Rudy Cremonini – Capriccio | Francesca Antonini Arte Contemporanea, Roma

La mostra presenta i risultati dell’ultima ricerca intrapresa da Cremonini, rispetto alla quale le tematiche della natura morta, del paesaggio e del ritratto ne costituiscono i filoni principali. Al loro interno, sembra possibile scorgere i differenti tratti del suo fare artistico
9 Luglio 2022
Rudy Cremonini, Capriccio, exhibition view, Francesca Antonini Arte Contemporanea, Roma, ph. Daniele Molajoli

C’è una certa dose di emancipazione nella pittura di Rudy Cremonini, che, dal divincolarsi dalle grinfie del disegno preparatorio, si affranca pure dalla mimesi del dato reale. Un esercizio ancor più faticoso, se si considera che quest’ultimo permane comunque sotto forma di riferimento primario nell’ideazione dei diversi lavori. Eppure, come dimostra la personale allestita da Francesca Antonini Arte Contemporanea – la prima dedicata dalla galleria romana all’artista bolognese – il Capriccio rappresenta la via di fuga prediletta nella strada per raggiungere la sua piena redenzione.
Curata da Maria Chiara Valacchi, la mostra presenta i risultati dell’ultima ricerca intrapresa da Cremonini, rispetto alla quale le tematiche della natura morta, del paesaggio e del ritratto ne costituiscono i filoni principali. Al loro interno, sembra possibile scorgere i differenti tratti del suo fare artistico, distinti, in verità, da sfumature minime che quasi finiscono per con-fondersi: dalla rapidità delle composizioni floreali – cifra che, in realtà, accomuna buona parte delle sue opere – si passa al maggior grado di analiticità riservato per le scene d’interni, tratto confermato anche dalla veduta esterna de La piccola protezione (2016), la cui balaustra in primo piano è riportata in quasi ogni suo dettaglio; a smentire simultaneamente il tutto, però, sono le grandi tele Exotic guest (2017), il cui precario ordine delle mensole è disturbato dall’insurrezione di motivi vegetali, e Velluti (2022), nel cui paesaggio caotico risulta quasi impossibile distinguerne gli elementi; nell’unico ritratto esposto, intitolato Fango e Paillettes (2022), i due tratti giungono, infine, a coesistere, sebbene invischiati in una lotta all’ultimo sangue – lo stesso titolo sembra alludere alla difficoltà di decretarne un vincitore, così sospeso tra la fluidità delle pennellate accennate (il “fango”) e il tentativo di abbozzarne qualche piccolo particolare (il bicchiere, la sigaretta e le stelline che fungono da “paillettes”).

Rudy Cremonini, Capriccio, exhibition view, Francesca Antonini Arte Contemporanea, Roma, ph. Daniele Molajoli

Così, il Capriccio costituisce il solo modo per tenere insieme queste sfumature, alle quali non resta che perseguire l’unico dogma ammesso dalla prassi di Cremonini, vale a dire quello dell’indeterminatezza. Da questo discende la libertà cui si diceva all’inizio: dall’imprevedibilità della mano che segue movimenti soltanto inizialmente prefigurati, e che, grazie all’imponderabilità della fantasia e dell’improvvisazione, riescono a chiudersi in visioni che rimangono aperte, sciolte e, per questo, vagamente misteriose. Anche a livello cromatico, i confini tra ciò che ci aspetteremmo, e ciò che, invece, reputeremmo impossibile, divengono porosi: si finisce, pertanto, per assistere allo straripamento dei blu-lilla dei fiori nello sfondo, col risultato di avere un magma unitario disciplinato soltanto dai tocchi del pennello (Fiori #10, 2022), oppure per trovarsi davanti a una distesa plumbea di colore, che si affievolisce, addolcendosi, in corrispondenza di un corso d’acqua e si raggruma, scurendosi, per dar corpo alla vegetazione e ai fenicotteri tutt’intorno – con qualche punta più buia e qualcuna più chiara, color ghiaccio o giallo-verde (Velluti, 2022).
E se per Vasari, il capriccio era strettamente legato all’invenzione, “giudicata sempre maravigliosa et di grande ingegno”, per Cremonini vale lo stesso, con la realtà che, pur servendo da fonte d’ispirazione, non riesce a contenere le sue aspirazioni immaginifiche e immaginative. Come l’anonimo pittore H. del Manuale di pittura e calligrafia di José Saramago, il quale si libera del ruolo di ritrattista ufficiale di regime attraverso la pratica della scrittura, anche l’artista bolognese s’impelaga in un medesimo atto di ribellione, rivolto, però, nei confronti del dato sensibile: la pittura, nel suo caso, permane l’arma da adoperare, sorta di calligrafia impreziosita – entrambe risultano comunque vicine parenti – con la quale tentare di inseguire una medesima “possibilità di salvezza e di conoscenza”.

Rudy Cremonini – Capriccio
A cura di Maria Chiara Valacchi
Fino al 29 luglio 2022
Francesca Antonini Arte Contemporanea, Roma

Rudy Cremonini, Capriccio, exhibition view, Francesca Antonini Arte Contemporanea, Roma, ph. Daniele Molajoli


Theme developed by TouchSize - Premium WordPress Themes and Websites