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Richard Aldrich alla Fondazione Giuliani | Intervista con la curatrice Adrienne Drake

Nata nel 2010 a Testaccio a pachi passi dal lungo Tevere da un’idea di Giovanni e Valeria Giuliani, la Fondazione Giuliani torna ad ospitare una nuova personale di un artista mai esposto a Roma. An exploration of how time only exists in half steps – a cura di Adrienne Drake – porta per la prima […]

Untitled, 2021-22 olio e cera su pannello; 52 x 33,3 cm immagine courtesy l’artista e Bortolami Gallery, New York Photo: Pierre Le Hors

Nata nel 2010 a Testaccio a pachi passi dal lungo Tevere da un’idea di Giovanni e Valeria Giuliani, la Fondazione Giuliani torna ad ospitare una nuova personale di un artista mai esposto a Roma. An exploration of how time only exists in half steps – a cura di Adrienne Drake – porta per la prima volta nella capitale, e in Italia, una panoramica completa sulla pratica artistica di Richard Aldrich. 

Negli spazi sotterranei della Fondazione l’artista americano, protagonista di mostre personali tra le altre al Museum Dhont-Dhaenens, Deurle, al San Francisco Museum of Modern Art e al Contemporary Art Museum, St. Louis, offre agli spettatori un’ampia gamma di opere realizzate tra il 2000 e il 2022. Una serie nella quale convergono lavori più noti e alcuni prodotti per l’occasione. Il risultato è una mostra che non intende essere una retrospettiva, ma una finestra panoramica sulla pratica di un artista per il quale nulla è lineare. Non lo è la progressione tra una mostra e l’altra e non lo sono nemmeno il tempo di fruizione e quello dell’opera. Tele, sculture e installazioni sono il frutto di processi di stratificazione di materiali e di tecniche, ma anche di memorie e vite. Il risultato è una mostra il cu tempo oscilla tra il presente e il passato immergendo lo spettatore in una sorta di materializzazione di una memoria personale. Le opere diventano così interstizi tra le due temporalità, pause nelle quali i ready-made personali di Aldrich sono appigli, punti di partenza, per lo spettatore di costruire una narrazione, ma anche esplorare la propria memoria. 

In occasione dell’apertura della mostra la curatrice Adrienne Drake racconta la storia della Fondazione Giuliani e la sua missione proprio a partire dalla personale di Aldrich che rimarrà aperta al pubblico fino al 25 giugno.

Guendalina Piselli: Buongiorno Adrienne. Prima di approfondire la mostra An exploration of how time only exists in half steps di Richard Aldrich ci racconta qualcosa della Fondazione Giuliani (come nasce, il suo scopo, ect) e della sua esperienza di curatrice per questa?

Adrienne Drake: Fondazione Giuliani nasce nel 2010 nel cuore di Testaccio dal progetto di Giovanni e Valeria Giuliani, collezionisti d’arte contemporanea. La decisione di aprire uno spazio espositivo maturava già da tempo, ma la sua realizzazione è avvenuta in modo fluido e spontaneo. A Roma esistevano già diverse fondazioni di arte contemporanea molto interessati, e sia il MAXXI che il MACRO stavano riaprendo i battenti nello stesso anno in cui abbiamo aperto la Fondazione. Fin da subito, quindi, la nostra speranza e intenzione era quella di entrare a far parte di una rete già viva di istituzioni locali, allo stesso tempo osservando e partecipando a una conversazione internazionale sull’arte. 
In genere, la Fondazione ospita tre mostre su larga scala all’anno, molto spesso con artisti che non hanno mai o solo raramente esposto a Roma in precedenza; occasionalmente partecipiamo anche a progetti off-site. Poiché la maggior parte delle nostre mostre tendono a essere personali, esse rappresentano una straordinaria opportunità di dedicare molto tempo alla ricerca del lavoro di un artista e di lavorare con lui per lungo periodo. Al contempo, abbiamo ospitato anche notevoli mostre collettive, progetti curati da curatori esterni e collaborato con molte altre istituzioni, il che costituisce una parte essenziale del nostro programma.

