Conversazioni con i Designer di Oggi
“Storie di designer” è una rubrica di interviste nata con l’obiettivo di dare spazio e visibilità ai giovani talenti del mondo del design. In un’epoca in cui la creatività si intreccia con le nuove tecnologie e le sfide globali, i giovani designer sono protagonisti di un cambiamento culturale e visivo che merita di essere raccontato. Attraverso queste interviste vogliamo esplorare le storie, le ispirazioni e le visioni di chi sta plasmando il futuro del design. Ogni intervista è un viaggio nel percorso formativo e professionale di questi creativi, scoprendo le influenze, i progetti e le sfide che hanno affrontato lungo il loro cammino.
English version below
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Designer e architetto, Mario Trimarchi crede nel progetto come strumento per diffondere poesia nel mondo degli oggetti. Direttore del Master in Design della Domus Academy, ha fatto parte dello Studio Olivetti Design. Ha fondato FRAGILE, noto studio italiano di brand design, progettando sistemi di identità aziendale per banche, aziende e istituzioni internazionali.
Nel 2016 ha vinto il Compasso d’Oro con la caffettiera Ossidiana per Alessi.
La creatività di Mario Trimarchi spazia dal design di marchi, prodotti e opere d’arte.
Disegna giorno e notte.
Sara Benaglia + Zhongyi Weng: Ci parlerebbe del suo percorso accademico e dei suoi contributi alla ricerca nel campo del design?
Mario Trimarchi: Ho studiato per diventare architetto, poi ho cambiato lavoro ogni sette anni: sono stato direttore di un master, ho progettato computer, ho lavorato a lungo in Giappone, mi sono dedicato alla comunicazione e al brand design. Ho iniziato a progettare prodotti industriali, e nel frattempo ho iniziato a fare mostre di disegni e opere d’arte. Non so cosa farò tra sette anni.
SB +ZW: Quando ha scoperto la sua passione per il design e quali esperienze fondamentali la hanno portata a intraprendere questa carriera?
MT: La mia passione per il design è nata in modo naturale, spinta dal bisogno di intrattenere un rapporto creativo che potesse dare un significato più profondo al mio percorso professionale. Trasferirmi a Milano, epicentro della cultura del design, mi ha permesso di immergermi completamente in questo mondo, dove ho sviluppato un approccio sempre più concreto e meticoloso, progettando per aziende di vari settori. Mi sono ritrovato a creare prodotti di diverse dimensioni, da pezzi unici a oggetti in edizione limitata e prodotti in serie. La vera consapevolezza è arrivata quando ho capito che ogni prodotto ha il potere di entrare nella vita delle persone e influenzare la loro esperienza e il loro modo di pensare.
SB +ZW: Lei dice sempre che la funzione è morta. Se così fosse, come potremmo distingue i ruoli di designer e artista? A quale identità si sente più vicino?
MT: Nel design contemporaneo, la funzione può essere considerata “morta” perché non soddisfa più esclusivamente esigenze pratiche e razionali. Oggi il design deve andare oltre la semplice utilità, incorporando aspetti poetici che creano un legame profondo con le persone. Per quanto riguarda la premiazione tra designer e artista, entrambi esprimono idee ed emozioni attraverso forme e materiali, ma il designer ha una maggiore responsabilità nei confronti dell’uso, pur mantenendo l’estetica. L’artista, invece, è più libero di concentrarsi sull’esperienza emotiva senza preoccuparsi troppo dell’efficienza dei costi e della riproduzione tecnica. Personalmente, mi considero un designer che esplora anche l’arte. Il mio approccio integra entrambi gli aspetti, con l’obiettivo di progettare ogni prodotto arricchendo l’esperienza delle persone con poesia e senso.
SB +ZW: Lei cita spesso il concetto di “pensare come un anziano”. Potrebbe spiegare cosa implica concretamente questa filosofia nella sua pratica progettuale?
MT: Il concetto di “pensare come un anziano” è, per me, un invito ad avvicinarsi al design con saggezza e distacco, immaginando come un oggetto evolverà nel tempo e influenzerà la vita di chi lo utilizza. Si tratta di progettare prestando attenzione alla longevità, alla memoria e alla storia di ogni dettaglio. Questo approccio implica la creazione di progetti che abbiano un legame profondo con le persone e il contesto, con l’intento di lasciare un segno duraturo. “Pensare come un anziano” è un atto di cura e responsabilità, progettare non semplicemente per il presente ma anche per il futuro.




SB +ZW: La sensibilità poetica è centrale nel suo lavoro. Crede che i consumatori possano percepire intuitivamente l’essenza poetica dei suoi progetti o che sia necessaria un’interpretazione deliberata?
