Per comprendere il senso della mostra inaugurata lo scorso febbraio presso T293 – la prima in Italia dell’artista sud-coreana Si On – occorre soffermarsi sul titolo: Burial and Sowing, “Seppellire e Seminare”. Sono questi, infatti, i procedimenti che sottintendono la sua pratica e che riguardano tanto gli stati d’animo, quanto le esperienze pregresse e future.
Le figure totemiche che individuano le sculture, realizzate con i materiali più disparati, insieme ai personaggi che si susseguono nei dipinti, fuoriusciti dallo storyboard della vita dell’artista, sono afflitti dai traumi e dalle ansie che contraddistinguono la condizione umana: paura, rabbia, dolore si traducono così nella compulsività dell’assemblaggio scultoreo e nella frenesia di una pittura tanto vivida, quanto triste e malinconica. Se, da una parte, l’identità viene volutamente alterata o cancellata dagli interventi pittorici sul materiale – scritte e simboli che sembrano appartenere a un qualche rituale ancestrale – e dalle protuberanze del materiale stesso, dall’altra essa subisce un processo di moltiplicazione per via delle diverse figure che compaiono nei dipinti, custodi di un dramma a un tempo familiare e universale.
Ma la pratica artistica di Si On non costituisce soltanto un modo per testimoniare tale condizione: in essa l’artista riversa le proprie energie affiché ogni singolo individuo possa elaborarla e superarla, seppellendo i propri traumi e seminando speranza e determinazione.
“Sono attratta dalla tristezza e dal dolore causati dall’imperscrutabilità, dall’assurdità e dalle contraddizioni che gli esseri umani affrontano nella loro vita – afferma l’artista – […]. La frustrazione del desiderio o della volontà ferisce la mente umana, e il risultato è la paranoia o le emozioni compulsive”: l’oscurità di tali sentimenti, che si riverbera nella drammatica situazione in cui versano le donne in Corea del Sud (e non solo), viene sublimata dalla luce dell’arte, venendo quindi tradotta in qualcosa di nuovo, di fertile e di positivo.
L’approccio fumettistico della pittura di Si On – sintomo, forse, della lunga tradizione orientale nei confronti di questo genere (i manhwa coreani, così come i manga giapponesi, esordirono intorno agli anni Dieci del Novecento) – si appropria di elementi street (vedi lo spray utilizzato per realizzarla), il tutto per sottolineare ancora di più l’atmosfera intima alla quale appartiene, con le sculture che costituiscono, invece, la materializzazione tridimensionale, in chiave surrealista/outsider, di tale dimensione: quasi una sorta di sogni (o incubi) a occhi aperti, che, una volta espressi nei confini del quadro, si appropriano dello spazio per sfuggire al volere dell’artista e perdere così i propri connotati. Proprio come accade in un rito, le energie evocate prendono corpo al fine di combattere i demoni che tormentano l’umanità, con l’arte che si dimostra essere, ancora una volta, l’arma più infallibile.
Dal 13 febbraio 2021 al 20 marzo 2021