La Compagnia Marionettistica Carlo Colla & Figli è tra le più antiche e celebri compagnie di teatro di figura al mondo: costruisce a anima marionette di legno da quasi tre secoli. Alla sua maestria è dedicato l’ultimo lavoro video di Riccardo Giacconi Diteggiatura, progetto vincitore del bando di produzione Artists’ Film Italia Recovery Fund promosso da Lo schermo dell’arte e vinto anche da Roberto Fassone, Beatrice Favaretto e Caterina Erica Shanta.
Ad essere raccontato in questo cortometraggio non è per la storia della compagnia né quella dei suoi membri, ma quella della vita di una delle marionette costruite dalla Compagnia. A dare voce a questo personaggio, reso umano da diverse strategie narrative raccontate da Giacconi in questa intervista, è l’artista e performer Silvia Costa la cui figura appare nel corso del film in una cabina di registrazione intenta a leggere il copione. A dare forma ai pensieri e alle sensazioni, in una narrazione che scardina la tradizionale linearità temporale della forma documentaria, è in realtà un’intelligenza artificiale programmata dall’artista stesso attraverso un dataset basato su testi di Heinrich von Kleist e Alan Turing.
Presentato in prima nazionale lo scorso settembre alle Giornate degli Autori/Notti Veneziane alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, il corto è in programma (13 novembre) alla quattordicesima edizione de Lo schermo dell’arte al Cinema La Compagnia.
Guendalina Piselli: Diteggiatura, il tuo ultimo lavoro, è un cortometraggio dedicato alla storica Compagnia Marionettistica Carlo Colla & Figli, una delle più antiche e celebri compagnie di teatro di figura al mondo, attiva a Milano da quasi tre secoli. Prima di entrare nei dettagli di questa tua ultima creazione puoi raccontarci da dove nasce il progetto? Perché ti sei interessato proprio al loro lavoro?
Riccardo Giacconi: Ho avuto la fortuna di collaborare con la Compagnia Colla in diverse occasioni, a partire da quando, cinque anni fa, ho fatto delle riprese nel loro atelier per un film su Alberto Camerini. In seguito abbiamo collaborato su diversi progetti. In questi anni, poter frequentare l’Atelier Colla è stato un privilegio; l’idea di iniziare a fare delle riprese in quel luogo è emersa molto spontaneamente parlando con Andrea Morbio, con cui ho condiviso molto di questo percorso.
GP: Veniamo ora alle questioni tecniche. Per come è raccontato brevemente nella prima domanda il corto può sembrare un documentario diciamo “normale” – passami il termine. Ci sono però alcuni elementi in questo lavoro che ribaltano il concetto standard di documentario. Primo fra tutti penso al fatto che il testo recitato da Silvia Costa sia stato prodotto da un’intelligenza artificiale…
RG: Mi sembrava appropriato che un film sulle marionette della Compagnia Colla – macchine costruite per muoversi come esseri umani – fosse scritto da un generatore di testo – una macchina costruita per scrivere come un essere umano. Ho utilizzato InferKit, un generatore di testo basato su una rete neurale artificiale che, a partire da un input testuale fornito dall’utente, può produrre uno scritto di qualsiasi lunghezza, su qualsiasi argomento.
Il testo alla base del film è stato generato in risposta a frammenti di due saggi dedicati a due forme di animazione. Il primo è Sul teatro di marionette (1810), in cui Heinrich von Kleist lega il concetto di grazia a quello di coscienza. In particolare, ho fornito a InferKit la dichiarazione conclusiva del saggio: “la grazia appare nella sua massima purezza nella figura umana che non ha alcuna coscienza, o in quella che ne ha una infinita: cioè nella marionetta, o in Dio”.
Il secondo saggio che ho utilizzato è Computing Machinery and Intelligence, in cui Alan Turing formula il suo celebre “gioco dell’imitazione”. Nell specifico, ho fornito a InferKit l’incipit dell’articolo: “I propose to consider the question, «Can machines think?» This should begin with definitions of the meaning of the terms «machine» and «think».”
GP: Ci sono altri elementi stranianti. Il primo è che il punto di vista, quello narrato dall’AI, è quello di una marionetta…
RG: ”I tuoi piedi sono legati con degli stracci bianchi, le tue mani sono legate dietro la schiena. Una maschera ti copre il volto e ti trovi su un palco, sola. La musica inizia. È una canzone triste e assillante, che non conosci. La maschera inizia a scivolarti giù. Il pubblico inizia ad applaudire. Chiudi gli occhi e ti concentri sul respiro.” Il film incomincia con questa frase. È il punto di vista di una marionetta – un essere non umano, di fronte a un pubblico di umani.
GP: Il secondo è che il documentario è in realtà un racconto al contrario, dalla data più recente – quella del debutto – a quella più lontana – quella dell’inizio dei lavori di creazione della marionetta. Un percorso in senso contrario al quale corrisponde uno scorrere di immagini all’indietro e in cui lo spettatore è accompagnato dalla voce narrante…
RG: Sì, tutto il film è costruito su una cronologia inversa, sia rispetto al testo che alle immagini. Quando ho iniziato a lavorare con le riprese in reverse, mi ha colpito la qualità innaturale dei movimenti: i trucioli di legno saltano dal suolo alla testa della marionetta; i colpi di martello estraggono un chiodo invece di piantarlo; le oscillazioni di un oggetto appeso a un filo si fanno man mano più ampie. Questo andare contro l’entropia e il peso mi è sembrato coerente con la vocazione delle marionette alla magia e alla danza. Secondo Kleist, le marionette hanno il vantaggio di non conoscere la forza di gravità: “Non conoscono l’inerzia della materia, la proprietà che più di tutte si oppone alla danza, in quanto la forza che le solleva in aria è superiore a quella che le incatena alla terra.”
GP: Nel corto hai inserito un tuo lavoro precedente The Variational Status, un progetto ancora in corso che indaga il rapporto tra le forme narrative e una serie di eventi storici e politici di rivolta tra Italia e Sud America. Che funzione assume nella narrazione di Diteggiatura?
RG: Nel 2016 la Compagnia Colla ha accettato di realizzare una marionetta per The Variational Status, una mostra che ho presentato ad ar/ge kunst, a Bolzano. In quel caso, la marionetta veniva animata da un meccanismo automatico, governato da un software. Anche Diteggiatura evoca e mescola queste due tecniche di animazione di oggetti: quella arcaica, legata al teatro di figura, e quella contemporanea, legata alla robotica e all’intelligenza artificiale.