Testo di Aurelio Andrighetto —
Dal 14 settembre 2023 al 14 gennaio 2024 è possibile visitare la mostra Reincarnations of Shadows dell’artista vietnamita Thao Nguyen Phan, curata da Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli per Pirelli HangarBicocca. L’artista ha trasformato lo spazio espositivo in un ambiente atmosferico e fluttuante nel quale ogni cosa si dissolve mutando di forma. L’episodio finale del video monocanale Becoming Alluvion racconta di una principessa intristita, che chiede all’imperatore suo padre di far realizzare dei gioielli utilizzando la rugiada dei monsoni. Compresa l’insensatezza della sua richiesta, la principessa si trasforma in rugiada ed evapora nel vasto fiume Mekong.
Il mutare di forma è il leitmotiv della mostra. A questo fluire metamorfico concorre l’instabilità percettiva delle pitture su seta e il gioco di ombre proiettate dall’installazione Voyages de Rhodes. Che luogo è quello evocato da Nguyen Phan? È un Vietnam sospeso tra finzione e realtà, ma anche un luogo interiore. Ci sono luoghi che possiamo abitare, attraversare, contemplare, ma anche altri che abbiamo interiorizzato o immaginato. Il radicamento in un luogo comporta anche un’esperienza sentimentale. In La regione. Uno spazio per vivere (Franco Angeli, Milano 1983) il geografo Armand Frémont porta l’attenzione sul legame «viscerale» che lega l’individuo al luogo da lui abitato. Dunque le relazioni psicologiche con i luoghi creano dei paesaggi interiori, determinando quello che Frémont chiama «radicamento». Sono questi i paesaggi che Nguyen Phan mette in scena all’HangarBicocca sollevando questioni di fondo.
Incrociando media e supporti diversi l’artista porta l’attenzione sullo sfruttamento delle risorse naturali e sulla colonizzazione del paesaggio vietnamita. In questo contesto l’immagine acquista instabilità, sia per il suo trasferirsi da un medium all’altro (dalla pittura ad acquarello al video, dall’installazione al libro stampato), sia per la perdita del confine che separa l’arte dalla letteratura, dalla storia e dalla filosofia. La sua opera diventa così metamorfica, mutevole ed enigmatica, come quella di Joan Jonas, sua mentore nel programma per artisti emergenti Rolex Mentor and Protégé Arts Initiative.
Nella prima sezione della mostra Phan ripercorre il suo percorso artistico, dipanando una serie di temi: il rapporto che l’uomo ha con l’ambiente naturale, la colonizzazione del Vietnam e le sue conseguenze sociali, la creolizzazione delle culture, il rapporto tra locale e globale, le narrazioni alternative a quelle ufficiali. La memoria della storia del suo paese viene rievocata da Untitled (Heads) che richiama la crisi provocata dalla trasformazione delle piantagioni di riso in piantagioni di juta ad opera dei Giapponesi nell’Indocina Francese. Con il video a tre canali Mute Grain del 2019 l’artista ricostruisce in chiave poetica il dramma della carestia del 1945 utilizzando testimonianze, azioni di attori non professionisti e immagini d’archivio sulle quali interviene graficamente. La sua denuncia ha un tono poetico come quello del film L’immagine mancante del regista Rithy Panh, un film ambientato nella Cambogia della dittatura di Pol Pot e del regime dei Khmer rossi.
In un’altra sezione della mostra Nguyen Phan associa alcune sue opere a una selezione di sculture realizzate dall’artista Diem Phung Thi, che ha influito molto sulla storia del Modernismo vietnamita. Il video Reincarnations of Shadows (moving-image-poem) del 2023 – commissionata da Pirelli HangarBicocca e co-prodotta da Fondazione In Between Art Film – ricostruisce la figura storica di Thi con frammenti di interviste e testi tratti dal suo archivio. Phan rilegge in chiave post-coloniale la storia dell’arte, riflettendo sulle relazioni intergenerazionali tra artiste. Dominate da una forte simmetria, le sculture di Thi immettono nel linguaggio dell’astrazione alcuni motivi della cultura visuale vietnamita, da un lato evocando figurazioni plastiche della tradizione, dall’altro richiamando elementi architettonici decorativi che confinano con il mondo dei segni e della scrittura chữ Nôm composta in gran parte da sinogrammi.
Anche Phan mostra interesse per la scrittura, tanto che concepisce le proprie opere come capitoli di un libro. I suoi trasferimenti da un linguaggio all’altro e da un medium all’altro trasformano lo l’HangarBicocca in uno spazio metamorfico. Verrebbe da pensare alle Metamorfosi di Ovidio, se non che il tema proposto dall’artista è quello della reincarnazione, di cui la mostra fornisce una efficiente metafora visiva. Come tutte le figure retoriche, anche la metafora è un ornamento del discorso. Quello di Phan è un discorso critico teso a destrutturare poeticamente le narrazioni dominanti. La sua è un’opera poetica o, potremmo anche dire, un discorso politico che assume forma poetica intrecciandosi con altre narrazioni: fiabe, miti, testimonianze orali. Reincarnations of Shadows ci ricorda che l’arte può anche essere incanto e poesia.