Souvenirs de Paris | Le gallerie #1

Louise Bourgeois, Enzo Cucchi, Josh Sperling, Jean-Baptiste Bernadet.
7 Febbraio 2018
Louise Bourgeois Toi et Moi 2006 Sérigraphie sur tissue/ Silkscreen on fabric, Ed. 72/125 20 x 27,5 cm / 7 7/8 x 10 13/16 in ©The Easton Foundation, Courtesy Galerie Karsten Greve Köln, Paris, St. Moritz

Louise Bourgeois Toi et Moi 2006 Sérigraphie sur tissue/ Silkscreen on fabric, Ed. 72/125 20 x 27,5 cm / 7 7/8 x 10 13/16 in ©The Easton Foundation, Courtesy Galerie Karsten Greve Köln, Paris, St. Moritz

Louise Bourgeois | Galerie Karsten Greve

Louise Bourgeois ha cominciato a fare incisioni in giovane età, quando da Parigi è andata a New York, luogo in cui tra il 1930 e il 1940 segue dei corsi per apprendere la tecnica e frequenta l’Atelier 17 dove sviluppa i primi esemplari e dove conosce artisti come Tanguy, Masson e Mirò. Dopo questa prima fase ci sarà una pausa fino agli anni ’80, quando rincomincia a produrre incisioni andando avanti fino al 2009. In galleria è proposta una selezione di quest’ultimo periodo, nel momento apicale della carriera dell’artista, in cui si percepisce la maturità e la piena possessione dei soggetti, delle tecniche e dei materiali. Esposti ci sono anche portfolii, libri illustrati, stampe su tessuto, acquetinte, serigrafie su carta.
Sono opere in cui emergono i temi propri dalla Bourgeois – dalla sessualità alla psicanalisi, dalla distruzione del padre al potere della maternità, dal valore del nucleo famigliare alla potenzialità terapeutica dell’arte, dall’incombenza del proprio vissuto al superamento di se stessi – ma come in uno stato embrionale, non pienamente manifestati, abbozzati. Il disegno, la scrittura, il tessuto e il cucito sono pratiche non scultoree in cui la bidimensionalità e l’intimità del gesto rivelano la traduzione di un’idea o di un pensiero col calore della resa diretta dell’autografismo. Il tessuto, poi, è anche un ritorno alla famiglia: i genitori avevano un atelier di restauro di arazzi a Saint Germain. Fare ritorno ad un materiale memore di tutta un’infanzia e praticare il cucito sono gesti-metafora di riparazione psichica. Un esempio è Cross-eyed woman V (Bust of a woman) del 2004, in cui un volto femminile viene impresso su tessuto. La mostra offre anche l’occasione di vedere libri d’artista come The Puritan del 1990, in cui oltre a otto illustrazioni si può leggere un testo scritto di suo pugno: la scrittura è per la Bourgeois parte importante del processo creativo e gioca un ruolo decisivo nella comprensione delle sue emozioni e paure. Scrivere è entrare in relazione col privato e “L’arte è l’accettazione della solitudine. Se tu ci arrivi, puoi esprimere la tua solitudine in quanto artista, se tu ce l’hai dentro”.
Tra i suoi portfoli c’è Topiary (The art of Improving Nature), in cui nove immagini tra puntesecche e acquetinte (1998) affrontano il tema della potatura degli alberi, facendoci entrare in un altro scenario dell’artista, quello della vegetazione come metafora delle problematiche personali. In questo caso c’è il riferimento alla malattia che sta provocando progressivamente la paralisi della gamba della sorella Henriette, che qui prende le sembianze di un albero e, con esse, il suo potere rigenerativo dopo un trauma. È d’altra parte lo stesso concetto che sta dietro alle piccole sculture bronzee in cui un corpo di donna ha invece di braccia e testa una pigna (Topiary).
Tra le cinquanta opere presenti, valgono un’attenzione maggiore la puntasecca b/n su carta (1994) Saint Sebastien, il Tryptych for the Red Rooms dello stesso anno – dove l’isterismo è rappresentato come una forma psichica e fisica in cui dolore e piacere di mescolano e producono una sensazione di eccitazione che si esprime in pulsione erotica – e l’edizione Fleurs, realizzati per le sue persone più care.
Dominano nelle grafiche i rossi e i blu, oltre al b/n e talvolta al rosa: “Il blu rappresenta la pace, la meditazione e l’evasione. Il rosso è l’affermazione di sé ad ogni costo – senza prendere in considerazione i pericoli di questa battaglia –, il colore della contraddizione, dell’aggressione. Simboleggia l’intensità delle emozioni nel gioco. Il nero è dolore, rimpianto, colpevolezza, ripiegamento su se stessi. Il bianco significa ritornare al punto di partenza. È un risveglio, la possibilità di cominciare da zero. Il rosa è femminile. Rappresenta l’affetto e l’accettazione di sé”.

