Ultimo mese per visitare la mostra PUPILLE. Ci fioriscono gli occhi se ci guardiamo, collettiva curata da Rita Selvaggio e allestita negli spazi di Casa Masaccio fino a domenica 5 febbraio 2023. L’esposizione affronta il tema dello sguardo, declinato in sguardo | pupilla | kore | fanciulla: attraverso le opere delle artiste coinvolte – Aviva Silverman, Emily Sundblad, Isabella Costabile, Jenna Gribbon, Kaari Upson, Karen Kilimnik, Nathalie Djurberg e Hans Berg, Paloma Varga Weisz, Rachel Rose, Trisha Donnelly, Vera Portatadino – si innesta un dialogo sullo sguardo in cui il “femminile” e le sue infinite sfaccettature si intrecciano con la storia dell’arte e del territorio. La curatrice Rita Selvaggio ha risposto alle nostre domande per raccontare la mostra e la sua progettazione.
Veronica Pillon: PUPILLE. Ci fioriscono gli occhi se ci guardiamo è il titolo della collettiva da te curata in corso a Casa Masaccio, Centro per l’arte contemporanea. Che significato ha il termine “pupille” nel concept della mostra?
Rita Selvaggio: La pupilla è l’apertura centrale che l’iride presenta nella sua parte mediana e per la quale passano i raggi luminosi per giungere al cristallino. Originariamente un latinismo, diminutivo di “pupa”, ossia bambola, bambina. Quando si guarda una persona negli occhi, il nero lucido della sua pupilla ci rende la nostra stessa immagine, ossia una figurina umana. Il che vuol dire che prima dell’invenzione degli specchi, ci si poteva guardare solo nello sguardo dell’altro. Questo modo per indicare ciò che ci permette di vedere, è reperibile anche nel greco antico, infatti kore è utilizzato per indicare sia una fanciulla che la pupilla, sancendo una profonda unione tra questi due concetti. Socrate specificò bene l’elevato talento della pupilla-kore, e nel dialogo con Alcibiade I argomenta che “se un occhio guarda un altro occhio e fissa la parte migliore dell’occhio, con la quale anche vede, vedrà se stesso”.
Kore, la fanciulla ineffabile, o “la ragazza indicibile” come definisce questa figura Giorgio Agamben, è mito Greco che racconta una storia intera e al contempo solare e che, per la sua intima connessione ai misteri eleusini, si legava al silenzio (il termine “mistero” viene da una radice che significa “chiudere la bocca, ammutolire”). Kore è la pupilla dell’intero cosmo, l’occhio della physis in cui riconosciamo la sua declinazione materna, la grande Demetra. Kore possiede tutta la leggerezza della gioventù, la sua divina sconsideratezza, la sua suprema ingenuità. Nell’Inno a Demetra, Omero la riporta con “snelle caviglie” e “pudichi pensieri, che con leggerezza “gioca” e va cercando fiori sino al narciso fatale”. Ma la “ragazza indicibile”, l’arretos kore, come riporta Esichio da un verso di Euripide, identificando in Kore proprio Persefone, non è soltanto la figura di cui non si può dire, ma è anche lo sguardo che non sa dire: ci si riflette sempre in un’altra pupilla.
VP: Nel titolo, l’espressione “Ci fioriscono gli occhi se ci guardiamo” è tratta da una poesia di Else-Lasker-Schüler, scrittrice tedesca di origine ebree, coraggiosa e indipendente: qual è il legame tra la sua poesia e la sua figura di donna “rivoluzionaria” e la mostra?
RS: Nell’opera lirica di Else-Lasker-Schüler (1869-1945), gli occhi si pongono come centro di coscienza e luogo d’incontro tra l’anima e il mondo visibile. Come spesso leggiamo nelle sue poesie, il dolore più profondo, cosmico, si riverbera nella sostanza della natura, nel vento, nel sole, nella roccia, è fondamento materiale della conciliazione con la notte amica. Come sostiene il poeta e saggista Roberto Deidier nella prefazione ad un volume che raccoglie una serie di saggi dedicati al mito di Kore, -“proprio quando la vita cede al suo contrario e tutte le sue consuete coordinate si rovesciano; quando ogni luce e ogni sostanza si mutano in un’ombra senza ritorno, è proprio allora che l’organo della vista, l’occhio, recupera paradossalmente la sua centralità”-.
