. © Rolando Paolo Guerzoni