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Sulle pendici delle Prealpi Lombarde, la terza edizione di Sentieri d’Arte

Sulle pendici delle Prealpi Lombarde che costeggiano la Valle Intelvi, al confine tra Como e il Canton Ticino, si stendono a perdita d’occhio pascoli verdi e boschi di maggiociondolo. Dallo scorso ottobre, però, su un percorso ad anello che attraversa i Comuni di Centro e Alta Valle Intelvi si sono insediate nuove presenze, nascoste tra […]

Jonathan Vivacqua, Scarabocchi, 2022 | ph. Grazia-Branco

Sulle pendici delle Prealpi Lombarde che costeggiano la Valle Intelvi, al confine tra Como e il Canton Ticino, si stendono a perdita d’occhio pascoli verdi e boschi di maggiociondolo. Dallo scorso ottobre, però, su un percorso ad anello che attraversa i Comuni di Centro e Alta Valle Intelvi si sono insediate nuove presenze, nascoste tra i rami degli alberi o al contrario ben evidenti in mezzo alle radure. Si tratta di una serie di installazioni concepite da Simone Berti, dal duo Caretto/Spagna e da Jonathan Vivacqua per Polline, secondo capitolo della terza edizione di Sentieri d’Arte, una rassegna di arte open-air curata da Fulvio Chimento e Carlotta Minarelli. Le opere, situate lungo il sentiero basso del Monte Generoso, il sentiero botanico di ERSAF e il Barco dei Montoni, rimarranno in loco per almeno cinque anni. A luglio, lungo un sentiero delle Dolomiti Ampezzane già battuto nelle precedenti edizioni di Sentieri d’Arte, era stata inaugurata la mostra I Giardini di Artemide, con opere di Margherita Morgantin, Italo Zuffi e T-yong Chung. Il polline, sostanza informe ma libera di vagare nell’aria e contaminarsi, si fa metafora della fecondazione dell’ambiente naturale da parte delle opere ivi collocate e del corrispettivo arricchimento di valori e suggestioni che queste ottengono dal dialogo con il bosco e con il passare delle stagioni. Il polline è etereo e vitale come il senso dell’arte. Inoltre, come ha suggerito Fulvio Chimento durante la conferenza stampa, rappresenta anche un modello di lavoro comunitario in cui artisti e curatori hanno scambi proficui e si influenzano reciprocamente, oltre ad aiutarsi sul piano logistico per la realizzazione e la collocazione delle opere. Una fonte di ispirazione comune per tutti gli artisti coinvolti è stato il contatto con il pensiero, orientato a indagare i valori spirituali dell’arte, dell’artista svizzero Karl Schmid (1914-1998). Sul percorso della mostra è stata collocata un’opera Senza titolo (1970) di Schmid, che pare una goccia cristallizzata nella sua discesa al suolo, oppure due mani raccolte in preghiera che celano un seme.

Simone Berti, Senza titolo, 2022 | ph. Grazia Branco
Simone Berti, Senza titolo, 2022 | ph. Grazia Branco

