È il 1976 quando Sunil Gupta – artista canadese nato a New Delhi nel 1953 – si trasferisce da Montreal a New York: è un momento cruciale, non solo per il suo percorso personale, ma anche per quello personale. Sono gli anni in cui la fotografia viene apprezzata per il suo potenziale creativo, tanto da portare l’artista a lasciare i suoi studi alla Business School per cominciare a studiare più approfonditamente questo medium. Il risultato è la sua prima serie dal titolo Christopher Street, realizzata nell’omonima via di Manhattan: le rivolte di Stonewall 1969 hanno aperto le porte ad una prima forma di accettazione verso la comunità gay che vive la propria liberazione in termini identitari. Gli scatti di Sunil Gupta sono il manifesto esemplare di questa libertà ritrovata, l’occhio che guarda attento a quelle categorie di persone emarginate, sapendone raccontare il valore e il ruolo all’interno della società.
È, per Gupta, l’occasione di mostrarsi al mondo per la prima volta come artista: <<trascorrevo i miei weekend girando con la macchina fotografica>> racconta, <<erano i giorni eccitanti che seguivano Stonewall e precedevano l’AIDS, in cui eravamo giovani e indaffarati. Se mi guardo indietro questi scatti sono diventati un’iconica e nostalgica testimonianza della mia storia persona>>.
Nel 1999 arriva un altro momento di svolta, in una fase molto diversa del percorso personale e professionale dell’artista: nella serie From Here to Eternity – poi sviluppato nell’omonimo progetto editoriale pubblicato da Authograph nel 2020 – Sunil Gupta presenta una serie di dittici che raccontano l’esperienza – che egli vive anche personalmente – dell’HIV sul corpo e, soprattutto, sulla propria vita. È il racconto di quella Londra in cui l’artista vive la malattia, un periodo caratterizzato dall’isolamento e di solitudine, quella stessa solitudine cui i sopravvissuti – come lui stesso li definisce – vengono totalmente abbandonati.
È l’occasione per Gupta per portare avanti quella ricerca introspettiva personale, con al centro quel corpo che l’artista aveva già ampiamente esplorato e che diventa, in questa occasione, uno strumento di denuncia sociale verso le politiche intraprese nel proprio contesto locale. La stampa in camera oscura è lo strumento tramite il quale Gupta riesce ad affrontare il periodo durissimo della malattia con un forte senso di speranza verso un futuro di rinascita e guarigione, che seguirà quello della prova e dell’abbandono.
Emerge into Light, l’ultimo progetto presentato dalla galleria Matèria, è la prima personale dedicata a Sunil Gupta in Italia, che mette in dialogo queste due serie così importanti per la storia dell’artista, accompagnate da un testo critico inedito di Mark Sealy. È il contesto privilegiato per un viaggio intimo e delicato negli scatti di denuncia sociale e politica dell’artista indiano naturalizzato americano, ma anche e soprattutto del suo scavare in profondità nella sensibilità della propria anima. Emerge into Light è l’occasione per poter apprezzare insieme queste due serie così diverse, che raccontano due momenti ugualmente fondamentali per la crescita di Gupta come uomo e come artista, accumunate dal suo desiderio di vedere sé stesso e altri come lui raccontati nelle pagine della Storia dell’arte. Proprio a partire dal libro From Here to Eternity nasce l’installazione site-specific presentata all’interno della galleria, lasciando allo spettatore la possibilità di aprire il proprio dialogo intimo con l’artista nello spazio di quella che sembra una piccola cappella nella quale potersi immergere in completo silenzio.
Immergersi per poi rinascere e dal buio riemergere alla luce.
Fino al 15 gennaio 2022, Matèria, Via dei Latini, 27 – Roma