New Generations – curato dai team curatoriali di Cripta747, Almanac e Mucho Mas! – è al suo secondo anno di vita eppure è già una tappa obbligata per tutti coloro che gravitano nell’ambiente artistico della città, oltre che una gavetta fondamentale per lə artistə emergenti di Torino e non solo. Dal 2024, infatti, il progetto ha allargato i suoi orizzonti accogliendo anche artistə provenienti da altre regioni: una scelta che favorisce in primis l’esperienza formativa, ma che permette anche di tracciare una mappa delle pratiche e ricerche nascenti sul territorio nazionale. L’edizione di quest’anno ha coinvolto: Dario Capello, Marco Curiale, Oleksandra Horobets, Federica Mariani, Alessandro Mina, Viola Morini, Giorgia Pia e Marta Rocchi.
Il programma, che si struttura in diverse fasi di riflessione, incubazione e produzione, offre un’occasione unica di sperimentare un dialogo libero e orizzontale fuori dalle mura accademiche, ma anche di sottoporre a revisione il proprio lavoro facendo affidamento su un confronto diretto e immediato con figure esperte che operano trasversalmente su scala locale e internazionale.
I lavori in mostra si confrontano con l’idea di corpo, memoria e spazio, interrogando il potenziale sociale e politico dell’arte che lə artistə hanno interpretato in base al proprio posizionamento. Scaturiscono quindi diverse riflessioni che si spostano dal piano esistenziale a quello materiale, da una dimensione di presenza fisica a una virtuale e incorporea.
A cavallo tra i due spazi espositivi, l’intervento coordinato da Dario Capello è composto da due schermi led che comunicano tra loro in un unico dialogo continuo. Le frasi che scorrono sui display corrispondono ai frammenti di una conversazione durata cinque anni tra l’artista e la sua compagna scomparsa. Migliaia di battute archiviate in un dispositivo centrale vengono proiettate nei due spazi in differita di 10 minuti, vanificando così ogni tentativo di cogliere il contenuto del testo nella sua completezza. L’intervento, che nasce dal tentativo di unire due punti nello spazio, si traduce in un fraseggio bruciante tra due linee temporali che si rincorrono senza mai incontrarsi. Così, ogni tentativo di fissare il messaggio sullo schermo conduce a uno scivolamento, trasformando la voce emessa dalla macchina in uno spettro inafferrabile. Ciò che resta è il peso occupato nella memoria digitale, pari a 1.352.839 byte, che dà il titolo all’opera.
Nello spazio espositivo di Mucho Mas! le installazioni di Marta Rocchi e Federica Mariani riflettono sul concetto di spazio abitato, ora come un diario sul quale appuntare i propri segreti più intimi, ora come luogo di reclusione; mentre l’opera di Oleksandra Horobets esplora il complesso di norme del galateo a tavola attraverso un dispositivo di controllo posturale che accoglie e predispone il corpo di chi lo utilizza.
All’ingresso, Episode 4: hedgehog’s dilemma, l’installazione di Marco Curiale ideata al tempo stesso per amplificare e ostacolare la necessità di fruizione del pubblico. Traendo ispirazione dal concetto conosciuto come il “dilemma del porcospino”, con cui Schopenhauer ha esemplificato il duplice effetto confortante e traumatico di ogni relazione, l’opera si dispone esteticamente e spazialmente come un dispositivo ambivalente, contemporaneamente attrattivo e repulsivo. Con le sue superfici iridescenti coperte di spine avvolge e ridisegna lo spazio e, con esso, l’attraversamento dei visitatori che varcano la soglia.
Nello spazio di Almanac sono esposte l’opera Mordi il Sole di Viola Morini, composta da un wall painting e una serie di sculture risultato dei laboratori condotti con una collettiva queer intorno ai temi del corpo, dell’identità e delle relazioni, e il progetto Sas ‘ma intres di Alessandro Mina, che parte dalla storia di emigrazione clandestina della sua bisnonna per riprodurre il paesaggio delle Alpi, mettendo in luce le trasformazioni che ha attraversato nel corso del tempo. A terra, il grande lavoro di Giorgia Pia riflette sugli effetti dell’ambiente urbano nella vita dei suoi abitanti, creando una composizione di peluche dall’aspetto ludico e mostruoso. Le curiose sculture riempite di terra ospitano al loro interno piccole piante di ortica che germoglieranno ed evolveranno nel corso della mostra, riproducendo i processi di vita, adattamento e resistenza della vegetazione.
Le diverse letture e riflessioni dellə artistə sono amplificate anche grazie al public program composto da una serie di crit pensati come spazio di discussione sulle opere e di riflessione condivisa con il pubblico, presso la sede di Cripta747 in via Catania 15/f. Le prossime date sono il 3 ottobre e l’8 ottobre. Tutti i crit sono liberi e non necessitano di prenotazione.