Sabato 6 luglio: un inizio profetico e un’apparizione magica
Iniziano i miei tre giorni a Santarcangelo Festival per seguire questa 49esima edizione “Slow and Gentle” a cura di Lisa Gilardino ed Eva Neklyaeva, che chiudono con il 2019 il triennio della loro direzione artistica per lasciare il 2020 nelle mani di Motus.
A Porta Cervese prendo parte al debutto di Sparks, il nuovo progetto di Francesca Grilli (Bologna) – artista associata al festival.
«Francesca» scrivono le direttrici «ha iniziato a lavorare su un’immagine che ribalta la relazione di potere tra bambino e adulto, chiedendosi cosa può accadere se si mette il potere di prevedere e plasmare il futuro nelle mani dei bambini. È così che, mentre portavamo avanti la ricerca, la magnifica Greta Thunberg è apparsa nei notiziari e improvvisamente abbiamo assistito alla ‘rivolta globale dei bambini’, che rivendicano la loro autorità sul futuro che gli adulti stanno distruggendo».
Un gruppo di bambini tra i 7 e i 13 anni, con un berretto-maschera di metallo sulla testa (per vedere ma per non essere visti) accompagna uno spettatore per volta nello spazio della performance, una grande stanza disadorna. Ogni bambino assume il ruolo di chiromante e legge nelle pieghe della mano dello spettatore il suo futuro: l’adulto ascolta senza parlare, il bambino vaticina. Nella stanza c’è un bisbiglio continuo, quasi disturbante, di giovani voci che raccontano la propria profezia ma quello svelamento magico che mi sarei aspettata dall’esperienza, non lo sento. Percepibile invece è il concetto che ci sta dietro: la riflessione sulla responsabilità dell’infanzia verso l’adulto (e viceversa) e il potere di sovversione delle gerarchie dell’esperienza rivelatrice.
La serata prosegue con Pablo Esbert Lilienfeld (Madrid) e Federico Vladimir Strate Pezdirc (Buenos Aires) che sono gli ideatori dello spettacolo Dragon, rest your head on the seabed. Una coppia artistica che lo è anche nella vita e che collabora dal 2014 lavorando nell’intreccio tra arti visive, documentario, musica elettronica e danza. Protagonista della composizione per sei danzatrici sincronizzate e una piscina è un dragone marino, una creatura che si muove sinuosamente e che è formata dall’aggregarsi organico delle danzatrici in con-fusione subacquea. Evidente è che l’animale sia scomposto e ricomposto attraverso figure simmetriche alternate ad altre asimmetriche, con forme che derivano dal nuoto sincronizzato ma che lo mescolano con la danza, anche se lo show si muove più o meno sempre sulle stesse dinamiche coreografiche. Sono invece davvero suggestivi sia le luci usate direttamente dalle nuotatrici nell’ambiente acquatico come fari teatrali, sia il disegno dei suoni che ovatta le sensazioni uditive.
Domenica 7 luglio: lo spettatore tra sguardo colpevole, riso a crepapelle e perturbazioni emotive
Sabato 7 luglio comincia con la video-installazione Guilty Landscapes Episode#1 Hangzou di Dries Verhoeven (Paesi Bassi). Anche in questo caso, come per Grilli e per Public Movement – di cui parlerò dopo – si tratta di una performance per uno spettatore alla volta che nasce da una serie di interrogativi che l’artista si è posto sul mondo della produzione delle immagini e sul modo mai neutrale in cui esse ci sono offerte attraverso i media, circolando indiscriminatamente e liberamente nella rete.
