The Wall Between Us è una mostra collettiva ed è la storia di un incontro difficile tra artisti e posizioni. È una mostra con opere di Van Bo Le Mentzel, Ottonella Mocellin, Jacqueline Hoàng Nguyễn, Hương Ngô e Hồng-Ân Trương, Nicola Pellegrini, Minh Thang Pham, Minh Duc Pham e Thị Minh Huyền Nguyễn. Ed è la storia di una collaborazione sviluppata con SAVVY Contemporary di Berlino e di una serie di workshop curata dall’archivio Colonial Neighbours e presso la Jindrich Chalupecky Society (FCCA) a Praga.
The Wall Between Us è una riflessione sui muri reali, le linee di confine che impediscono alle persone di muoversi, ma anche sui muri metaforici che creano appartenenze o limiti tra di noi, in noi. In The Wall Between Us il muro è il luogo di un incontro tra intrecci esistenti che costellano Berlino ed è lo spazio per mettere in discussione e disimparare strutture asimmetriche.
Questa indagine artistica nasce quando Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini si interrogano sulla loro posizione di genitori adottivi italiani di una figlia e un figlio nati in Vietnam. Le loro riflessioni ci giungono sottovoce negli spazi del MA*GA. Quelle che sentiamo sono le parole scritte in una lettera commovente destinata alle madri biologiche dei loro figli Rosa Dao e Tito, in una ricerca di scambio e di incontro. Ma esse sono anche il principio di osservazioni che trascendono il personale. L’attenzione all’intersezione tra appartenenza, parentela, storia, memoria e politiche identitarie defluisce da un dimensione familiare, durante un viaggio visionario in barca, a Berlino, lungo il percorso dove prima sorgeva il muro. La sospensione estatica della videoinstallazione The Wall Between Us (2021) condensa una parte di queste riflessioni, che i due artisti hanno deciso di condividere insieme a membri della comunità diasporica vietnamita a Berlino, in un percorso di lungo termine strutturato insieme a Colonial Neighbours, archivio partecipativo e progetto di ricerca fondato da Bonaventure Ndikung nel 2009, con lo scopo di indagare la storia coloniale della Germania. L’incontro tra Ottonella Mocellin, Nicola Pellegrini e gli eredi dei rifugiati vietnamiti a Berlino e Praga è stato facilitato dalla curatrice Lynhan Balatbat-Helbock.
La mostra al MA*GA è un confronto con punti interrogativi ed ellissi nati da questo spazio di riflessione possibile e potenziale che Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini hanno aperto insieme ai loro figli, in una narrazione aperta e non conclusa con le comunità diasporiche asiatiche e vietnamite nella città in cui vivono. “I workshop (presso Colonial Neighbours)”, afferma la curatrice Elena Agudio, “dovevano inizialmente materializzarsi come sessioni collettive di esplorazione della ‘colonialità’ delle relazioni di potere tra la Germania (sia la Germania Ovest che la Germania Est – DDR) e il Vietnam, e riflettere sugli effetti duraturi delle tettoniche della Guerra Fredda, sulla presenza spettrale del muro di Berlino e sulla relazione ancora violenta e ambivalente dello stato tedesco verso i migranti vietnamiti… Ma più di ogni altra cosa hanno rappresentato un momento per mettere in discussione la costellazione stessa in cui queste riflessioni erano inquadrate…
La condizione paradossale di essere ospite e di essere invitato a diventare ospite senza un adeguato azzeramento dei parametri. L’eredità delle relazioni di potere asimmetriche che informano la ricerca. Incarnavano un momento di rifiuto… Una pratica che una studiosa come Audra Simpson ha definito come un ‘rifiuto etnografico’, il cui scopo è presumibilmente ‘non quello di seppellire le informazioni, ma di assicurare che le comunità siano in grado di rispondere alle questioni alle loro condizioni’, e ‘di reindirizzare (…) l’analisi lontano dalle dannose narrazioni basate sul dolore che oscurano la violenza lenta, e verso le strutture e le istituzioni che generano quelle narrazioni (…) un metodo centralmente interessato al diritto di una comunità di auto-rappresentarsi’.”.
