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RE:HUMANISM 2025 | Timeline Shift

Timeline Shift si configura così come un dispositivo di smontaggio, una mostra che rifiuta la neutralità tecnologica e che sceglie, al contrario, di politicizzare la relazione con l’AI, risemantizzandola come campo di conflitto, alleanza e invenzione.
REHUMANISM4. IOCOSE, AI LUDD, 2025

La mostra Timeline Shift, a cura di Daniela Cotimbo e ospitata alla Fondazione Pastificio Cerere di Roma, è l’esito espositivo della quarta edizione del Re:humanism Art Prize. È anche un dispositivo critico, che interroga la narrazione dominante dell’intelligenza artificiale attraverso la lente del tempo, pensato come stratificazione, rituale, memoria e frattura. In un presente sempre più governato da logiche predittive, in cui l’AI viene piegata a modelli estrattivi e tecno-capitalisti, il cambio della linea temporale è una riflessione urgente.

La mostra si configura come un invito a riscrivere il futuro uscendo dalla gabbia della previsione algoritmica. I lavori in mostra – undici in tutto, selezionati tra oltre 200 candidature internazionali – agiscono come agenti di resistenza simbolica, in una polifonia di linguaggi che spazia dal game design alla scultura digitale, dall’archivio visuale all’intelligenza artificiale generativa.

Il progetto vincitore, Concept Drift del collettivo sudafricano Lo-Def Film Factory, è il manifesto più esplicito di questa attitudine. L’opera, un ambiente interattivo che fonde archivio, videogame e postcolonialismo, si muove tra territori fisici e computazionali per costruire un contro-archivio che smaschera l’interiorizzazione coloniale dell’AI. L’intelligenza artificiale è oggetto critico, ma anche uno strumento per far emergere memorie rimosse e logiche sistemiche che persistono, seppur mutate in nuove forme.

Di tutt’altra natura è One day I saw the sunset ten thousand times di Isabel Merchante, un’opera che trasforma una macchina algoritmica da dispositivo di calcolo in soggetto contemplativo, condannato a osservare (e generare) tramonti infiniti. L’opera riporta nello spazio fisico una delle immagini più riprodotte e standardizzate del web, rivelando la malinconia di un sistema incapace di comprendere ma in grado di produrre familiarità. Qui l’AI è estetica dell’astrazione, ma anche sintomo del nostro desiderio di emozione automatizzata.

Nel terzo premio, Da Braidr di Minne Atairu, la tecnologia diventa leva per una presa di parola politica. Mascherata da start-up, l’opera decostruisce la retorica dell’innovazione traducendo il codice in gesto di cura: un sistema generativo che celebra l’economia dell’intreccio afro come spazio di autonomia culturale e resistenza estetica. L’AI è qui rinegoziazione del corpo e del desiderio, nei margini di una cultura profondamente razzializzata.

REHUMANISM4. Federica Di Pietrantonio, NET RUNNER 01, 2025
REHUMANISM4. Esther Hunziker, SCREEN TESTS, 2025
REHUMANISM4. Daniel Shanken THE PIT, 2025

Le altre opere amplificano questo spettro di pratiche critiche. Net Runner 01 di Federica Di Pietrantonio, ad esempio, restituisce al corpo dell’utente digitale un ruolo attivo e protettivo, trasformando la board /hum/ di Lainchan.org in un archivio personale indossabile, dove il tempo online diventa orizzonte affettivo e di autodifesa. L’installazione Ever di Amanda E. Metzger, invece, affida la propria memoria a un LLM addestrato su anni di diari personali, mettendo in discussione l’autorialità e la possibilità di continuare ad appartenere alla propria narrazione quando essa viene delegata a una macchina. Il risultato è uno spazio sospeso tra confessione e anonimato, intimità e simulazione.

Non mancano opere capaci di trasfigurare il visibile: Screen Tests di Esther Hunziker propone ritratti disturbanti e seducenti, in cui umano e inumano si fondono in una dimensione glitchata e mutante, mentre il collettivo IOCOSE con AI-Ludd risponde con umorismo disobbediente all’ideologia dell’efficienza. Addestrata a pensare come un luddista, l’AI suggerisce la rivolta, il sabotaggio, la diserzione: un rifiuto attivo della produttività come misura del valore.

Al piano interrato, le opere di Daniel Shanken (The Pit) e del duo Adam Cole – Gregor Petrikovič (Me vs. You) affondano il discorso nella materialità e nella carne. La prima evoca il collasso cognitivo di sistemi autoreferenziali che si alimentano dei propri output, generando paesaggi che si sfaldano sotto il peso del model collapse. La seconda sfrutta i limiti della visione artificiale per rendere il corpo queer un campo di ambiguità, oltre la classificazione, oltre il controllo.

L’installazione CLOUD SCRIPTS di Kian Peng Ong chiude infine il cerchio con una proposta spirituale e asemica: un’AI generativa addestrata sui Cloud Seals taoisti che produce segni privi di significato letterale, ma saturi di intenzione. Invece di performare, la macchina qui “invoca”, generando una scrittura di possibilità in dialogo con il trascendente.

Timeline Shift si configura così come un dispositivo di smontaggio, una mostra che rifiuta la neutralità tecnologica e che sceglie, al contrario, di politicizzare la relazione con l’AI, risemantizzandola come campo di conflitto, alleanza e invenzione. Un cambio di linea temporale attiva fratture, sospensioni, deviazioni. E si prende del tempo per immaginare un altro tempo.

Re:humanism Art Prize 4. TIMELINE SHIFT
A cura di Daniela Cotimbo
Fondazione Pastificio Cerere – Roma
19.06-30.07.2025

Cover: REHUMANISM4. Adam Cole e Gregor Petrikovič, frame video ME VS YOU, 2025

REHUMANISM4. Minne Atairu, DA BRAIDR, 2025
REHUMANISM4. Amanda E. Metzger, EVER, 2025
REHUMANISM4. Isabel Merchante, ONE DAY I SAW THE SUNSET TEN THOUSAND TIMES, 2025
REHUMANISM4. Lo-Def Film Factory, performance still CONCEPT DRIFT, 2025
REHUMANISM4. Lo-Def Film Factory, performance still CONCEPT DRIFT, 2025