MT: La sensibilità poetica nei miei progetti non è semplicemente un elemento estetico, ma una componente fondamentale dell’esperienza complessiva di un oggetto. Non credo che la poesia nel design debba essere intellettualmente distante, ma piuttosto che emerga naturalmente quando il design è ben eseguito e autentico. Anche se non tutti possono percepire ogni sfumatura poetica, esiste una profonda connessione che può essere intuitivamente percepita.
SB +ZW: Pensa che la produzione di massa diminuisca intrinsecamente il valore di un oggetto? Come può il design contrastare questa potenziale svalutazione? Il design è politico?
MT: La produzione di massa non diminuisce necessariamente il valore di un oggetto, ma può influenzarne la percezione. Il valore dipende dalla qualità del design, dal contesto e dalle esperienze che l’oggetto genera. Anche un oggetto prodotto in grandi quantità può acquisire valore se è progettato con cura, attenzione ai dettagli e materiali di qualità. Il design può trasformare la produzione industriale in un’esperienza unica, mantenendo un legame simbolico con le persone. Il design è anche politico, poiché ogni scelta progettuale ha implicazioni politiche e sociali, influenzando l’ambiente, le disuguaglianze sociali e l’accesso alle risorse. Un buon designer è un pensatore critico, consapevole delle implicazioni sociali, culturali ed economiche di ciò che crea.
SB +ZW: Dal momento che la sua ispirazione creativa deriva spesso da esperienze personali, vorremmo sapere come trasforma queste narrazioni private in progetti che risuonano con un pubblico più ampio?
MT: Trasformare le esperienze personali in progetti che risuonano con un vasto pubblico è una sfida che trovo affascinante e gratificante. La chiave è estrarre dalle esperienze private un linguaggio universale che parli a tutti, mantenendo l’autenticità della mia esperienza individuale. Ogni storia personale ha qualcosa di universale, come il senso della bellezza, l’appartenenza o le emozioni quotidiane. Parto sempre da esperienze che mi hanno segnato, ma invece di raccontarle direttamente, traduco le emozioni in forme, materiali e concetti comprensibili a tutti. Il mio obiettivo è creare un “ponte” tra il mio mondo interiore e il mondo esterno, rendendo l’oggetto un’esperienza condivisibile.
SB +ZW: Con l’avvento di strumenti efficienti come l’intelligenza artificiale e i software di modellazione, abbraccia i progressi tecnologici, si attiene ai metodi tradizionali o cerca un equilibrio tra i due?
MT: L’ascesa dell’intelligenza artificiale e dei software di modellazione sta trasformando il design, offrendo nuove possibilità di espressione e ottimizzazione. Tuttavia, non vedo questi strumenti come sostituti dei metodi tradizionali, ma come alleati che amplificano la creatività e l’efficienza. La tecnologia ci permette di esplorare nuovi orizzonti e perfezionare i dettagli più rapidamente, ma il design non deve perdere il suo legame con l’artigianato e il lavoro manuale, essenziali per affinare la sensibilità estetica. Per me, la chiave è trovare un equilibrio tra il vecchio e il nuovo, sfruttando il meglio di entrambi. L’IA e il software possono accelerare il processo, ma il cuore del design rimane nelle idee, nell’intuizione e nel tocco umano.
SB +ZW: Ha descritto i prodotti eccezionali come “degni di essere portati nella tomba”. C’è un oggetto del genere nella sua vita e in che modo l’ha influenzata?
MT: Gli oggetti oggi sono prodotti in modo così perfetto che possono facilmente sopravvivere alla nostra morte. In questo nuovo contesto, potremmo riprendere una tradizione dimenticata che è sempre esistita in quasi tutte le culture del mondo, quella di portare oggetti nella tomba, per testimoniare il nostro passaggio sulla Terra e allo stesso tempo per metterci in contatto con l’eternità, cioè con gli dèi. Non ho ancora trovato il mio oggetto con cui dialogare con il tempo eterno, ma penso che questo sia l’aspetto più interessante: cercarlo incessantemente, anche se si ha paura di non trovarlo mai…
Cover: Mario Trimarchi, Close to the Edge. Palissandro Oniciato, ph Santi Caleca



Storie di designer | Interview with Mario Trimarchi
Designer and architect, Mario Trimachi believes in the project as a tool to spread poetry in the world of things. Director of the Domus Academy Master in Design, he was part of the Olivetti Design Studio. He founded FRAGILE, the well-known Italian studio of brand design, designing corporate identity systems for international banks, companies and institutions.
In 2016 he won the Compasso d’Oro with the Ossidiana coffee maker for Alessi.
The creativity of Mario Trimarchi ranges from designing brands, products and artworks.
He draws day and night.
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Sara Benaglia + Zhongyi Weng: Could you please briefly introduce your academic background and key research contributions in the field of design?
Mario Trimarchi: I studied to be an architect, and then I changed jobs every seven years: I was the director of a master’s course, then I designed computers, then I worked in Japan for a long time, then I dedicated myself to communication and brand design; I started designing industrial products, in the meantime I started doing exhibitions of drawings and artworks, and I don’t know what I’ll be doing in seven years from now.
