Ordet ospita, fino al 5 febbraio 2021, la prima mostra personale in Italia dell’artista svedese Ghislaine Leung.
Curata da Edoardo Bonaspetti e Stefano Cernuschi, SCORES presenta cinque opere che Leung ha realizzato nel corso degli ultimi anni e che portano avanti la sua ricerca sulla struttura e sui movimenti di estensione, interazione e scambio tra opere, spazio, significati e forme.
Tre grandi archi gonfiabili di benvenuto (Arches, 2021) campeggiano in ognuna delle stanze della galleria, a rinnovare l’accoglienza per tre volte nello spazio espositivo, esplicitandone l’identità e la disponibilità al momento dell’allestimento del progetto.
Si tratta di archi perfettamente uguali, prodotti in Germania alimentati da un generatore elettrico collegato alla corrente che viene acceso soltanto negli orari di apertura della mostra.
Le opere per Leung costituiscono dei segni che fanno emergere la necessità di riconsiderazione dello spazio espositivo e del suo perché e in secondo luogo l’esistenza contingente dell’opera, che più che essere site specific è “context contingent”, come suggerisce l’artista, riguardo al suo approccio espositivo e creativo.
Anche Shrooms (2016) segue questa impostazione: tutte le prese elettriche inutilizzate della galleria sono occupate da lucine notturne a forma di funghetti, come a suggerire la presenza di una rete micorrizica di cavi elettrici che rende viva e alimenta il corpo dell’istituzione. L’opera da una parte, richiama una dimensione psichedelica e allucinata che non appare come immediatamente decifrabile rispetto all’estetica dello spazio espositivo, oltre che una dimensione domestica e infantile a cui si riferisce anche Gates (2019).
I punti di passaggio da una stanza all’altra sono delimitati da cancelletti di sicurezza per bambini: dall’evocazione della stratificazione di spazi vissuti e vivibili a seconda di chi ne usufruisce (in particolare tra bambino e adulto) sono chiamate in causa le regole e le disposizioni di esplorazione dello spazio, indicando contemporaneamente la possibilità e l’impossibilità di vedere e vivere uno luogo a seconda della sua narrazione.
Disseminati in tutta la galleria si trovano oggetti incomprensibilmente legati tra loro che sono la risposta dei partner della mostra all’invito da parte dell’artista a fornire un minimo di un oggetto da esporre per l’opera Violets 3 (2019).
Se i progetti Violet 1 e Violet 2, sviluppati in precedenza, erano azioni dirette verso l’interno proponendo un’autoanalisi del corpo istituzionale, Violet 3 inverte il movimento verso l’esterno.
La consegna data dall’artista mette in atto un circolo di scambi e relazioni in cui oggetti quotidiani sono prestati dai partner istituzionali seguendo un’organizzazione di prestito ed esposizione che costituisce l’opera: nell’azione del mettere insieme questi oggetti non solo c’è la rivalutazione degli oggetti come tali ed esistenti ma anche l’attenzione sui differenti sistemi di valori di cui gli oggetti fanno parte e che rappresentano e suggeriscono.
Il processo di negoziazione è comunicato dalla proposta dell’opera, che nell’adesione di ogni partner vede la condizione sine qua non per esistere. L’artista mette alla prova la flessibilità e la mutua dipendenza di queste entità istituzionali volendo creare un circuito alternativo, non solo di materiali ma anche di relazioni pubbliche e private.
La mostra è accompagnata da un testo di Stefano Faoro che fa emergere il sistema di forze ed energie che soggiace al progetto di Leung: l’intersezione e sovrapposizione tra il piano dell’esistenza sociale delle persone e delle cose e quello dei sistemi di valute che esistono l’uno in corrispondenza dell’altro. Così anche la fotografia Power of Relations (2021) si accende di significato e apre molteplici connessioni di senso.
La mostra è costituita da un insieme di segmenti da assemblare piuttosto che da una forma univoca, in cui le opere di Leung operano in senso generativo e sperimentale in connessione con la contingenza del contesto, che è lontano dall’idea di spazio espositivo asettico che ospita le opere e agisce attivamente nella costituzione della mostra.