La mostra in Casa Masaccio persegue il dialogo proprio del percorso espositivo storico ospitato negli altri due musei di San Giovanni Valdarno. Un dialogo che, in questo caso, si nutre di sguardi, Maria e l’Angelo nelle “Annunciazioni”, la Madonna e il Bambino, il guardare e il guardarsi, le pulsazioni dello sguardo stesso o l’entrare nello sguardo dell’altro e “lasciarsi andare alla chiamata dell’angelo” .
Nel mistero di Kore, c’è sia una discesa che un’ascesa, una discesa che è anche un’ascesa, perché in quel mondo di sotto, Kore regna e ne è la regina. Questo passaggio nella e per la morte è quindi preludio di fertilità.
VP: Sono numerose le artiste coinvolte nel progetto: Aviva Silverman,Emily Sundblad, Isabella Costabile, Jenna Gribbon, Kaari Upson, Karen Kilimnik, Nathalie Djurberg e Hans Berg, Paloma Varga Weisz, Rachel Rose, Trisha Donnelly, Vera Portatadino -, di diverse generazioni e pratiche: in che modo sono stati scelti?
RS: Le artiste sono state selezionate in base alla capacità della loro pratica e delle loro opere di rispondere ai concetti cardine della mostra.
VP: Come si sviluppa il percorso espositivo?
RS: In una corrispondenza di sinergie estetiche e concettuali, e facendo riferimento ai concetti di cui sopra (:sguardo| pupilla| kore |fanciulla), Casa Masaccio ha orchestrato un dialogo sullo sguardo in cui i concetti del “Femminile” circolano per tutto il percorso espositivo coinvolgendo artiste di diverse generazioni che in questa occasione specifica si misurano con la storia e la storia dell’arte del territorio, selezionando o producendo appositamente opere e interventi.
Ispirandosi a fonti della Storia dell’Arte, il percorso espositivo si avvia con un’infiorata, un elemento che ripercorre un’antica tradizione italiana nata a Roma nel 1625 dal fiorista Benedetto Drei. Il gesuita Giovan Battista Ferrari nel suo De Florum Cultura (1633), descrive la prima infiorata allestita in Vaticano il 29 giugno 1625, in occasione della festa di San Pietro e Paolo :-“ ad usi più nobili gli stessi fiori, sfrondati, sminuzzati, contraffanno le più nobili pitture ne’ colori e nel resto dell’apparenza”. In questo caso, l’infiorata simula un “hortus conclusus”, elemento predominante in tutte le Annunciazioni a partire dal 400.
Jenna Gribbon, Behind the shadow of a hand, (2022) Courtesy of the Artist and MASSIMODECARLO – ph. Ela Bialkowska OKNOstudio – Courtesy Casa Masaccio | Centro per l’Arte Contemporanea Nathalie Djurberg & Hans Berg, , The Soft Spot (Floor, 53 cm), (2020) Collezione Nicoletta Fiorucci In secondo piano: Emily Sundblad, Naturaleza Muerta Vivente, (2014) Collezione Nicoletta Fiorucci – ph. Ela Bialkowska OKNOstudio – Courtesy Casa Masaccio | Centro per l’Arte Contemporanea
Gli elementi naturali che lo compongono e che costituiscono un incipit visivo, simbolico, ma anche e soprattutto olfattivo alla mostra, provengono tutti dal roseto botanico Fineschi, nel Valdarno aretino, che ospita più di seimila varietà di rose. Essi vengono sostituiti settimanalmente da Anna Twist e contengono tutti in nuce promesse di vita e preludi di fertilità: bacche di rose, morbidi petali delle stesse, melegrana, frutti di “poncirus trifogliata” o “arancio trifogliato”, un agrume originario della Cina settentrionale e centrale, che viene utilizzato in botanica come innesto per altri agrumi commestibili. Questo attraversamento implica un calpestio che conduce alla scultura-uovo di Rachel Rose, elemento simbolicamente legato al ritorno della vita, e prosegue per tutte gli spazi della mostra che, sviluppandosi su tre piani, si conclude con un lavoro video di Trisha Donnelly. Un susseguirsi per immagini, questo, senza struttura scheletrica, ma che vede tra i suoi protagonisti, l’immagine di una antichissima quanto preziosa rosa bianca, qualità queste che si possono rilevare dalla numerosità dei suoi petali, non comparabile a nessuna delle rose cosiddette “moderne”.
