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SOGNIDORO — Intervista con Federico Cantale

In occasione della sua mostra Sognidoro, allo spazio Spazio Sanpaolo Invest, pubblichiamo un’intervista con Federico Cantale. Simona Squadrito: Ciao Federico. Sognidoro è la tua prima mostra personale, grazie a questo progetto hai potuto confrontarti con più ambienti e dedicarti ad una più articolata narrazione. Cosa ha significato organizzare il tuo lavoro in una dimensione più […]

Federico Cantale, Incubo, 2022, MDF e legno laccato, plexiglass e ottone, 210 x 210 x 57 cm

In occasione della sua mostra Sognidoro, allo spazio Spazio Sanpaolo Invest, pubblichiamo un’intervista con Federico Cantale.

Simona Squadrito: Ciao Federico. Sognidoro è la tua prima mostra personale, grazie a questo progetto hai potuto confrontarti con più ambienti e dedicarti ad una più articolata narrazione. Cosa ha significato organizzare il tuo lavoro in una dimensione più complessa e autonoma?

Federico Cantale: Beh è stato fondamentale e iniziava ad essere necessario. Sono una persona che sogna in grande e ho cercato di non trattenermi dal far esplodere il più possibile il lavoro, con sperimentazione e quindi rischio. Non volevo accontentarmi. Diciamo che in mostra c’è un po’ tutto della mia visione, un piccolo portfolio, come precedentemente ho fatto ad esempio con il Guardaroba (2021) da Schiavo Zoppelli Gallery. Ad esempio in sognidoro la sala più grande custodisce queste tre opere totalmente diverse, ma contemporaneamente unite come in una grossa proiezione ortogonale di un soggetto. A quest’idea avevo lavorato come opera singola e rivederla qui esplosa in maniera ambientale beh, sto personalmente trovando una crescita dell’opera costante ma sempre molto imprevista.

S.S: Ad aprire il percorso espositivo è Incubo, (2022),  una scultura verde petrolio che riprende la forma di un letto e che ricorda alcuni esemplari di tombe a forma di letti funebri.  Quella che dovrebbe essere una coperta sono onde lunghe del mare, una superficie che nasconde un abisso. La reference di questo lavoro è Blu gargano, una tua scultura  del 2019  che possiede  una diversa carica emotiva, qui l’atmosfera marina rilassata è morbida e luminosa, con  Incubo invece siamo proiettati in una dimensione decisamente plumbea. Vuoi raccontarmi qualcosa di questo lavoro? 

F.C: Si può dire che penso sia proprio un bel lavoro? Incubo è un dispositivo per incubi. E’ un lavoro equilibrato che possiede il dono del classico e questa cosa secondo me lo rende forte. Poi di per sé non andrebbe neanche troppo raccontato, c’è un incubo dentro il cubo e una figura sotto le coperte si muove agitata, ma ovviamente non c’è nulla di tutto ciò. Ha due reference principali (oltre a Blu Gargano con la quale ho vinto il premio che mi ha dato la possibilità di realizzare queste opere) ci sono i disegni Bed (1997) di Louise Bourgeois e In-cubo (1966) di Luciano Fabro. Parlando di luoghi funebri ti racconterò un aneddoto: un artista che ha visitato la mostra è rimasto particolarmente colpito da questo lavoro, e dopo avergli dato le stesse info riportate qui sopra,  mi ha fatto vedere l’ultima grande opera realizzata proprio da Louis Bourgeois: il memoriale di Steilneset, in Norvegia, co-costruito con l’architetto Peter Zumthor. Bene vi invito a cercarlo, io non lo conoscevo. L’architettura di Louise è un grosso solido cubico di vetro fumé scuro, nel quale all’interno c’è una sedia che brucia per sempre, in memoria dei giustiziati per stregoneria. Questa ciclicità spontanea dell’arte mi fa impazzire, prendendo dei disegni di Louise Bourgeois di 30 anni fa ho disegnato un lavoro che poi, in parte, lei aveva pensato per un monumento di una decina di anni fa. Questo volevo dire con classico. Grazie Thomas Berra.

Federico Cantale, Si dimenticheranno di te (polimorf 1), 2022 Legno laccato, MDF, cartapesta, acrilici e vetro fumè, 85 x 162 x 50 cm
Federico Cantale, Una solitudine molto rumorosa (polimorf 3), 2022 Legno laccato, MDF laccato, vinile stampato e libro, 105 x 185 x 30 cm

S.S:  Al centro della sala principale hai posizionato Pensare con i piedi (polimorf 2), (2022), un gruppo di sei singole sculture dalla forma antropomorfa,  in alluminio e vinile stampato.

I sei personaggi sono in cerchio intorno ad un tavolo vuoto dalla superficie bianca. Vorrei che mi raccontassi il significato di questo “ottuso” girotondo di figure. 

F.C: Le stanze dello spazio sono due, in una è esposta l’opera Incubo, nell’altra quello che all’inizio ho definito “proiezione ortogonale”. Pensare con i piedi è una di questi tre Polimorf, appunto, e ognuno di loro non è altro che un semplice e quotidiano gesto di ozio, dispositivo per il pensiero e fertilizzante per sogni. Ma grande è la frustrazione che questi gesti portano, che l’attesa di qualcosa ci porta. La paura che le idee possano finire la trovo uno degli incubi peggiori e camminare intorno ad un tavolo parlando tra sé e sé è una piccola forma di esorcizzazione. Aiuta a pensare, aiuta a pianificare, è un gesto ottuso e nervoso, ma contemporaneamente appagante e illuminante. I tre lavori sono la manifestazione di tre stati emozionali e sentimentali diversi.

