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The Floating Collection | MAMbo, Bologna

La museologia contemporanea da anni sta andando incontro alla necessità di ripensare le pratiche di conservazione e gestione delle collezioni museali al fine di aprirsi a nuove possibilità interpretative. Il MAMbo interviene nel dibattito con la collettiva The Floating Collection (fino all’8 gennaio 2023), ospitata nella Sala delle Ciminiere, che presenta opere di Alex Ayed, […]

The Floating Collection, Veduta della mostra, Miao Ying, Pilgrimage into Walden XII, Chapter one: The Honor of Shepherds, 2019-2020, software di simulazione di Machine Learning, durata infinita, courtesy l’artista e Galerie nächst St. Stephan Rosemarie Schwarzwälder, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Photo Ornella de Carlo, Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo

La museologia contemporanea da anni sta andando incontro alla necessità di ripensare le pratiche di conservazione e gestione delle collezioni museali al fine di aprirsi a nuove possibilità interpretative. Il MAMbo interviene nel dibattito con la collettiva The Floating Collection (fino all’8 gennaio 2023), ospitata nella Sala delle Ciminiere, che presenta opere di Alex Ayed, Rä di Martino, Cevdet Erek, David Jablonowski, Miao Ying e Alexandra Pirici. I lavori sono eterogenei nei media impiegati, ma sono accomunati dalla volontà di esprimersi sui temi della raccolta, della conservazione e dell’interpretazione degli oggetti all’interno delle collezioni museali. La mostra, curata da Lorenzo Balbi e Caterina Molteni, ha coinvolto gli artisti invitati in un confronto ravvicinato con le collezioni dei musei civici e universitari bolognesi e con le professionalità che si occupano della conservazione degli oggetti ivi conservati. Gli artisti hanno colto alcune suggestioni a partire non solo dalla materialità degli oggetti, ma anche dalla storia stessa dei musei e del loro rapporto con il tessuto urbano della città, per poi tradurle nei rispettivi linguaggi espressivi. Il risultato è una “collezione fluttuante” che, come ha spiegato Caterina Molteni durante la conferenza stampa, “rimane aperta a variazioni di lettura, rivisitazioni e oscillazioni di significato, pone quesiti e crea nuovi immaginari per rileggere il patrimonio culturale di Bologna; in mostra si parla del museo e delle sue sovrastrutture, della natura evocativa e materiale degli oggetti, delle nuove traiettorie di significato che questi possono tracciare”. Nel suo testo in catalogo, citando Giulia Grechi, sottolinea anche la volontà di distanziarsi dalla “logica enciclopedica, dimostrativa e catalogatoria” del museo tradizionale, la cui struttura narrativa appare ormai inefficace, per ricercare e privilegiare piuttosto la “qualità narrativa, interpretativa e provvisoria del sapere etnografico” (p. 37). Da parte sua, Lorenzo Balbi connette questa modalità espositiva con i propositi espressi già nel 1975 da Franco Solmi, primo direttore della Galleria d’Arte Moderna, che nel discorso di insediamento tracciava la rotta di un museo aperto al dibattito culturale e connesso col territorio, premonendo la spinta verso i “caratteri di impermanenza e di performatività” (pp. 14-15) ricercati oggi nelle progettualità museali. Balbi richiama nel testo anche l’esperienza recente del progetto RE-COLLECTING (2020-22), nel corso del quale le collezioni del MAMbo erano state sottoposte ad un inedito sforzo interpretativo volto a far scaturire prospettive inusuali in grado di rinnovare la relazione tra le opere e i visitatori. Il catalogo, oltre a contenere un atlas visivo di alcuni degli oggetti che hanno colpito ciascun artista durante le rispettive visite ai musei bolognesi, include anche tre storie inedite che rappresentano un’espansione letteraria della mostra, a firma di Vaiva Grainytė (Lituania, 1984), Wissal Houbabi (Khouribga, 1994) e Lisa Robertson (Toronto, 1961), invitate a loro volta a relazionarsi con le collezioni museali e con la realtà urbana di Bologna.

