Varie volte nel corso di questi mesi ai bergamaschi è capitato di pensare che la loro impressione della pandemia fosse differente da quella di altre parti d’Italia. Durante marzo e aprile in particolare la sirena delle ambulanze è diventata una dolorosa colonna sonora, associata ad un’unanime e palpabile tristezza.
Questo scenario, che ad alcuni potrà apparire esagerato, è condiviso dalla maggioranza dei cittadini di Bergamo, che hanno visto la loro piccola, solida e rocciosa città, raramente alla ribalta delle cronache, chiacchierata dall’Italia e dal mondo.
A questo clima di incertezza e timore si è fusa, come spesso accade, la tenacia, la collaborazione e la testardaggine di una collettività che ha lottato strenuamente, stringendosi anche attorno al lavoro di medici ed infermieri della struttura ospedaliera cittadina che, benché all’avanguardia, è stata inizialmente incapace di reagire alla pandemia.
Ecco perché TI BERGAMO, mostra a cura di Lorenzo Giusti e Valentina Gervasoni inaugurata in GAMeC, agli occhi di un bergamasco offre un’esperienza completamente diversa rispetto a qualunque altro fruitore, perché è un racconto multiforme che intreccia arte e società, artisti più e meno conosciuti, tutti protesi nel dare il loro contributo nella cronaca di quello che è stato un vero e proprio atto di resistenza pubblico.
Nelle sale espositive (in quello che non è, va detto, il miglior allestimento visto in questa istituzione) si incontrano elementi di quella che è stata la quotidianità pandemica della città, come la (graficamente molto infelice) bandiera “noi love Bergamo” che è stata affissa su migliaia di balconi della città, alla pila di copie del quotidiano locale; il billboard in cui Chiara Bigatti ha associato dei supereroi ai medici; il video-documento dell’inaugurazione dell’ospedale in fiera.
Troneggia la scritta neon RADIO GAMeC nella sala dedicata al bel progetto omonimo ideato dal museo durante il lockdown che ha visto ospiti le voci di vari protagonisti della cultura contemporanea, come Elmgreen & Dragset, Jeremy Deller, Ragnar Kjartansson, Virgilio Sieni, Antonio Rezza, Tiziano Scarpa, Jovanotti ecc.
Le sale che ospitano questi elementi iconici precedono una pluralità di opere, creando una narrazione che incrocia arte, politica e società.
Tra le opere in mostra, le fotografie di Gabriele Basilico, un ricamo di Mariella Bettineschi, una video audio installazione inedita dei Masbedo, i disegni di Dan Perjovschi ed il nuovo film di Andrea Mastrovito, I Am Not Legend, improntato sulla perdita di identità e memoria collettiva.
Risulta emotivamente impattante l’installazione dell’aula realizzata coi banchi dismessi degli istituti di Bergamo: una vera e propria classe, ormai “vecchio stile”, realmente fruibile.
* nota dell’autrice:
Ho iniziato a scrivere questo testo giorni fa, quando l’atmosfera nazionale era completamente differente. Oggi, riguardando questa mostra con un altro stato emotivo, mi sento di aggiungere che c’è necessità, anche nel mondo dell’arte, di rinnovare il senso comunitario che ci ha contraddistinti nei mesi scorsi, contrastando ogni forma di individualismo.