È stato da poco presentato al Ministero della Cultura Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri, il programma del Padiglione Italia alla Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia, a cura di Fosbury Architecture (Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino e Claudia Mainardi) promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. La 18 ª edizione dell’esposizione, prevista dal 20 maggio al 26 novembre, è titolata The Laboratory of the Future ed è curata da Lesley Lokko.
Per la prima volta a Venezia sarà un collettivo di architetti under 40 ad occuparsi del Padiglione Italia. E lo farà senza mai dimenticare le istanze proprie delle nuove generazioni di progettisti: generazioni nate e cresciute in un contesto di permacrisi, e dove anzi è proprio la crisi ambientale a generare le maggiori preoccupazioni in questi anni, in quanto generatrice di conseguenze evidenti sulla nostra vita quotidiana. In questa situazione, non va dimenticata la responsabilità̀ del settore delle costruzioni al quale l’architettura si rivolge, tanto di consumo di risorse quanto di emissioni ambientali a livello globale, oggi tutto meno che in crisi. Emerge tuttavia anche un’amara consapevolezza che vede gli architetti sempre meno protagonisti nel progetto di trasformazione di città e territori. Una crisi di rilevanza delle pratiche spaziali, quelle stesse pratiche che, in potenza, diverrebbero i principali agenti in grado di dare forma a nuove politiche pubbliche e di immaginare nuovi modi di abitare, come ricorda la stessa Lokko. Consegue pertanto un senso di urgenza, ma soprattutto una rivalutazione del progetto di scarsità, vale a dire un processo di ottimizzazione delle risorse: “l’unico contesto in cui si potrà operare”, afferma Giacomo Ardesio di Fosbury Architecture, constatando di fatto “un vero e proprio cambio di paradigma” dove la disciplina architettonica dovrà necessariamente seguire il mutamento pauperistico del suo contesto di esistenza.
Nella sede veneziana, il collettivo intende presentare una fotografia di quei giovani progettisti che hanno già accettato questa sfida quotidiana e che tentano ogni giorno “di sviluppare gli anticorpi alla disillusione” grazie alla transdisciplinarietà. È difatti proprio questa attitudine a permettere di espandere i confini della disciplina architettonica, che ora considera il costruito come uno strumento e non più come fine. Da questa visione espansa dell’architettura nasce Spaziale: un’architettura che si occupa di progettare spazio inteso come un luogo fisico e simbolico, un tessuto di relazioni, ma soprattutto un territorio delle possibilità.
Questa edizione presenta un secondo primato: il Padiglione Italia diviene il banco di prova di progetti pionieri, ovvero iniziative concrete a beneficio di comunità locali che non si accontentano della sola esposizione sotto teca di un progetto finito. In questo senso, i curatori – o meglio, i facilitatori – hanno lavorato in un’ottica temporale espansa, vale a dire divenendo attivatori di processi che superano la durata semestrale dell’esposizione veneziana. In questo senso, Fosbury Architecture ha invitato nove pratiche spaziali, attive in Italia e all’estero, che lavorano sul perimetro della tradizionale accezione di architettura e che sono state selezionate sulla base della loro attitudine operativa, dei mezzi d’azione e dei territori di intervento. A ciascuno dei partecipanti, la cui età media complessiva non supera i 33 anni, è stato affiancato un advisor proveniente da altri ambiti creativi: artisti e performer, esperti di alimentazione e di intelligenza artificiale, scrittori e registi. In questo modo, si darà vita a un processo interdisciplinare costituito da molteplici agenti ben oltre il margine stagno delle discipline; infine, all’autorialità di segno individuale, si preferirà una volontà di interazione corale e partecipata.
Per ciascun partecipante è stata inoltre individuata una stazione, vale a dire un luogo di azione rappresentativo di condizioni di fragilità̀ o trasformazione del nostro Paese. Infine, ciascun gruppo di progettazione si relazionerà con una serie di incubatori, vale a dire attori locali come musei, associazioni e festival culturali, ampliando ulteriormente questa configurazione già di per sé diffusa. Da Catania a Trieste, ciascun partecipante elaborerà temi urgenti per il contesto italiano e la disciplina in generale: sfide talvolta impossibili se considerate su scala globale, ma invece fonti di riscontro tangibile nei contesti locali. Coesistenza con i disastri ecologici e sociali, convivenza multiculturale, riattivazione partecipata di opere pubbliche incompiute sono solo alcune delle urgenze che i nove progetti presenteranno nelle Tese delle Vergini, al cui allestimento si affiancherà un ricco public program di conferenze, seminari e workshop dal titolo “Mondo Novo”, diffuso su diverse sedi.
“Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri” include la redazione di un catalogo a cura di Fosbury Architecture, edito da Humboldt Books, che presenterà quei rapporti di progettazione tra curatori, i collettivi e gli advisor.
I nove progetti configureranno delle tappe di un’inedita geografia, diventando mete simboliche di un rinnovato Viaggio in Italia.
Il lavoro di ciascun gruppo risponde a una serie di temi urgenti per il contesto italiano e la disciplina in generale: sfide ‘impossibili’ se affrontate a livello globale ma se relazionate nei contesti locali sono in grado di produrre riscontri immediati e tangibili.
A Taranto la convivenza con il disastro verrà raccontata sui tetti della città dal collettivo Post Disaster in dialogo con Silvia Calderoni e Ilenia Caleo.
Nella Baia di Ieranto, oasi naturalistica del FAI nei pressi di Napoli, gli architetti BB – Alessandro Bava e Fabrizio Ballabio – con Terra-forma Festival metteranno in scena la riconciliazione con l’ambiente.
A Trieste la coesistenza multiculturale verrà analizzata lungo il confine italo-sloveno da Giuditta Vendrame con Ana Shametaj.
A Ripa Teatina, in provincia di Chieti, gli HPO con Claudia Durastanti coinvolgeranno la comunità nel recupero del patrimonio incompiuto.
Nella terraferma veneziana, tra Mestre e Marghera, i Parasite 2.0 con Elia Fornari aronteranno il tema dell’inclusione sociale lavo- rando sulla democratizzazione delle attività ricreative.
A Cabras, nel Montiferru in Sardegna, il gruppo Lemonot lavorerà con Roberto Flore sulla transizione alimentare.
A Librino, quartiere di Catania, Studio Ossidiana collaborerà con Adelita Husni Bey a un progetto di rigenerazione delle periferie.
A Belmonte Calabro, a rappresentare le aree interne italiane, il collettivo Orizzontale con Bruno Zamborlin si interrogherà sul superamento del divario digitale.
Infine, nella piana fra Prato e Pistoia, i progettisti (ab)Normal e CAPTCHA in collaborazione con Emilio Vavarella investigheranno i limiti della tutela del paesaggio e della sua riproducibilità.