S.S: A chiudere il percorso espositivo è l’opera  Una solitudine molto rumorosa (polimorf 3), (2022). Questo lavoro posizionato letteralmente in un angolo appare più complesso degli altri, quasi fosse una sorta rebus da decifrare. Ci sono due elementi che mi incuriosiscono maggiormente, la sua insolita posizione e il libro poggiato. Vuoi risolvere per me questo rebus? 

F.C: L’enigma è spesso presente nelle mie opere. In questo caso è dettato dall’immaginazione che muove e costruisce il lavoro. Una solitudine troppo rumorosa è una figura che sta leggendo in un angolo, o meglio vorrebbe leggere ma ne è quasi impossibilitata. Spesso si inizia a leggere un libro ma poi si finisce con il solo fissarlo e dover poi rileggere intere pagine perché nel frattempo la propria mente volava altrove. E’ una scultura che nasce dall’angolo, come dall’angolo che crea un libro mentre lo si legge. Fondamentalmente quando si è buttati per terra a leggere si crea uno spazio tra l’angolo del muro e quello del libro che è una sorta di altra stanza quadrata. Lo trovo affascinante. L’opera viene abbracciata dallo spazio e il libro abbraccia a sua volta la scultura. Di rebus nello specifico non ha molto, ma i continui rimandi tra gli elementi costruiscono una narrazione come fosse una partita a ping pong.

Dettaglio, Pensare con i piedi (polimorf 2), 2022

S.S: Nel testo che accompagna la mostra  Caterina Molteni  suggerisce una sorta lettura autobiografica delle opere esposte. Leggiamo infatti: «ogni artista si scontra con la contrapposizione tra le sue aspettative, i piani emotivi che ne scaturiscono e i poteri che governano il sistema dell’arte. Sotto diverse forme, si fa esperienza di delusioni e fallimenti come di sorprese e di incontri fortunati. […] Federico Cantale affronta questo paesaggio emotivo e ci accompagna all’interno dei desideri, incubi e sogni a occhi aperti di un personaggio, forse un avatar dell’artista, che abita diverse condizioni del pensiero creativo.» Quali sono i sogni, gli incubi e i desideri di questo tuo possibile avatar?

F.C: Diciamo che i sogni, gli incubi e i desideri potrebbero essere i tuoi. Nel senso che potrei fare questa domanda a chiunque e contemporaneamente non servirebbe, se non a fini di curiosità. La mostra si ferma al momento subito prima in realtà di poter concretizzare queste cose, è evocativa. Ci sono accenni, ma solo a livello narrativo, e ogni elemento del genere può essere sostituito: tutto ciò che finisce nel cubo diventa incubo. Tutto quello che gravita intorno a Polimorf 3 diventa pensiero, e ogni libro che sta leggendo gli da il titolo. Voglio solo evocare questo sentimento di pensiero, di sogno e di incubo, e le emozioni che naturalmente scaturiscono. Mentre guardi una persona camminare per strada chissà a che sta pensando. Incubi c’è ne sono tanti, qualcosa lo avevo anticipato, come la paura che le idee possano finire, un vero film horror. Ricorrentemente un albero mi cade addosso.
Quando sono in fase ideativa, ancor prima di vedere del tutto il lavoro nella mia testa. lo inizio ad immaginare qua e là, e se il sogno assurdo che in quel momento creo camminando intorno ad un tavolo, mi prende, allora il lavoro si carica di energia e mi convinco o meno che sia da mettere al mondo. Spesso è capitato che successivamente in quegli spazi un mio lavoro ci sia finito. E’ una sorta di rituale.

S.S: Sempre nel testo che accompagna la mostra l’autrice pone due domande a cui credo valga la pena dare una risposta: « Ma cosa prova il nostro personaggio? Qual è la costante presenza che persiste nonostante la sua trasformazione inter-dimensionale?.». Ti va di rispondere tu a queste domande ? 

F.C: Volentieri. Caterina Molteni inserisce queste domande all’interno, chiaramente, del testo e quindi fanno da contorno alle sue argomentazioni ed hanno già delle specifiche risposte, che trovo anche puntuali. Comunque personalmente potrei rispondere un po’ con tutto quello detto fin ora, ma suonerei ripetitivo, quindi provo a deviare un pò: è la manifestazione di tutte quelle lotte interne che quotidianamente affrontiamo, e che in ambito artistico forse sono amplificate proprio da tutta questa emotività che bisogna investire costantemente. Bohumil Hrabal l’ha chiamato Una solitudine troppo rumorosa.  Fondamentalmente è una pagina sulla “resistenza” che l’artista deve avere.

S.S: Esiste una domanda che non hai mai ricevuto nelle interviste che ti hanno fatto a cui vorresti rispondere? Se tu fossi il pubblico delle tue opere cosa chiederesti a Federico Cantale? 

F.C: Nel produrre qualcosa come una mostra, o un singolo lavoro, ti metti in qualche modo già in contatto con questo pubblico, seppur magari in maniera laterale. Quindi diciamo che sto già rispondendo con le opere, che sono anche molto più eloquenti, puntuali e importanti di me. 

Federico Cantale, Pensare con i piedi (polimorf 2), 2022 Gruppo di sei singole sculture in alluminio e vinile stampato ,165 x 30 x 100 cm ca.
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