Richard Aldrich, Untitled (From the Americans), 2018 olio, cera e tessuto su lino; 213,4 x 147,3 cm immagine courtesy l’artista e Bortolami Gallery, New York Photo: Pierre Le Hors
An exploration of how time only exists in half steps, installation view in Fondazione Giuliani aprile-giugno 2022. Foto di Giorgio Benni

GP: La mostra ospita opere realizzate tra il 2000 e il 2022. Come si pensa e struttura una mostra che copre un così ampio periodo di produzione – potenzialmente una retrospettiva – per uno spazio non museale come la Fondazione? Considerando anche che si tratta proprio della prima personale in Italia di Aldrich…

AD: È piuttosto tipico di Aldrich rifiutare una progressione lineare tra una mostra e l’altra, o nel momento in cui immagina quali opere saranno incluse in una mostra specifica. Fin dalla primissima conversazione che abbiamo avuto sulla mostra in Fondazione, abbiamo parlato di includere lavori che comprendessero circa vent’anni della sua pratica. L’intenzione non era quella di creare una sorta di retrospettiva, ma piuttosto di riflettere il modo naturale e istintivo dell’artista di creare una narrazione all’interno della mostra, collocando insieme opere più vecchie e più recenti.  Per i visitatori della mostra che non conoscono già la pratica di Aldrich, penso che una gamma così ampia di lavori offra la possibilità di comprendere le diverse fasi del percorso e la ricerca dell’artista. Coloro invece che sono già familiari con il suo lavoro, possono vedere sia alcune opere conosciute e significative della sua pratica, sia nuovi lavori prodotti appositamente per la mostra. 

GP: Un elemento ricorrente nelle opere in mostra e nella pratica di Aldrich è l’utilizzo di oggetti ritrovati che vengono utilizzati non solo a livello scultoreo – penso a Untitled (2010) e Hand (2017) – ma anche nei lavori pittorici come Portal (2017) nei i quali il concetto di readymade assume una forma differente da quella diciamo più storicizzata…

AD: Sì, i ready-made sono elementi importanti nel lavoro di Aldrich. A volte si possono trovare incorporati nei dipinti, ma il loro uso più frequente nelle sculture incarna un approccio intimo e autobiografico. Ogni scultura assimila oggetti trovati, regalati o che hanno un significato speciale – oggetti che hanno avuto un’esistenza precedente, con una storia personale distinta, sebbene umile – e in questo modo le sculture diventano un’articolazione molto personale del ready-made tradizionale.

GP: Osservando le opere in mostra (pitture, sculture, installazioni) sembra affiorare una sorta di parola chiave: “stratificazione” di livelli di pittura, di materiali, di immaginari, di culture…. Ma anche “oscillazione” tra astrazione e figurazione, tra leggerezza e pesantezza, tra pieni e vuoti…

AD: Sì, sono d’accordo con te. Stratificazione e oscillazione sicuramente possono essere considerate parole chiavi quando ci si riferisce ai suoi lavori. La stratificazione è l’elemento chiave dell’approccio di Aldrich: la stratificazione di tempo, materiali, memoria, frammenti di influenze rilevanti e storie intime.

GP: Tra le stanze della Fondazione le opere appaiono come appunti di un’esperienza di vita, una sorta di percorso tra le tracce della memoria. Ciascun lavoro è perfettamente autonomo e allo stesso tempo interconnesso agli altri. Il riferimento al “semitono” del titolo della mostra sembra calzante… Qual è il ruolo del tempo – al quale si fa riferimento sempre nel titolo – in questo contesto? 

AD: Il tempo infatti è un aspetto significativo del metodo dell’artista. Diventa quasi fisico, una tecnica, uno dei tanti mezzi di comunicazione del suo lavoro.

Richard Aldrich – . Untitled (S from Jandek Blue Corpse LP Corwood 0759 1987 drawing), 2015-2016 olio e cera su lino; 213,4 x 147,3 cm © Richard Aldrich Courtesy l’artista e Gladstone Gallery
An exploration of how time only exists in half steps, installation view in Fondazione Giuliani aprile-giugno 2022. Foto di Giorgio Benni