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SANTARCANGELO FESTIVAL 49° Ed. – Lo spettatore come agente pubblico performativo

Lunedì 8 luglio 2019: lo spettatore come osservatore compartecipe Il primo appuntamento della giornata è conPublic Movement (Tel Aviv, Israele, Berlino, Germania), collettivo di performer creato nel 2006 a Tel Aviv. Dal 2011 la fondatrice Dana Yahalomi lavora su progetti site specific in contesti istituzionali e privati con altri performer e studiosi. PM propone a […]

Public Movement, Debriefing Session: Santarcangelo Festival

Lunedì 8 luglio 2019: lo spettatore come osservatore compartecipe

Il primo appuntamento della giornata è conPublic Movement (Tel Aviv, Israele, Berlino, Germania), collettivo di performer creato nel 2006 a Tel Aviv. Dal 2011 la fondatrice Dana Yahalomi lavora su progetti site specific in contesti istituzionali e privati con altri performer e studiosi. PM propone a Santarcangelo una performance di 30 minuti per uno spettatore alla volta intitolata Debriefing Session: Santarcangelo Festival. Ho appuntamento alla Biblioteca Baldini per avere un incontro con un Agente di Public Movement che crea, attraverso la forma della relazione di una ricerca, un momento performativo solo per me e mi racconta che l’arte moderna palestinese ante 1948 è un fenomeno assolutamente non registrato, e anzi espunto, dal sistema dell’arte dello Stato di Israele.

Scopro alla fine che il mio Agente è il ricercatore e studioso Itamar Gov e gli chiedo di scrivere un commento sulla ricerca fatta per Santarcangelo, che porta alcuni esempi di arte italiana realizzati tra il 1909 e il 1945 andati persi, distrutti o scomparsi durante la Seconda Guerra Mondiale.

«Ecco uno dei casi di cui ti ho parlato – mi riferisce – che mostra chiaramente le relazioni tra arte e politica: nel 2018 uno schizzo di Giacomo Balla è stato messo in vendita per 10,000 euro dai suoi eredi in una casa d’asta italiana. Lo schizzo assomiglia a un dipinto famoso dell’artista intitolato A Noi ma il titolo completo è Fascisti A Noi Per L’Italia – menzionato da Mussolini nel suo discorso alla prima mostra d’arte del Novecento Italiano, organizzata dall’amante (e ovviamente non soltanto l’amante) Margherita Sarfatti nel 1926 a Milano. A partire dalla Seconda Guerra Mondiale questo dipinto non è mai più stato visto.»
Il punto di partenza del progetto di PM è il ruolo dei musei nella produzione dell’identità nazionale. «L’esposizione di opere d’arte fa parte di un sistema politico – prosegue – e i dipinti presuppongono dei legami, sempre. Sono legati alla narrazione della modernità, e dunque alla storia dello stato-nazione. Questa Storia contiene molti vuoti e lacune, e il progetto/la ricerca cerca di trattare questi vuoti, to bring them to the surface, per portarli in superficie. Ovviamente non ci sono delle risposte ‘giuste’ su come si deve trattare o risolvere l’esistenza delle lacune».

L’aspetto performativo del lavoro di PM sta nella sua natura relazionale, il cui fulcro è la miccia intellettiva che innesca nello spettatore, lo spettatore che si domanda, si informa, indaga, dubita e riferisce ad altri…Insomma, uno spettatore che si fa agente pubblico performativo riattivandone i contenuti.

Public Movement, Debriefing Session: Santarcangelo Festival

Il secondo appuntamento è con lo spettacolo dell’artista estone Kristina Norman (Tallin) – rappresentante dell’Estonia alla Biennale d’Arte di Venezia nel 2009 – propone una performance inedita, frutto della residenza artistica tra Bologna e Santarcangelo di Romagna nel contesto di Atlas of Transitions Biennale, tenutasi questa primavera: un lavoro che mescola documentarismo e lirismo offrendo un affondo commovente e leggero come il titolo suggerisce, Lighter Than Woman, sul mondo delle badanti. Si tratta di un’esplorazione dell’universo di queste donne dell’est Europa residenti in Emilia Romagna che è scandagliato a partire da uno spunto personale e da un ragionamento sulla gravità, intesa come fatto fisico e come fatto mentale: l’artista racconta che il peso della cura della nonna inferma l’ha portata a interrogarsi sulla fatica del lavoro del prendersi cura di, letteralmente “badante” deriva dal verbo “badare” dunque “chi si prende cura o chi ha in cura qualcuno”.

Come può l’essere umano sconfiggere la gravità? Come può convivere con l’ambiguità di una situazione esistenziale sospesa? Sono i due interrogativi fondamentali che muovono lo spettacolo.

La storia di queste badanti (Halina, Mariia, Liubov, Nataliya, Victoria e Mayya ma anche delle donne che hanno in cura o delle familiari con cui hanno contatto, Isadora, Rina, Ivana…) è un’oscillazione continua tra senso del dovere e gioia per la nuova occasione esistenziale – cercata e necessaria ma quasi mai voluta e desiderata completamente; un’oscillazione tra sradicamento dai propri affetti e accettazione di un ruolo inaspettato in una terra straniera.

Universo, emancipazione, memoria, lavoro e sfida alla gravità come sfida a se stessi e alle regole che da altri sono imposte, sono i temi che emergono nella performance-documentario della Norman, che usa la metafora del viaggio spaziale attraverso la figura dell’astronauta italiana Samantha Cristoforetti, interrogata attraverso spezzoni di interviste e con il suo libro Diario di un’apprendista astronauta usato come oggetto di scena.

L’allestimento dello spazio scenico del Teatrino della Collegiata è molto semplice: la ricostruzione dello studio dell’artista con una sedia, un tavolo, una luce e alcuni strumenti di lavoro; alle spalle due proiezioni, su una scorrono le interviste alle badanti e gli spezzoni documentari sul mondo delle esplorazioni spaziali (dal divertente ma drammatico episodio del ‘72 che porta gli astronauti della missione Skylab4 della NASA a scioperare per il troppo lavoro, correndo come bambini in tondo nella loro navicella senza peso, alla posizione delle lavoratrici nell’ex repubblica sovietica che fanno le brave donne di casa e accudiscono gli astronauti maschi nella vita domestica). Sull’altro schermo, sono proiettati i ritratti delle donne incontrate creati dall’artista e gli oggetti che Norman usa nella presentazione della ricerca. Tutto si conclude con uno sguardo molto fluido e sognante che sembra far galleggiare lo spettatore con le protagoniste, rendendolo però intimamente e concretamente coinvolto nelle loro pesantezze esistenziali.

Kristina Norman, Lighter Than Woman – Santarcangelo Festival – Photo Claudia Borgia – Chiara Bruschini
Kristina Norman, Lighter Than Woman – Santarcangelo Festival – Photo Claudia Borgia – Chiara Bruschini