Due lavori Senza titolo di Simone Berti (Adria, 1969) aprono e chiudono il percorso di Polline. Quattro grandi anelli di legno rivestiti in foglia oro sono incastrati, ad un’altezza di circa sette-otto metri, su due coppie di alberi ai lati del sentiero boschivo che dal Barco dei Montoni conduce al sentiero basso del Monte Generoso. Presenze ammantate di un’aura mistica, segnalano al viandante l’ingresso in una terra altra, intrisa di forze germinative invisibili che si manifestano, dal lato opposto del percorso di visita, in una coppia di faggi fusi in un abbraccio vitale. Berti ha innestato tra loro tre coppie di rami dei due alberi con un gesto taumaturgico che prende il nome di anastomosi, incoraggiando così la formazione spontanea di un portale silvestre che crescerà e si irrobustirà anno dopo anno, così come gli anelli si assesteranno in funzione della crescita delle piante su cui sono collocati. In entrambi i casi si tratta di soglie tra diverse realtà, attivate in un caso dallo scambio intimo di linfa attraverso i rami congiunti, nell’altro dalla corrispondenza armonica degli anelli, in cui si riverbera l’energia della foresta. Le opere di Jonathan Vivacqua (Erba, 1986), disseminate in più punti del sentiero, dialogano scenograficamente con il panorama. Occupano una certa estensione di due pendici erbose due interventi in metallo rosso, una linea zigzagante e un triangolo, che condividono il titolo Scarabocchi. Molto appariscenti per le dimensioni e il colore acceso, possono anche fungere da vettori che catalizzano lo sguardo verso il paesaggio circostante. Essendo gli scarabocchi segni grafici frutto dell’automatismo psichico di chi disegna assorto nei suoi pensieri, in un certo senso si pongono anche come una riflessione metalinguistica sull’atto stesso dell’artista che interviene sul paesaggio. In questo caso, però, il gesto si è materializzato in una struttura che rimarrà inalterata ed immobile, mentre le loro cornici paesaggistiche cambieranno di stagione in stagione tingendosi di tonalità sempre diverse. Altre due opere di Vivacqua sono frutto della collaborazione con un marmista di San Felice Intelvi. Lungo il sentiero del Barco dei Montoni sono collocate due colonne, realizzate sovrapponendo degli stampi in cemento a forma di clessidra (Metamorfosi). Il semplice processo di innalzamento dei moduli l’uno sull’altro ne fa un omaggio dichiarato alla Colonna senza fine di Constantin Brancusi. Le colonne si stagliano contro il paesaggio come isolate rovine di una civiltà perduta; la stessa civiltà che ai piedi del Monte Generoso sembra aver lasciato un’altra traccia, nella forma di una lastra di marmo intagliata con segni indecifrabili (Tesoro), in origine impiegata dal marmista come piattaforma su cui effettuare il taglio meccanico delle pietre. Le incisioni e le scalfitture regolari, esito inconsapevole di innumerevoli giornate di lavoro, sembrano tracciare la mappa del reticolato di una città di cui si è persa la memoria, oppure una scrittura che cela conoscenze arcane.

Jonathan Vivacqua, Metamorfosi, 2022 | ph. Grazia Branco
Karl Schmid, Senza titolo, 1970 | ph. Grazia Branco

In una radura silenziosa che si apre sul sentiero, Andrea Caretto (Torino, 1970) e Raffaella Spagna (Rivoli, 1967) hanno collocato due interventi che riflettono sulla geologia e sulla morfologia del territorio. Al centro dello spiazzo sono come emersi dalle profondità della terra i resti fossili di una creatura marina primitiva (Mostro Generoso). In realtà si tratta di una serie di rocce in calcare di Moltrasio, formato a partire dalla sedimentazione dei resti di organismi che vivevano nell’antico oceano della Tetide, oltre 190 milioni di anni fa. La superficie ondulata e smussata è frutto dell’azione levigatrice dell’acqua, dato che giacevano sul letto di un rio; in questo modo, il loro aspetto ne manifesta l’origine geologica e si presta a ricomporre dopo milioni di anni un mostro marino che prende il nome dal Monte Generoso, poco distante. Sul margine della radura, in prossimità delle radici di un faggio monumentale, altri doni della montagna si offrono alla vista (Emissari). Si tratta di una serie di rocce che vennero trasportate durante le glaciazioni pleistoceniche dal Ghiacciaio dell’Adda fin nella Valle Intelvi. In un territorio che dal punto di vista geologico è composto prevalentemente di rocce di origine sedimentaria, questi blocchi si distinguono per la loro varietà e complessità mineralogica, data la loro natura magmatica e metamorfica. Gli artisti hanno compreso che i ciottoli sono stati trasportati dai due agenti morfologici che hanno modellato tutta la valle, ovvero il fiume che ha scavato il canyon in cui si è originato il Lago di Como e la Morena dell’Alpe Grande. Hanno deciso perciò di esaltare la storia geologica delle rocce, andando ad arrotondare e lucidare quelle smussate dal trasporto fluviale e invece tagliando a gemma quelle più squadrate, tipiche dei depositi glaciali, seguendo i piani di frattura naturali. Il risultato sono tante pietre preziose che rilucono tra le radici dell’albero: forse frutti caduti dai suoi rami, forse tesori riaffiorati dalle profondità della terra, forse offerte di qualche creatura silvestre agli spiriti della foresta.

Caretto/Spagna, Mostro Generoso, 2022 | ph. Grazia Branco
Caretto/Spagna, Emissari, 2022 | ph. Grazia Branco