Louise Bourgeois Ste. Sébastienne 1992 Pointe sèche sur papier / Drypoint on paper Ed. 38/50 120 x 94 cm / 47 1/4 x 37 in ©The Easton Foundation, Courtesy Galerie Karsten Greve Köln, Paris, St. Moritz

Louise Bourgeois Ste. Sébastienne 1992 Pointe sèche sur papier / Drypoint on paper Ed. 38/50 120 x 94 cm / 47 1/4 x 37 in ©The Easton Foundation, Courtesy Galerie Karsten Greve Köln, Paris, St. Moritz

Louise Bourgeois Triptych for the Red Rooms (1/3) 1994 Aquatint with drypoint and engraving in colours on paper (Hahnemühle), Ed. 11/30 ©The Easton Foundation, Courtesy Galerie Karsten Greve Köln, Paris, St. Moritz

Louise Bourgeois Triptych for the Red Rooms (1/3) 1994 Aquatint with drypoint and engraving in colours on paper (Hahnemühle), Ed. 11/30 ©The Easton Foundation, Courtesy Galerie Karsten Greve Köln, Paris, St. Moritz

Enzo Cucchi | Balice Hertling

All’ingresso c’è una scultura in bronzo, una madonna infossata nel muro con in mano una campana, che dà il suono alla mostra: l’opera è del 2017, il titolo è didascalico, La madonna con la campana che suona. Di fronte all’entrata c’è Pietra (2017), una tela lavorata con olio, acrilico e resina, uno sfondamento d’oro con un aggrovigliamento petresco al centro, e uno squarcio che lascia intravedere il bianco della parete retrostante. In basso, c’è un piccolo disegno b/n di un cavallo e di un bastone. Poi ci sono quattro grandi fogli sospesi. Disegnati a carboncino ci sono un pulcino in una mano, un cavallo, una sorta di contadina/o, una colomba. I fogli hanno poi degli inserti, dei collage di altri disegni, delle espansioni grazie ad altri materiali. Ci sono anche cinque dipinti ad olio su tela e su tavola. Una donna con quattro occhi (o due facce sovrapposte?); un umano (?) azzurro, con uno spettro disegnato sul viso, e un candelabro alto e nero alle spalle (ricorda una zampa di Fabro); un ritratto di un essere metà statua e metà uomo (ma giallo); una donna di pietra con tre occhi, in estasi.
Il maestro dell’avanguardia ha creato una mostra che è un luogo, un contesto, un racconto tra realtà e sogno, una storia spettrale, allusiva, metaforica. Se fosse linguaggio, sarebbe ricolmo di frasi brevi e nominali, prive di linearità, con un uso artefatto della punteggiatura. Eppure avvincente, ancora fresco e vivo. Un senso di rapimento, raptus: “tòrre (togliere) con violenza o contro ragione. Strappare, far preda, e dicesi di persona e di cosa tolta violentemente con mano per esprimere più l’atto che il furto”.
Nel comunicato si legge una citazione di Cucchi: “Ciascun disegno nella sua immagine può dare una completezza alla mostra : essi non si addossano alle pareti come la consuetudine, magari… Qualcuno può evadere dalla immagine e slanciarsi nello spazio della galleria”.

