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SYZYGY | Interview with Hanne Lippard

English text below  SYZYGY è la performance di Hanne Lippard che si terrà il 16 dicembre alla Chiesa dell’Ospedale di Bergamo, già sede di installazioni permanenti di Stefano Arienti e Andrea Mastrovito. Hanne Lippard, artista norvegese di stanza a Berlino...

- Hanne Lippard - ph Alexander Coggin
Hanne Lippard – ph Alexander Coggin

English text below 

SYZYGY è la performance di Hanne Lippard che si terrà il 16 dicembre alla Chiesa dell’Ospedale di Bergamo, già sede di installazioni permanenti di Stefano Arienti e Andrea Mastrovito. Hanne Lippard, artista norvegese di stanza a Berlino il cui medium elettivo è la sua stessa voce, reciterà un testo legato all’inevitabile scorrere del tempo.
Hanne Lippard crea una trama sonora grazie ad un sapiente lavoro di combinazione tra significato e significante delle parole. I suoi testi e le poesie fanno uso di un linguaggio quotidiano il cui senso viene modellato attraverso ripetizioni strutturali e sintattiche, allitterazioni e suoni onomatopeici.
Lungi dall’essere puramente informativi, i brani sono visivi, ritmici e performativi. Con le parole, Hanne Lippard avvolge completamente il pubblico e apre un mondo in cui l’esperienza del linguaggio come pura voce viene esplorata, plasmata e ampliata.
I testi, i toni, gli acuti e i gravi riempiono l’apparente vuoto del silenzio; le parole e il loro suono costruiscono architetture fatte di onde sonore, all’interno delle quali l’ascoltatore è invitato e guidato. (da CS)

Di seguito l’intervista all’artista ad opera della curatrice della performance, Claudia Santeroni.

Claudia Santeroni: Ho letto che reputi necessario sia tu stessa a recitare i tuoi testi, e lo comprendo. spiegheresti perché è importante anche che tu ci sia fisicamente? mi spiego meglio: potresti declamare senza che il pubblico ti vedesse, ma sentendo solo la tua voce? non mi riferisco ad una registrazione, ma ad una voce che arriva da “dietro le quinte”.

Hanne Lippard: Penso che l’idea di “nascondersi dietro le quinte” mentre si parla sia ancora più drammatica o forzata di presentarsi di fronte al pubblico “in carne ed ossa”. Ovviamente è complicato lavorare sulla performance verbale, in quanto l’aspetto visuale quasi sempre prevale su quello sonoro. Devo considerare cosa indosso, la mia postura e via dicendo, ossia quello che dovrebbe essere il mio primo contatto con il pubblico, il primo giudizio su di me – diciamo. Tuttavia, una volta che comincio a leggere, penso di riuscire, per la maggior parte delle volte, a lasciare che il pubblico passi dalla posizione di spettatore a quella di ascoltatore, concentrando così la sua attenzione sulla lettura.

CS: Trovi interessante l’equivoco di poter essere scambiata per una poetessa? 

HL: Non direi necessariamente che sia un errore o un malinteso. Mi considero anche una poetessa, che preferisce avvalersi dell’arte visiva come modalità per mostrare il proprio lavoro.

CS: Ti ha influenzata la proposta di performare in una chiesa? Quanto l’ambiente in cui lavori condiziona il testo che presenti?

HL: Ho già eseguito performance in una chiesa, è molto interessante perché è un luogo in cui la voce ha naturalmente una sua centralità e il discorso è molto connesso con il divino. Spesso lo spazio stesso è costruito per diffondere la voce senza alcuna amplificazione. Questo ovviamente è di particolare interesse per la mia pratica artistica, dal momento che mi occupo sempre più dell’aspetto spaziale del suono attraverso le installazioni. Lo spazio, la sua storia, la sua costruzione e la sua atmosfera sono sempre importanti sia per le performance dal vivo che per le installazioni sonore. Cerco di realizzare lavori il più possibile site-specific, ma cerco anche di definire uno spazio preciso con la forza della voce stessa.

CS: Carmelo Bene dichiarò: “Io creo musica per gli occhi”. Il tuo approccio ha a che fare con il “vedere l’ascolto”, sempre benianamente parlando?

HL: È una bella citazione. Spesso vedo il lavoro come un metodo per comporre immagini dalla pura qualità immateriale del linguaggio parlato. Lavorando con la percezione sensoriale dell’orecchio, quella dell’ascoltatore, si stabilisce un contatto diretto da un corpo all’altro.
Dato che siamo nel contesto della Chiesa, potrei anche riferirmi al termine biblico: il Verbo si fece carne. Nonostante non sia cristiana, trovo questa antica allegoria della parola orale intrigante.

Hanne Lippard – SYZYGY
16.12.18, h.18.30 
– la performance inizierà puntualmente all’orario indicato
Chiesa dell’Ospedale 
Piazza OMS 1, Bergamo
a cura di Claudia Santeroni
evento sostenuto da Cropelli Unipersonale e organizzato da The Blank e ASST Papa Giovanni XXIII

Hanne Lippard, Mid afternoon slump - Coast  Contemporary 2017 -Photo Maya Økland
Hanne Lippard, Mid afternoon slump – Coast Contemporary 2017 -Photo Maya Økland
Hanne Lippard, Mid afternoon slump - Coast  Contemporary 2017 -Photo Maya Økland
Hanne Lippard, Mid afternoon slump – Coast Contemporary 2017 -Photo Maya Økland

 Interview with Hanne Lippard (by Claudia Santerone, curator)  

CS: I have read that you think it is necessary to recite your texts yourself, and I understand it. Would you explain why it is so important to you being physically present? Let me explain: would it be possible for you to declaim without the public seeing you, but only hearing your voice? I’m not referring to a recording, but to a voice that comes from “behind the scenes”.

HL: I think the idea of “hiding behind the scenes” while speaking is even more dramatic or forced than presenting oneself in front of the audience “in flesh”. It is of course complicated to work with the performance of the spoken word, as the visual almost always c the audible. I have to consider what I wear, how I stand etc. which would be the first encounter with the audience, the first judgement of myself let’s say, but once I start reading I think I succeed most of the time in letting that be the main focus point once the audience falls into the position of listener rather than viewer.

CS: Do you find interesting the misunderstanding of being mistaken for a poetess?

HL: I wouldn’t necessary say that it would be a mistake or a misunderstanding. I also consider myself to be a poet who rather pursues visual art as a platform to display my work.

CS: Has the proposal of performing in a church influenced you? How much does the environment in which you work condition the text you present?

HL: I have previously performed in a church, it is very interesting because it is a space where the voice has such a natural central space, the speech is so connected to the divine. Often the space itself is built to carry a voice without any amplification, This is of course particularly interesting for my practice, since I am dealing more and more with the spatial aspect of sound through installations. The space, its history and construction, its ambience, is always important for both active live performance as well as sound installations. I try to be as site specific as possible, but also try to create a certain space with the force of the voice itself.

CS: Carmelo Bene said: “I create music for the eyes”.  Does your approach have anything to do with “seeing the listening”, always speaking in the Carmelo Bene sense?

HL: It’s a nice quote. I often see the work as a method of composing visuals from the pure immaterial quality of spoken language. By working with the sensual reception of the ear, that of the listener, one establishes a direct contact from body to body. Since we are in the context of the church, I could also refer to the biblical term; the word became flesh. despite not being Christian myself, i find this ancient allegory of the spoken word intriguing.

Hanne Lippard, Blind Faith - Haus der Kunst 2018
Hanne Lippard, Blind Faith – Haus der Kunst 2018