
La Rada, a Locarno, fa fede al suo nome e si fa approdo per chi cerca un riparo dalla “tempesta” del nostro tempo. Nella mostra collettiva Shelters From the Storm, a cura di Yimei Zhang e Tommaso Gatti, le opere di Aldo Mozzini, Lucia Cristiani, Rachele Monti, Rebecca Solari e Tristebacio Club offrono varie declinazioni del tema del “rifugio” in un’epoca di caducità. Shelters from the Storm è anche il titolo di un celebre brano di Bob Dylan, che già nel 1975 parlava, attraverso la metafora della tempesta, di un mondo ostile e precario. Il riferimento si presta ad accompagnare una delle ultime mostre che si terranno nello spazio di Via alla Morettina, e funge da omaggio a oltre quindici anni di mostre-rifugio.
Una grande testa di tartaruga ricavata da un carro carnevalesco ticinese riposa su una carriola. È la scultura Mastiga di Rebecca Solari (1990), che nella performance Spüdala attiva con un rituale scandito dal dialetto, accedendo alla dimensione della festa popolare, e manifesta nell’alter ego della tartaruga un forte radicamento sul territorio (del resto il lavoro è nato in stretta collaborazione con varie realtà artistiche ticinesi). Poi, in Manda giù Solari trasforma in opera la trascrizione della performance, montata in una serie di pannelli assieme a dei disegni, trasformando il linguaggio del rituale in un collage di immagini variopinte. Ecco poi Paranoia del duo Tristebacio Club (aka Manuele Rezzonico e Nicola Martinell; il duo è attivo dal 2021), una casetta in legno e ceramica smaltata, che per la colorazione delle mattonelle pare invasa dal fuoco; sulle finestre compaiono delle bocche ghignanti (un rimando a La casa dalle finestre che ridono, il film del 1976 di Pupi Avati, in cui la casa è elemento perturbante che cela una memoria repressa), mentre il tetto è decorato da dipinti che mostrano scene disturbanti di bullismo infantile, rese con uno stile cartoonesco. L’abitazione, rosa dalle fiamme dell’odio, come una scultura vodoo sembra contenere precariamente in sé il male del mondo, ma la sua fuoriuscita pare imminente.


Ripari temporanei e scheletrici sono pure quelli di Aldo Mozzini (1956), che lavora con materiali di recupero per assemblare rovine del nostro tempo, ispirandosi alle architetture rurali montane come le baite di montagna, che manifestano un ostinato radicamento alla terra, pur lottando contro la consunzione. Forse un rifugio è un’abitazione che trova collocazione all’interno dello spazio architettonico de La Rada, riparo nel riparo. Per terra, un tappeto cartografico che allude al tessuto urbano in cui siamo immersi. L’installazione in bioplastica Dense di Lucia Cristiani (1991), derivata dalla lavorazione di alghe Sargassum, pende floscia da delle strutture metalliche come la tenda di un accampamento nomade, e i toni ocra sono quelli del deserto. Nonostante questo, le marezzature traslucide sembrano aver incorporato in sé il fluire del Mar dei Sargassi, di cui le alghe impiegate sono originarie, e nel quale le anguille tornano per riprodursi e morire, in un flusso ciclico che parla della vita come un viaggio senza sosta. Accanto, due specchi di un colore brunito, la cui superficie è screziata da cristallizzazioni di sale, estratti d’alga, argille naturali, che turbano i riflessi; l’effetto è quello di una massa di liquido denso e senza fondo (Salty Lick, Life teems in the dark). in prossimità di queste finestre su polle d’acqua torbida, ecco degli esilissimi steli metallici da cui germogliano fiori acuminati, gli unici in grado di sopravvivere in avverse condizioni climatiche ed esistenziali (Single Stem, Spiny Galaxy). Chiude la mostra Rachele Monti (1990), con un intervento, Il cielo in una stanza, che modifica la percezione stessa dello spazio espositivo. Dei filtri semi-trasparenti che variano dal verde acqua al rosso acceso sono applicati alle finestre del corridoio centrale dello spazio, variandone l’atmosfera col mutare della luce solare; romantico commiato a La Rada, che così va incontro ad un’ultima sublime metamorfosi.
Cover: Rebecca Solari, SPÜDA, 2025. Performance, sound piece, text, in collaboration with musicians from local artistic collaborations (the Maninchiaghi collective from Biasca, winners of the last Rabadan in Bellinzona, and musicians from the Ticino guggen band Sonada Balossa with Nadine Speziga and Gioele Gentilini, and the Bau Band with Janush Lucchini and Francesco Berta). MASTIGA, 2025, Plaster, papier maché, styrofoam, In collaboration with the Ticino Carnival Company, I Maninchiaghi | Ph by Emanuele Finardi