Installation view, Enzo Cucchi, Dec 14,2017 – Feb 3,2018, Galerie Balice Hertling, Paris. Crédits photos : Aurélien Mole

Installation view, Enzo Cucchi, Dec 14,2017 – Feb 3,2018, Galerie Balice Hertling, Paris. Crédits photos : Aurélien Mole

Installation view, Enzo Cucchi, Dec 14,2017 – Feb 3,2018, Galerie Balice Hertling, Paris. Crédits photos : Aurélien Mole

Installation view, Enzo Cucchi, Dec 14,2017 – Feb 3,2018, Galerie Balice Hertling, Paris. Crédits photos : Aurélien Mole

Pietra, 2017, huile et acrylique sur toile résinée et façonnée, 220 x 310 x 25 cm (86 5/8 x 122 x 9 7/8 in.)

Pietra, 2017, huile et acrylique sur toile résinée et façonnée, 220 x 310 x
25 cm (86 5/8 x 122 x 9 7/8 in.)

Josh Sperling | Galerie Perrotin

Siamo tra la pittura e la scultura, tra l’immagine e l’oggetto. Sono strutture a forma di arco, di cerchio, di triangolo, di spirale. Le fisionomie sono insolite, i colori accessi. Sembrano gomme monocrome, o degli elementi per creare un giocattolo. Invece sono tele. Nel comunicato stampa si parla di “istigatori e ammortizzatori di movimento”. Per realizzarle Sperling sovrappone delle tavole di compensato, poi le ricopre di tela, poi le dipinge con i suoi colori forti. I bordi del supporto di legno sono visibili attraverso la tela, offrendo a questa una dimensione scultorea. Tra gli artisti che lo hanno influenzato ci sono Frank Stella, Josh Sperling, Ellsworth Kelly. Ma anche lo stile postmoderno di Memphis, i rilievi murali di Arp, le linee di contorno di Haring. Tanto studio da applicare.

View of the exhibition "Chasing Rainbows", Perrotin Paris (France), 2018 Courtesy Perrotin

View of the exhibition “Chasing Rainbows”, Perrotin Paris (France), 2018 Courtesy Perrotin

View of the exhibition "Chasing Rainbows", Perrotin Paris (France), 2018 Courtesy Perrotin

View of the exhibition “Chasing Rainbows”, Perrotin Paris (France), 2018 Courtesy Perrotin

View of the exhibition "Chasing Rainbows", Perrotin Paris (France), 2018 Courtesy Perrotin

View of the exhibition “Chasing Rainbows”, Perrotin Paris (France), 2018 Courtesy Perrotin

Jean-Baptiste Bernadet | Almine Rech Gallery

Si definisce un pittore di paesaggi, un pittore “impressionista” nel senso etimologico della parola: “impressionem”, da “impressus”, participio passato di “imprimere” (premere contro o sopra). “L’atto o l’effetto dell’imprimere; e, in modo concreto, segno lasciato sulla cosa impressa, stampa; fig. Effetto lasciato da una cosa nell’animo, Influenza”. Tanti tratti, piccole pennellate per creare quadri che nascono nel nascere e senza la volontà di rappresentare qualcosa a priori. Bernadet dice di amare Proust, e alcuni tratti della sua scrittura: l’apporto memoriale, il tempo sospeso della sensazione, il principio del frammento, l’effetto caleidoscopico, la ricerca di rifrazione. Parla anche dell’ammirazione per Strindberg e per le sue célestographies, realizzate mettendo delle lastre fotografiche alla finestra, di notte, perché credeva così di fotografare le stelle. I quadri esposti in gallerie parlano di un tempo vivo e di una pittura che assorbe i sentimenti di un farsi-facendo, gli umori del tempo, gli sbagli del viaggio, i solchi di un ritorno.

Jean-Baptiste Bernadet Hors Saison January 11 — February 24, 2018 Paris

Jean-Baptiste Bernadet Hors Saison January 11 — February 24, 2018 Paris

Jean-Baptiste Bernadet Hors Saison January 11 — February 24, 2018 Paris

Jean-Baptiste Bernadet Hors Saison January 11 — February 24, 2018 Paris

Jean-Baptiste Bernadet Hors Saison January 11 — February 24, 2018 Paris

Jean-Baptiste Bernadet Hors Saison January 11 — February 24, 2018 Paris

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