«Posso creare una situazione in cui sono le notizie che ti guardano e non il contrario?» si domanda Verhoeven nel realizzare il dispositivo artistico – uno schermo su cui è proiettata un’immagine di fabbrica cinese e in cui compare una persona che reagisce e interagisce con lo spettatore che la guarda: l’opera è parte di una serie dedicata a diversi “episodi” che mostrano altri “paesaggi colpevoli”, altre geografie. Guilty Landscapes —
Il lavoro è spiazzante e la reazione che il pubblico immagino possa avere – o che almeno io ho avuto – è stata quella di sentirsi totalmente immersa, direi sopraffatta, e in balìa di quello che si sta vedendo. Lo spettatore è portato vicino a ciò che addolora, disturba, sciocca o disorienta, e si trova a scoprire semplicemente e sorprendentemente che tutte le immagini ci ri-guardano: nel senso dell’avere a che fare con noi ma anche di interrogarci puntando su di noi lo sguardo. A latere dell’installazione, Dries Verhoeven propone una lettura allo spettatore come riflessione periferica, estratta da Davanti al dolore degli altri di Susan Sontag. Ne riporto un brano a conclusione: «Alle immagini si rimprovera la possibilità di guardare la sofferenza da lontano, come se ci fosse qualche altro modo per farlo. Ma anche guardare da vicino – senza la mediazione di un’immagine – resta sempre e soltanto guardare.»
Si ride forte con Graces dell’ “autrice del corpo” – come in un’intervista si è definita – Silvia Gribaudi (Torino), interprete dello spettacolo con i divertenti e bravissimi Siro Guglielmi, Matteo Marchesi e Andrea Rampazzo. E si ride quasi a crepapelle, in alcuni momenti epici e grotteschi. La gentilezza del sottotitolo di Santarcangelo Festival 2019 è sottolineata dal linguaggio coreografico leggero e scanzonato di Gribaudi e porta lo spettatore a domandarsi dove sta la grazia, lo splendore e la prosperità della mitologia a cui si ispira.
La risposta è: da nessuna parte! Almeno non in senso canonico. Ed è proprio questa assenza di regole accademiche, questo voluto richiamo all’inatteso, a volte un filo macchiettistico, al comico, al virtuosistico (ma sempre un po’ sbagliato), al formale del balletto classico (ma mandato un po’ a quel paese) che risiede la bellezza di questa danza contemporanea fresca e umoristica.
La serata continua con la danza e, a precedere l’ultimo lavoro di Cristina Kristal Rizzo, nello spazio dello Sferisterio di Santarcangelo, c’è la prova aperta de Il Canto delle Balene di Chiara Bersani (Piacenza), un progetto ancora in fieri: il pubblico è seduto tutt’attorno alla piattaforma scenica dove risiede, molto timidamente, nonostante l’imponente statuarietà del corpo, Matteo Ramponi – già performer per Alessandro Sciarroni (lo si vedrà a breve alla 39esima edizione del festival di arti performative di Centrale Fies, Ipernatural, con lo spettacolo Augusto) e Chiara Bersani in altre occasioni. In 20 minuti l’artista compie qualcosa di straordinario e molto interessante perché facendo davvero poco, pochissimo o quasi nulla, crea sospensione, attesa e magia: abbozza movimenti, inizia gesti che non termina, si muove senza decisione, accenna espressioni di stati d’animo, leggeri sentimenti, forse incomincia azioni ma poi viene distratto da altro fuori da sé e, infine, si siede tra il pubblico. Sembra che aspetti qualcosa ma cosa non si sa.
Conclude la serata allo Sferisterio ULTRAS sleeping dances di Cristina Kristal Rizzo (Firenze): un lavoro molto difficile da catalogare, posto che sia utile farlo. Mi pare anch’esso, come per Bersani, una specie di inno alla fragilità ma anche un racconto di trasformazioni e di liberazioni. Forse in scena vediamo vaghi adolescenti glam che si muovono lentissimi e melanconici nello spazio, chiusi in se stessi, tra equilibri e (molti) disequilibri emo-zionali, assolutamente seducenti su musiche sognanti e ipnotiche; o forse vediamo dei corpi – bisogna ricordare con Rizzo gli altri bravissimi performer Marta Bellu, Jari Boldrini, Barbara Novati e Charlie Laban Trier (quest’ultimo lo si vedrà con Rizzo il 21 luglio in occasione di Live Works vol.7 a Fies, Dro, Trento): corpi che giocano sul concetto di peso delle braccia e delle gambe trasformando gli arti in figure informi con gesti solipsistici; o ancora vediamo dei mostri, zombie o vampiri (esseri comunque non umani e ultraterreni) che a un certo punto sanguinano dalla bocca e iniziano una danza liberatoria e continua, a tratti ossessiva e ripetitiva, che chiude con forza e grazia disturbante la coreografia.