E’ possibile raccontare un’isola?
Forse, se immaginiamo di coglierne i paesaggi, gli scorci ed i caratteri nascosti attraverso il linguaggio intenso della fotografia.
Fino a domenica 20 ottobre 2019 il museo MAN di Nuoro dedica un’ampia retrospettiva al grande fotografo emiliano Guido Guidi (Cesena, 1941), realizzata in collaborazione con ISRE – Istituto Superiore etnografico della Sardegna – e sotto la direzione di Irina Zucca Alessandrelli.
La rassegna Guido Guidi – IN SARDEGNA: 1974, 2011 riunisce circa 250 scatti realizzati dal maestro, documentando il particolare rapporto tra Guidi e quella terra aspra, visitata dall’artista prima nel 1974 e più tardi nel 2011.
Il percorso espositivo si fa così testimonianza dei cambiamenti avvenuti nel paesaggio e di quelli apportati dall’uomo, oltre a rappresentare una vivida riflessione sul dispositivo fotografico. Il racconto tracciato da Guidi è fatto di volti, di persone, di aperture paesistiche e di “quotidiane” nature morte colte muovendosi nella regione. Le tecniche di scatto e le strumentazioni impiegate risultano di importanza nodale al fine di comprenderne l’evoluzione stilistica: le fotografie del 1974 sono infatti scattate in bianco e nero e con una macchina analogica – una Nikon con obiettivo 55, la stessa impiegata anche da Ugo Mulas e da Antonioni in Blow Up dirà Guidi -, mentre gli scatti del 2001 sono a colori e realizzati sia in digitale, sia attraverso supporti analogici – fra i quali il grande formato con una field camera 8×10 già utilizzata da Walter Evans oltre un secolo fa.
Il catalogo della mostra, edito in 3 volumi dalla casa editrice londinese MACK, specializzata in fotografia contemporanea, accompagna e acuisce l’esperienza dell’esposizione.
Estratto dal testo in catalogo della curatrice Irina Zucca Alessandrelli
Tutta la differenza
“Two roads diverged in a wood, and I,
I took the one less traveled by.
And that has made all the difference”
Robert Frost
L’idea di una mostra sulla Sardegna e di questo libro, risale a una chiacchierata che ho avuto con Guido Guidi alcuni anni fa. Si parlava di suoi progetti non realizzati, di fotografie stampate e mai mostrate, adagiate nelle tipiche scatole gialle da pellicola fotografica 20×25 della Kodak, impilate sugli scaffali a casa di Guido a Ronta di Cesena. L’idea di quelle fotografie che da più di quarant’anni riposavano al buio e che raccontavano luoghi e volti, fermi in un’epoca così tenera della vita, mi continuava a frullare per la mente ogni volta che pensavo a Guido. La sensazione della mia piccola missione si faceva strada nella mia testa. Bisognava mostrare quegli scatti in bianco e nero risalenti al 1974 e poi quelli molto più recenti di un secondo viaggio sull’isola compiuto nel 2011, anch’essi inediti. Dovevo portare quelle immagini allo scoperto ad ogni costo.
Il primo viaggio in Sardegna nel maggio 1974, pianificato nei mesi invernali a Venezia, era stato compiuto in un’occasione speciale: le nozze di Guido e Marta. Non segnava solo l’inizio di una nuova vita di coppia, ma anche il prender forma di quel ragionare fotografico che oggi identifichiamo come tipico di Guido Guidi. Guardare queste immagini oggi, non solo permette di godere di luoghi e dettagli che allora parevano esotici, oggi in parte irriconoscibili, ma anche di osservare, come mai si è potuto prima, l’evoluzione del modo di lavorare attraverso la Sardegna come luogo d’elezione, dove Guido è tornato a distanza di quasi quattro decenni. Un percorso di creazione e maturazione di uno stile che si coglie già dalle immagini del primo viaggio e si ritrova rafforzato e solido negli scatti del secondo.
Per il pubblico di oggi mettere a confronto due momenti della produzione fotografica,
il periodo iniziale e quello recente, è un’opportunità rara per capire l’originalità della
produzione di Guido Guidi nel panorama italiano e internazionale.
L’occasione per realizzare questo progetto da me tanto voluto ha coinciso con l’avvio
del programma espositivo incentrato sul rapporto tra artisti contemporanei e il mondo
Mediterraneo avviato da Luigi Fassi, neodirettore del MAN, Museo d’arte della
provincia di Nuoro. Così ha preso corpo l’idea di una grande esposizione che
occupasse i quattro piani del museo, divisa secondo la cronologia dei due viaggi e le
relative tecniche fotografiche. Il percorso della mostra, come il libro, parte dalle foto
in bianco e nero del 1974 scattate con una Nikon con obiettivo 55 e un super
grandangolo da 20 millimetri, all’epoca appena uscito, “la stessa macchina che
aveva usato il protagonista di Blow up di Antonioni e che usava Ugo Mulas”, come ci
tiene a specificare Guido, per giungere alle fotografie a colori scattate nel 2011 con
la camera Deardorff 8×10, una specie di archetipo in legno della cosiddetta ‘field
camera’ “come quella utilizzata da Walker Evans un secolo fa, con la testa dentro il
sacco.” Dato che questa macchina è molto lenta e poco maneggevole, per le
fotografie a colori del 2011 Guido ha utilizzato anche una Hasselblad superwide, e
una Canon digitale per gli spostamenti veloci e gli scatti dall’auto in movimento. Il
pubblico e il lettore del libro hanno così modo di seguire l’evolversi della ricerca di
Guido Guidi anche attraverso le apparecchiature da lui scelte di volta in volta.