The Floating Collection, Veduta della mostra, Opere di Alex Ayed, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Photo Ornella de Carlo, Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo
The Floating Collection, Veduta della mostra, Opere di Alex Ayed, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Photo Ornella de Carlo, Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo

Apre la “collezione fluttuante” una rassegna di opere ready-made di Alex Ayed (Strasburgo, 1989), che ha come filo conduttore una certa attenzione per i temi della catalogazione e della misurazione, strettamente connessi alle pratiche museali. La serie dei Sun Drawings (2022) espone alcuni materiali facenti parte della collezione di astronomia del Museo della Specola, ovvero delle striscette che riportano le bruciature prodotte dall’azione di un eliofanografo, uno strumento che da decenni misura ogni giorno l’intensità dei raggi solari, cosicché ognuna di esse conserva la traccia di un’intera giornata. Proviene invece dalla Collezione di Antropologia una tavola di comparazione delle iridi umane impiegata negli anni Trenta dagli etnografi R. Martin e B. K. Schultz per classificare le popolazioni con cui entravano in contatto, sulla base di stereotipi razziali. Un oggetto oggi fortemente controverso viene esposto per dare conto delle derive a cui può giungere la volontà di catalogare. Untitled (Fossils and Shells) (2022) si compone di una serie di casse chiuse, che contengono al loro interno una collezione di conchiglie e fossili appartenuta al nonno di Ayed e mai catalogata. In questo caso al centro della riflessione dell’artista sono la complessità e il senso di mistero insiti in una collezione, i cui segreti non saranno mai totalmente svelati. L’opera è stata “attivata” lo scorso 16 dicembre, quando il docente di Zoologia dell’Università di Bologna Marco Passamonti ha proceduto alla catalogazione e alla documentazione fotografica dei reperti. Il pollaio che costituisce l’opera Untitled (Coop) (2020-2022), un oggetto realmente usato dall’artista nella sua casa nella campagna parigina, rappresenta la volontà dell’uomo di regolare la natura e di selezionare le specie, ma è anche una sorta di catalogo di possibilità oggettuali, dato che è un assemblaggio eterogeneo di pezzi di mobili. Entrando nella Sala delle Ciminiere si viene accolti da una serie anomala di elementi architettonici fittizi, che costituiscono l’installazione Colonne della Curiosità (2022) di Cevdet Erek (Istanbul, 1974). L’artista dialoga con l’architettura del museo e sviluppa una riflessione sulla colonna come una costante formale che può tradursi in una varietà di possibilità funzionali. La ciminiera prossima all’entrata viene replicata nelle sue fattezze per metà della sua altezza; la copia è poi segata a circa due terzi e la parte superiore è lasciata fluttuare sopra le teste dei visitatori, cessando il proprio ruolo di elemento strutturale e diventando piuttosto una copertura, che sembra alludere ai portici di Bologna. Variando il punto di vista, la parte inferiore della copia può diventare, per parallasse, un piedistallo che fa risaltare i Funerali di Togliatti di Renato Guttuso, visibili attraverso una finestra che dalla collezione permanente del MAMbo si affaccia sulla Sala. Più avanti, il pilastro che regge l’arco di passaggio che conduce all’ambiente laterale in cui sono esposte le opere di David Jablonowski è replicato a sua volta e collocato nella sala, cessando la propria funzione di sostegno e divenendo scultura astratta. In un nuovo gioco di risemantizzazione, l’elemento architettonico viene duplicato una seconda volta subito accanto, ma stavolta viene capovolto e impiegato come base per un calco in gesso della croce perduta di Varignana (IX-X secolo), conservato nel Museo Civico Medievale. Il richiamo è alla pratica diffusa nell’area emiliano-romagnola in epoca medievale di reimpiegare le colonne dei templi romani, opportunamente capovolte, come sostegni per croci in prossimità di luoghi di culto.