VP: La mostra si lega idealmente a Masaccio e Angelico. Dialogo sulla verità nella pittura, esposizione in corso presso il Museo delle Terre Nuove e il Museo della Basilica. Qual è la relazione che intercorre tra la mostra e la storia dell’arte del territorio?
RS: Masaccio e Angelico. Dialogo sulla verità nella pittura ricostruisce un ideale panorama dell’arte fiorentina agli albori del Rinascimento. Essa presenta un focus sulle novità che questi due grandi protagonisti hanno offerto alla storia dell’arte, ponendole in relazione con altri artisti a loro familiari o vicini per provenienza e valorizzando il legame tra Masaccio e la sua città d’origine. Terre degli Uffizi, questo il titolo del programma, è un’iniziativa che vede infatti gli Uffizi prestare opere della collezione permanente in aree in cui esse sono storicamente connesse per celebrare i seicento anni del Trittico di San Giovenale. L’esposizione valorizza quindi anche le preziose evidenze e testimonianze già presenti a San Giovanni Valdarno, fra cui la casa natale di Masaccio, i tesori custoditi presso il Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie (basti ricordare la maestosa tavola de Lo Scheggia, fratello di Masaccio e l’Annunciazione di Beato Angelico) e gli affreschi eseguiti dallo stesso artista all’interno della Chiesa di San Lorenzo, unitamente all’immagine di un vescovo con pastorale attribuito a Masaccio, con forti assonanze con il trittico di Reggello. Le tre sedi istituzionali della città (Museo delle Terre Nuove, Museo della Basilica e Casa Masaccio | Centro per l’Arte Contemporanea) sono a pochissimi metri di distanza l’una dall’altra, per cui è possibile pensare le tre mostre come un corpo concettualmente unico. In Palazzo d’Arnolfo, l’edificio dove ha sede il Museo delle Terre Nuove, come nel Museo della Basilica, sono presenti una serie di opere sia scultoree che pittoriche legate all’iconografia della Madonna con il Bambino – tra cui la “Madonna Casini” di Masaccio, capolavoro assoluto detta anche “Madonna del solletico” (1426 circa) un dipinto di dimensioni molto piccole (24,50 x 18,20 cm, tempera su tavola a fondo oro), grande poco più di un taccuino e proveniente dagli Uffizi. Il piccolo quadro rappresenta una madre in veste “terrena” che fa il solletico al suo bambino, in atteggiamento di ordinaria tenerezza intima e domestica. Di proprietà del cardinale Antonio Casini, il cui stemma è dipinto sul retro della tavola, che fu vescovo di Siena tra il 1408 e il 1426, segno tangibile del legame intenso di quest’ultimo con la Vergine, le sue dimensioni ridotte si devono al suo utilizzo nei momenti di meditazione e preghiera durante i viaggi e gli spostamenti. E ancora “La Madonna dell’Umiltà” (dal Latino Humus, terra) di Masolino che, sottolineando il tema iconografico mariano in uso nel XIV secolo, rappresenta la Vergine, non in trono, ma seduta su un cuscino adagiato sulla nuda terra mentre nutre il figlio offrendogli il seno. Scelte iconografiche queste legate al ruolo della Chiesa che gli ordini mendicanti volevano umile e un’iconografia che si fonde con quella della “Madonna del Latte”, secondo una consuetudine diffusa nella pittura toscana soprattutto nel XIV secolo.
PUPILLE. Ci fioriscono gli occhi se ci guardiamo
A cura di Rita Selvaggio
Casa Masaccio | Centro per l’arte contemporanea, San Giovanni Valdarno (AR)
Fino al 5 febbraio 2023
Artisti: Aviva Silverman, Emily Sundblad, Isabella Costabile, Jenna Gribbon, Kaari Upson, Karen Kilimnik, Nathalie Djurberg e Hans Berg, Paloma Varga Weisz, Rachel Rose, Trisha Donnelly, Vera Portatadino