Quando a New York si afferma il Minimalismo, la Land Art e l’Arte Concettuale, Nonas si muove in disparte, creando installazioni con pezzi di legno accostati tra loro come a formare un sentiero in uno spazio industriale (Enclosures Richard Nonas, 1972); oppure creando grandi “T” con lunghe travi che attraversano più sale contemporaneamente (Montezuma’s Breakfast, 1977); o ancora disponendo elementi di acciaio come traversine di un tracciato ferroviario, marcando una curva sul pavimento che rompe la rigidità geometrica del luogo (Witkacy’s Tail, 1991).
Non si tratta di opere autonome, ma piuttosto di un tutt’uno relazionale tra opera, spazio e sensazione di chi osserva: “È il modo in cui l’opera si percepisce che conta — il modo in cui trasforma quel frammento di spazio in cui ti trovi, lo rende più denso e lo fa vibrare — come sostantivi che scivolano nei verbi,” si legge nel suo taccuino pubblicato nel 1985.
Studio Trisorio gli dedica la personale ‘Continental Drift‘ con venticinque opere, in mostra fino al 30 maggio. I lavori sono realizzati tra il 1974 e il 2020, l’intero arco della carriera dell’artista, testimoniando una coerenza formale e linguistica che ha attraversato il suo intero percorso creativo.




Colpisce la capacità della galleria di restituire la poetica spaziale di Nonas: le sculture in legno sono allineate in una sequenza orizzontale sulle pareti, insieme ad alcune stampe su carta degli anni ‘70; sul pavimento una croce in acciaio leggermente slittata rispetto all’asse spaziale (The cross), un piccolo profilo a “L” addossato ai margini della galleria come attratto da una forza magnetica (Hunchback #5), un blocco dai lati obliqui e 12 barre d’acciaio identiche tra loro.
I materiali sono quelli comunemente usati nella costruzione — legno grezzo, acciaio ossidato – e il modo in cui sono presentati ricorda la gestualità di civiltà arcaiche – pezzi di legno inchiodati alla parete, segni d’inchiostro che fanno da direzioni, una croce a terra come un segno di orientamento.
Qui l’esperienza di Nonas come antropologo riaffiora come conoscenza delle strutture della civiltà in cui il primo gesto è sempre stato quello di delimitare, inscrivere, lasciare traccia. Prima di diventare artista, Nonas ha studiato e osservato direttamente le tribù dei nativi americani nel nord dell’Ontario, in Canada, nel nord del Messico e nel sud dell’Arizona.
Attraversare le sue installazioni significa allora confrontarsi con una memoria sedimentata nei secoli: quella dell’intervento dell’uomo nel paesaggio, del tentativo di misurare lo spazio, del bisogno di orientarsi con i segni. Forse, come suggerisce il titolo della mostra Continental Drift (Deriva dei continenti), si tratta di un impulso ancora più remoto — un’eco geologica, precedente all’uomo stesso, quando le masse continentali si assestavano in lento movimento dopo la frattura di Pangea.
Cover: Richard Nonas – The line of 12 steel bars, 2012 acciaio 7 x 14 x 50 cm ciascuna 7 x 161 x 14 cm in totale – Courtesy Studio Trisorio, Napoli – Foto Francesco Squeglia