The Floating Collection, Veduta della mostra, David Jablonowski, Geo-fenced commodity futures (renewable, traced, hard) I-V, 2022, stampe 3d realizzate con plastica riciclata, alluminio, ottone, rame, acciaio, specchi, alluminio fresato a controllo numerico, legno, marmo, courtesy SpazioA, Gallery Fons Welters, Gallery Markus Luettgen, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Photo Ornella de Carlo, Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo
The Floating Collection, Veduta della mostra, David Jablonowski, Geo-fenced commodity futures (renewable, traced, hard) I-V, 2022, stampe 3d realizzate con plastica riciclata, alluminio, ottone, rame, acciaio, specchi, alluminio fresato a controllo numerico, legno, marmo, dettaglio, courtesy SpazioA, Gallery Fons Welters, Gallery Markus Luettgen, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Photo Ornella de Carlo, Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo

La ricerca di David Jablonowski (Bochum, 1982), da sempre interessato all’interazione tra storia e tecnologia, si esplica in una serie di sculture che fondono strumenti moderni o rudimentali, materiali grezzi o raffinati. Proprio nelle collezioni museali, soprattutto nei casi di patrimoni industriali, è possibile riscontrare la stessa dicotomia tra innovazione e obsolescenza, che hanno ambivalentemente contribuito a plasmare l’identità e la reputazione degli oggetti ivi conservati. Così in Prediction Tower, Taobao village (2015), che allude agli algoritmi di profilazione impiegati dai siti di e-commerce, elementi in alluminio e fibra di carbonio convivono con cesti di vimini, segale essiccata e pannelli luminosi a LED. In Soft-Hard Commodity Fusion I e II (2019) alcuni forconi di fieno sono sorretti da una struttura morbida in polipropilene. Geo-fenced commodity futures (renewable, traced, hard) I-V (2022), prodotta appositamente per la mostra, si compone di alcuni elementi parallelepipedi cavi stampati in 3D, collegati tra loro da fili metallici, che manifestano l’interrelazione dei prodotti sul piano del loro valore sociale ed economico. Nel loro complesso le opere di Jablonowski trasmettono un senso di precarietà, dato che non sembrano aver ancora raggiunto una configurazione stabile e definitiva; pare che da un momento all’altro un nuovo processo metamorfico indotto dall’innovazione tecnologica, o al contrario dal recupero inatteso di una tecnologia ritenuta obsoleta, ne possa riplasmare sostanzialmente l’aspetto. Al centro della Sala delle Ciminiere è messa in scena la performance a ciclo continuo Re-collection (2018-2022) di Alexandra Pirici (Bucarest, 1982), presentata in questa sede in una versione a due interpreti: una coreografia di movimenti sincronizzati, canti ed enunciazioni che configurano una collezione vivente di oggetti immateriali e indefiniti, di tableaux vivants che emergono come ricordi nella memoria (a questo allude il titolo, dato che in inglese “to recollect” significa “ricordare”). Una “raccolta di saperi incarnati” che si nutre dei riferimenti più vari, dalle movenze arcaiche del balletto L’Après-midi d’un Faune (1912) di Vaslav Nijinsky alle pose plastiche di sculture come Sakuntala di Camille Claudel e Amore e Psiche di Antonio Canova, ma anche di ricordi personali e di sensazioni fugaci dell’artista o delle performer. I corpi si articolano in pose statuarie su un piedistallo circolare, per poi farsi liquidi e defluire a terra. Il silenzio dei movimenti al ralenti è rotto da una salva di pestoni ritmici. Dopo un tempo indefinito, nell’ambiente si riverberano le voci che intonano a cappella la canzone Nature Boy di Nat King Cole.

The Floating Collection, Veduta della mostra, Cevdet Erek, Columns of Curiosities, 2022, installazione architettonica site-specifIc, courtesy l’artista, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Photo Ornella de Carlo, Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo
The Floating Collection, Veduta della mostra, Rä di Martino, Moonbird, 2022, Still da video con musica originale e libretto di Mauro Remiddi, HD video, stereo sound, 25’ produzione di MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, Azienda Speciale Palaexpo | Mattatoio – Roma. Coprodotto da Fondazione Merz, Torino-Palermo; Triennale Milano, Milano; Snaporazverein, CH. Si ringraziano inoltre per il supporto Galleria Valentina Bonomo, Roma; Galleria Monica De Cardenas, Milano – Zuoz, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Photo Ornella de Carlo, Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo

