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Richard Artschwager – Gagosian, Roma

Dopo la prima personale italiana del 2012, la sede romana della prestigiosa galleria Gagosian presenta al pubblico una nuova mostra dedicata alla produzione del grande artista statunitense Richard Artschwager, attraverso una selezione di 15 opere emblematiche, tra sculture in formica e dipinti in celotex, che costituiscono una rassegna puntuale sulla sua lunga carriera artistica, coprendo […]

Richard Artschwager, Installation View, Gagosian Rome, 2021 – Photo Matteo D’Eletto, M3 Studio Courtesy Gagosian – Artwork © 2020 Richard Artschwager / Artists Rights Society (ARS), New York
RICHARD ARTSCHWAGER Double Color Study, 1965 Formica on wood, in two parts Each: 16 1/8 x 13 3/4 x 4 1/8 inches © 2020 Richard Artschwager/Artists Rights Society (ARS), New York Photo: Roland Schmidt

Dopo la prima personale italiana del 2012, la sede romana della prestigiosa galleria Gagosian presenta al pubblico una nuova mostra dedicata alla produzione del grande artista statunitense Richard Artschwager, attraverso una selezione di 15 opere emblematiche, tra sculture in formica e dipinti in celotex, che costituiscono una rassegna puntuale sulla sua lunga carriera artistica, coprendo un arco temporale compreso tra il 1964 e il 1987.
Già nel 2019, l’importante, e prima, restrospettiva italiana al Mart, curata da Germano Celant in collaborazione con il Museo Guggenheim di Bilbao, ha contribuito ad accrescere l’interesse di un pubblico più ampio verso il lavoro di un artista che attraversa gran parte dell’arte del XX secolo, risolutamente rinunciando a essere incasellato entro categorie storiografiche per loro stessa natura troppo stringenti. Il lavoro di Artschwager appare così conteso nel bel mezzo di una duplice tensione: da un lato, sfuggente e irrequieto nel suo continuo discostarsi da una matrice univoca, dall’altro così tangibile nel suo essere ancorato al quotidiano, ma a partire da un versante che indaga analiticamente l’ordinario in relazione alla sua percezione, sia nello spazio che nel tempo.
La ricerca artistica di Artschwager – proveniente da una formazione tutt’altro che ortodossa: studia chimica, biologia e matematica alla Cornell University e consegue un BA in pittura con Amedée Ozenfant, pioniere dell’astrattismo – prende avvio negli anni Cinquanta con l’attività di produttore e disegnatore di mobili; è probabilmente questo uno degli aspetti che inciderà sulla evidenza artigianale di talune opere, quasi fossero dei manufatti progettati accuratamente per un non meglio precisato scopo. L’indagine di Artschwager si insinua così nelle pieghe più nascoste dell’infra-sottile terreno di demarcazione tra ordinarietà e opera d’arte.
La mostra, che si dipana a partire dall’ingresso lungo tutto lo spazio della galleria per arrivare alla maestosa sala ovale, attua un dialogo, latente tanto quanto necessario, tra alcune delle categorie che afferiscono maggiormente alle opere dell’artista: il concetto di spazio, l’oggetto presente e assente, la percezione come proprietà sensibile e transitiva dal soggetto all’oggetto-opera riguardato.

Richard Artschwager, Installation View, Gagosian Rome, 2021 – Photo Matteo D’Eletto, M3 Studio Courtesy Gagosian – Artwork © 2020 Richard Artschwager / Artists Rights Society (ARS), New York
RICHARD ARTSCHWAGER Sliding Door, 1964 Formica on wood, with metal handles 41 5/8 x 66 1/8 x 6 1/8 inches © 2020 Richard Artschwager/Artists Rights Society (ARS), New York Photo: Roland Schmidt
Richard Artschwager, Installation View, Gagosian Rome, 2021 – Photo Matteo D’Eletto, M3 Studio Courtesy Gagosian – Artwork © 2020 Richard Artschwager / Artists Rights Society (ARS), New York

L’indagine del concetto di spazio compare sin dall’ingresso della galleria con la scultura in formica e legno Untitled (1967/1984), collocata a sei metri di altezza, memore dei celebri “corner pieces”, a occupare un “luogo” laterale, trascurabile e, per questo stesso motivo, di assoluta rilevanza nell’intercettazione di uno spazio percettivo completamente altro. Su questa ambiguità si imposta, inoltre, la disincarnazione dell’oggetto, de-funzionalizzato e analizzato nel suo aspetto di struttura primaria, fatta di pieni e di vuoti, di piani e di superfici: Sliding Door (1964), Double Color Study (1965), Corner (1967) e Untitled (1965) esemplificano la perdita d’eco dell’oggetto, ne ribaltano la scala, sollecitando una costante tensione tra il tempo e lo spazio. Una medesima tensione, che avvicina ulteriormente allo scarto percettivo tra soggetto e opera, si verifica attraverso la produzione pittorica, portata avanti con estrema coerenza, che vede l’artista abbracciare ancora una volta i materiali industriali come il celotex, un materiale isolante, con cui Artschwager ottiene la tipica sfocatura dei mezzi toni della carta stampata. Come punto di avvio per molti dei suoi dipinti, l’artista sceglie immagini trovate, ritagliate direttamente dai magazine e dai quotidiani, riportate sul supporto impiegando una tecnica di matrice rinascimentale che consente l’ingrandimento della scena. Motivi astratti ed elementi più propriamente disegnativi si incontrano in una sequenza di immagini prelevate che diventano esse stesse degli oggetti, acquisendo un’evidenza plastica spesso sottolineata dalla stessa cornice che, come campo di delimitazione e finestra sulla rappresentazione, diviene parte integrante del dipinto, quasi ne fosse un’estensione. Che si tratti di architetture assurte a un valore iconico – Building #16, 1966; AT&T Building in the Year 2000, 1987 -, composizioni in cui la ripetizione modulare genera un campo attrattivo fatto di segni astratti – Weaving (1969) -, paesaggi rurali – Tract Home, 1964 – oppure interni domestici memori della pittura francese del migliore dei Vuillard – The Kitchen, 1971 – Artschwager ricrea uno slittamento progressivo della percezione, in cui l’ordinario e il consueto sono destinati ad assumere i tratti dell’inusuale. In un gioco di specchi che, anziché riflettere, ingrandiscono, distorcono, amplificano, l’artista è in grado di ricreare un universo multicentrico in cui lo spazio è interamente occupato e l’oggetto ha guadagnato un nuovo significante dopo aver perduto la propria originaria funzionalità. Le opere di Artschwager vivono così di una dimensione relazionale che attesta, compiutamente, una vera e propria trasfigurazione del banale

Richard Artschwager, Installation View, Gagosian Rome, 2021 – Photo Matteo D’Eletto, M3 Studio Courtesy Gagosian – Artwork © 2020 Richard Artschwager / Artists Rights Society (ARS), New York
Richard Artschwager, Installation View, Gagosian Rome, 2021 – Photo Matteo D’Eletto, M3 Studio Courtesy Gagosian – Artwork © 2020 Richard Artschwager / Artists Rights Society (ARS), New York