SB+ ZW: When did you discover your passion for design, and what pivotal experiences led you to pursue it as a lifelong career?
MT: My passion for design developed naturally, driven by the need for creative engagement that could provide deeper meaning to my professional journey. Moving to Milan, the epicenter of design culture, allowed me to fully immerse myself in this world, where I developed an increasingly concrete and meticulous approach, designing for companies across various sectors. I found myself creating products of different scales, from unique pieces to limited-edition and mass-produced objects. The true realization came when I understood that every product has the power to enter people’s lives and influence their experience and thinking.
SB+ ZW: You always say that the function is dead. So, how do you distinguish the roles of a designer and an artist? Which identity do you associate with more closely?
MT: In contemporary design, function can be considered “dead” because it no longer solely satisfies practical and rational needs. Today, design must go beyond mere utility, incorporating poetic aspects that create a deep connection with people. As for the distinction between designer and artist, both express ideas and emotions through shapes and materials, but the designer has a greater responsibility towards use, while still maintaining aesthetics. The artist, on the other hand, is freer to focus on the emotional experience without worrying as much about cost efficiency and technical reproduction. Personally, I see myself as a designer who also explores art. My approach integrates both aspects, aiming to design every product enriching people’s experience with poetry and sense.
SB+ ZW: You often mention the concept of ‘thinking like an elder.’ Could you elaborate on what this philosophy specifically entails in your design practice?
MT: The concept of “thinking like an elder” is, for me, an invitation to approach design with wisdom and detachment, imagining how an object will evolve over time and influence the life of the person using it. It’s about designing with attention to longevity, memory, and the history of each detail. This approach involves creating designs that have a deep connection with people and the context, with the intent of leaving a lasting mark. “Thinking like an elder” is an act of care and responsibility, designing not just for the present but also for the future.

SB+ ZW: Poetic sensibility is central to your work. Do you believe consumers can intuitively perceive the poetic essence in your designs, or does it require deliberate interpretation?
MT: The poetic sensibility in my projects is not just an aesthetic element, but a fundamental component of the overall experience of an object. I don’t believe that poetry in design should be intellectually distant, but rather that it emerges naturally when the design is well-executed and authentic. While not everyone may perceive every poetic nuance, there is a deep connection that can be intuitively felt.
SB+ ZW: Do you think mass production inherently diminishes an object’s value? How can design counteract this potential devaluation? Is design political?
MT: Mass production does not necessarily diminish the value of an object, but it can influence its perception. The value depends on the quality of the design, the context, and the experiences the object generates. Even an item produced in large quantities can gain value if it is designed with care, attention to detail, and material quality. Design can transform industrial production into a unique experience, maintaining a symbolic connection with people. Design is also political, as every design choice has political and social implications, influencing the environment, social inequalities, and access to resources. A good designer is a critical thinker, aware of the social, cultural, and economic implications of what they create.
SB+ ZW: Given that your creative inspiration often stems from personal experiences, how do you transform these private narratives into designs that resonate with broader audiences?
MT: Transforming personal experiences into projects that resonate with a wide audience is a challenge I find both fascinating and rewarding. The key is to extract from private experiences a universal language that speaks to everyone, while maintaining the authenticity of my individual experience. Every personal story has something universal, such as a sense of beauty, belonging, or everyday emotions. I always start with experiences that have marked me, but instead of telling them directly, I translate the emotions into forms, materials, and concepts that can be understood by anyone. My goal is to create a “bridge” between my inner world and the outside world, making the object a shareable experience.
SB+ ZW: With the rise of efficient tools like AI and modeling software, do you embrace technological advancements, adhere to traditional methods, or seek a balance between the two?
MT: The rise of artificial intelligence (AI) and modeling software is actually transforming design, offering new possibilities for expression and optimization. However, I do not see these tools as replacements for traditional methods, but as allies that amplify creativity and efficiency. Technology allows us to explore new horizons and refine details more quickly, but design should not lose its connection to craftsmanship and manual work, which are essential for refining aesthetic sensitivity. For me, the key is to find a balance between the old and the new, leveraging the best of both. AI and software can accelerate the process, but the heart of design remains in ideas, intuition, and human touch.
SB+ ZW: You’ve described exceptional products as ‘worthy of being taken to the grave.’ Is there such an object in your life, and how has it influenced your life?
MT: Objects today are produced in such a perfect way that they can easily survive after our death. Within this new context, we could resume a forgotten tradition that has always existed in practically all cultures of the world, that of taking objects to the tomb, to witness our passage on Earth and at the same time to put us in contact with eternity, that is, with the gods. I still haven’t found my object to dialogue with eternal time, but I think this is the most interesting aspect: to search for it incessantly, even if you are afraid of never finding it…
Cover: Mario Trimarchi, Close to the Edge. Palissandro Oniciato, ph Santi Caleca