Durante l’opening della mostra Jacqueline Hoàng Nguyễn ci ha introdotto la sua opera Presence in Absentia (2018-19), un dittico di disegni in sabbia colorata su base in legno che ripresenta due fotografie tratte da un album che l’artista ha ereditato da suo nonno, venuto a mancare nel 2015. L’album è una collezione di circa 500 fotografie sopravvissute tra le due guerre, con la Cina e con l’America. Nell’aprile 1975, dopo la caduta di Saigon, i suoi nonni sono riusciti a lasciare il paese con un’unica valigia, con all’interno nascoste queste immagini, che altrimenti sarebbero state distrutte. Jacqueline Hoàng Nguyễn è entrata in possesso dell’album mentre stava lavorando come artista in residenza nel Museo Etnografico di Stoccolma. Lì ha cercato immagini simili a quelle contenute nel suo archivio personale, provando un grande disagio nel sentire come una storia privata e affettiva può essere inglobata da un’istituzione che incarna una congiuntura imperiale, che convalida la perpetuazione della violenza come forma originaria della relazione tra gruppi di persone. Mentre le fotografie possedute da etnografi sono in grado di viaggiare e vengono conservate in ambienti climaticamente controllati, persone migranti viaggiano con le loro intere famiglie in condizioni estremamente precarie. Le loro fotografie potrebbero essersi perse, bruciate, o essere finire in solai, garage, sparite insieme alle storie di chi vi è fotografato. Le immagini di Jacqueline Hoàng Nguyễn dipinte con la sabbia richiamano i mandala della tradizione buddista, segni generativi disegnati con la sabbia, che si risolvono nella loro distruzione. Presence in Absentia presenta le immagini del bisnonno dell’artista, che lavorò come funzionario pubblico per l’ultimo imperatore di Indocina, e la madre di lui. Le loro immagini effimere e precarie esisteranno per il tempo della mostra e verranno spazzate via nel corso di una performance prima della fine della stessa.
Vicino al lavoro di Jacqueline Hoàng Nguyễn è installata una lettera, 2.2.1861 (2009). In essa il padre dell’artista Danh Vo, che studiò calligrafia occidentale durante l’infanzia vissuta in Vietnam, ha riscritto l’ultima lettera che il missionario francese Jean-Théophane ha indirizzato al proprio padre prima di essere decapitato dalle milizie anticoloniali e anti-cattoliche vietnamite nel 1861.
The opposite of looking is not invisibility. The opposite of yellow is not gold (2016) di Hương Ngô e Hồng-Ân Trương è un lavoro composto da fotografie d’archivio delle madri delle due artiste, al tempo in cui furono rifugiate negli Stati Uniti alla fine della guerra del Vietnam. Nelle foto di famiglia è stata la grande somiglianza tra le due donne, che posano vicino a grandi auto americane, con il loro abito della domenica, ad aprire questa riflessione sulle esperienze archetipica vissute dalle due famiglie. Pensate come “una rappresentazione del rifugiato di successo”, queste immagini sono intervallate da estratti incisi al laser degli atti del Congresso Americano degli anni Settanta, nei quali si discuteva del destino dei rifugiati indocinesi dopo la guerra del Vietnam.
Uno dei quattro schermi della videoinstallazione The Wall Between Us (2021) è proiettato su una parete espositiva, dietro la quale in modo quasi mimetico l’architetto Van Bo Le Mentzel, “pensatore laterale”, ha ricavato una piccolissima struttura abitativa, Living Wall (2021), nata durante un workshop curato da Colonial Neighbours. Insediarsi in maniera fissa in strutture temporanee in Germania è vietato; la residenza principale può essere registrata solo in un appartamento. Per questo essere senza fissa dimora equivale a non esistere, non poter avere un codice fiscale e un conto in banca. Riflessioni sui confini, sul riconoscimento di paesi, sono implicate nei lavori di Van Bo, che sono, come lui ha espresso in una recente intervista “piccoli cavalli di Troia con un contenuto estremamente serio. Qui parliamo di senzatetto, di cambiamenti strutturali, di processi di trasformazione della società”.
Minh Duc Pahm è un’artista e performer tedesco vienamita. Wiedersehen (2019) è composta da due lettere, una delle quali l’artista si era scritta quando aveva 15 anni, ed un’altra in cui si risponde anni dopo, nel 2019. Sono installate vicino ad un abito bianco e rosa che ha la forma di un’orchidea, dedicato al se di 12 anni.
Thị Minh Huyền Nguyễn è la curatrice editoriale della pubblicazione dedicata al progetto edita Archive Books, che verrà pubblicata prima della conclusione della mostra. In The Wall Between Us su un tavolo di vetro sono presenti cinque suoi disegni a pennarello, alcuni eseguiti a matita e altri colorati con piccoli puntini a pennarello. In essi ha ritratto alcuni partecipanti del workshop da lei tenuto. Sono presentati vicino alla cartella che li conteneva.
The Wall Between Us è un percorso difficile e non scontato che Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini hanno deciso di intraprendere, illustrando una distanza che è anche spazio di dialogo. Ciò che è in visione ora di questo tragitto, la mostra omonima al MA*GA di Gallarate, è una pausa di riflessione per pensare ai muri che incontriamo tra di noi, e davanti a noi. Per interrogarci sul modo in cui si possa affrontare un dolore e un lutto davanti a cui sentiamo di perdere le nostre forze. E come possiamo comunicare quando le relazioni sembrano essere distrutte senza possibilità di riparazione?
THE WALL BETWEEN US
(Be)Longing, Repairand Its Politics Of Affects
A cura di Elena Agudio
MA*GA di Gallarate (VA)
16.10.2021 – 09.01.2022