Superata la performance e varcata una tenda ci si trova immersi nella proiezione del cortometraggio Moonbird (2022) di Rä di Martino (Roma, 1975), con musica originale e libretto di Mauro Remiddi. Il film si presenta, secondo l’artista, come un’“opera lirica” che sfrutta per il comparto sonoro campionature di strumenti musicali antichi conservati nel Museo e Biblioteca internazionale della Musica di Bologna, rielaborate e arricchite da registrazioni ex-novo. Il protagonista del film è Amedeo, un botanico che vive nella prigione dorata di un palazzo settecentesco i cui interni sono affollati di arredi sontuosi e ricoperti di affreschi di uccelli esotici; controparte artificiale, per quanto sublime, degli uccelli che volano nel cielo, rappresentanti il mondo ignoto oltre i confini della proprietà. La morte nel giardino di uno di quegli uccelli è l’accadimento che determina una variazione dello status quo: in un sogno che sconfina nella realtà appare Moonbird, un uccello dalle fattezze umane che sfugge ad ogni tentativo di catalogazione (Rä di Martino sembra parlarci dell’inadeguatezza degli strumenti epistemici umani di fronte alla complessità cangiante del reale) che sconvolge la vita quotidiana di Amedeo, per poi scomparire improvvisamente. Incapace di tornare alla sua vita di sempre, il protagonista si avventura alla sua ricerca fino agli angoli più remoti del suo giardino, per poi, finalmente, varcarne i confini e approdare alla realtà. La mostra termina con un’installazione multimediale e una proiezione di Miao Ying (Shangai, 1985), che insieme vanno a comporre l’opera Pilgrimage into Walden XII (2019-2022), realizzata con il supporto di un software per videogiochi e di tecnologie di machine learning. L’ambientazione è il villaggio medievale di Walden XII, dove vigono un sistema di indulgenze papali tramite bitcoin e una forma di monitoraggio del comportamento degli abitanti incentrato sulla raccolta dei loro dati personali, in riferimento al sistema di “social credit” introdotto in Cina, tramite cui i cittadini vengono valutati in base a quanto si conformano alle regole. La prima parte, The Honor of Shepherds (2019-2020), consiste in sei schermi che mostrano altrettanti “pastori” ricondotti a diverse classi sociali e gestiti ciascuno da una diversa intelligenza artificiale, che insegna loro a muoversi come gli esseri umani, per poi assegnare loro un punteggio in base alle prestazioni. Nel mondo fittizio di Walden XII, a loro volta i pastori spingono la popolazione a conformarsi alle regole. Segue Surplus Intelligence (2021-2022), un video in animazione digitale che si basa su un racconto scritto da un’intelligenza artificiale: un abitante-scarafaggio innamorato del proprio capo intraprende un viaggio per aiutarlo nonostante lui abbia rubato la pietra del potere del villaggio. Il software di machine learning è stato nutrito di diverse fonti, tra cui il romanzo utopico Walden II di Burrhus Frederic Skinner, ambientato in una società in cui la popolazione è condizionata fin dalla nascita a tendere verso comportamenti socialmente corretti tramite un sistema di rinforzi positivi, e un racconto online popolare in Cina in cui si racconta la storia di una dipendente che si innamora del proprio capo violento. La sindrome di Stoccolma è infatti una chiave di lettura tramite cui interpretare, per Miao Ying, il rapporto controverso tra i cittadini e i sistemi di sorveglianza. The Floating Collection si chiude perciò con un monito: nell’era di internet sono gli individui ad essere “oggettificati”, dato che le aziende e le autorità governative sono interessate ad acquisire i loro dati sensibili per le proprie “collezioni”.

The Floating Collection, Veduta della mostra, Alexandra Pirici, Re-collection, 2018-2022, azione continua, versione duetto, eseguito da Noemi Calzavara, Irene Ciancarelli, Martina Del Prete, Valentina Foschi, Lucrezia Rosellini, Francesca Santamaria, Valentina Squarzoni; progettazione plinto e mascherine Andrei Dinu, assistenza all’installazione di Mihai Mihalcea, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Photo Ornella de Carlo, Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo
The Floating Collection, Veduta della mostra, Miao Ying, Pilgrimage into Walden XII, Chapter Two: Surplus Intelligence, 2021-2022, video, 5k resolution, 33’ 27”, courtesy l’artista e Galerie nächst St. Stephan Rosemarie Schwarzwälder, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Photo Ornella de Carlo, Courtesy Settore Musei Civici Bologna | MAMbo