Assegnato il 15 marzo al Mart di Rovereto il Premio biennale VAF-Stiftung, giunto alla sua VIII edizione e pensato come sostegno alla giovane arte italiana in Italia e all’estero, con particolare attenzione alla sua visibilità nel mondo tedesco.
È stato consegnato quest’anno all’artista siciliana Silvia Giambrone (Agrigento, 1981) che presenta al Mart, assieme agli altri 15 finalisti, la propria ricerca in una mostra allestita al primo piano del museo fino al 12 maggio. Seconda tappa della mostra sarà Kiel, dove verranno presentati gli artisti selezionati presso la Stadtgalerie, dal 14 giugno al 1 settembre.
La commissione giudicatrice, composta dal Presidente della Fondazione Klaus Wolbert e da Volker Feierabend – importante collezionista e industriale tedesco da cui nasce la Fondazione VAF, il cui nome richiama le iniziali del nome dello stesso e della moglie Aurora -, da Daniela Ferrari referente dell’arte moderna e responsabile per il Mart della Collezione VAF, da Lorand Hegyi, Silvia Hoeller e Marion Piffer Damiani, ha premiato con menzioni speciali anche Emanuele Giuffrida (Gela, 1982), la cui pittura iperrealista di grande formato, meticolosamente dettagliata e fotograficamente precisa – che Volbert ricorda in catalogo influenzata dai realisti spagnoli dei Settanta e soprattutto da Antonio Lopez Garcia – evoca un “pressante senso di abbandono, situazioni spaziali estremamente inospitali, disadorne e inespressive”. Menzionato anche il trentino Michele Parisi (Riva del Garda, 1983), già ospitato nelle sale del Mart in altre occasioni: Parisi lavora con gelatine fotosensibili, resine e oli su tavola preparata coniugando la fotografia e la pittura con risultati molto eterei, sognanti, pensierosi e melanconici la cui atmosfera è giustamente descritta da Daniela Ferrari come “spirito romantico di matrice tedesca”.
Il lavoro premiato ed esposto da Silvia Giambrone, invece, si intitola Sotto tiro ed è una videoperformance del 2013 in cui l’artista stessa, svestita fino al petto, osserva un laser – un punto luminoso – che viene proiettato sul suo corpo e lo interroga seguendolo con lo sguardo. Il premio vinto consiste nell’acquisizione da parte della Collezione VAF in deposito a lungo termine al Mart di un’opera dell’artista e il conferimento di una somma di 15.000 €.
Sono 16 in tutto gli artisti presentati alla mostra del Premio: Nico Angiuli, Davide Balossi, Giulia Berra, Martina Brugnara, Nina Carini, Federica di Carlo, Andrea Fontanari, Giovanni Gasparro, Silvia Giambrone, Emanuele Giuffrida, J&Peg, Dario Maglionico, Domenico Antonio Mancini, Michele Parisi, Tania Brassesco & Lazlo Passi Norberto. Particolarmente serio e ponderato è stato il processo di selezione dei finalisti, che ha previsto l’incontro personale con i candidati e una serie di studio visit e colloqui. Le tappe sono così scandite: si parte con un giro di proposte del board curatoriale della Fondazione e si procede con una delegazione della stessa che incontra gli artisti e dialoga con loro, per cercare di conoscere concretamente la pratica e il pensiero che sta dietro alla loro ricerca.
“Per gli attori che operano nella Fondazione il punto centrale sono le idee soggettive delle opere, le intenzioni espressive, e le modalità di realizzazione artistica che ogni giovane artista crea per sè. Noi intendiamo, in sostanza”, scrive Klaus Wolbert nel catalogo bilingue della mostra, “tradurre in esperienza i pensieri che oggi muovono la giovane generazione, i messaggi che vuole trasmettere, i media che impiega […]”.
Grande importanza ha così l’aspetto concettuale e speculativo che sottende le diverse ricerche artistiche presentate: insomma, si premia non solo il talento visivo-figurativo (nei differenti linguaggi espresso) ma anche la consapevolezza creativa degli artisti.
Quale la posizione dei giovani artisti verso le questioni e i problemi della vita contemporanea in generale? Quale il posizionamento di questi di fronte ai temi attuali che toccano la civiltà, la filosofia, la politica, l’attualità, il mondo d’oggi?
Domande fondanti e che, negli obiettivi della VAF, occupano un posto privilegiato per indicare un criterio importante di scelta dei finalisti ma che tuttavia, in fase di presentazione della mostra, vengono toccate solo in parte o implicitamente dai lavori. Interessante allora, per un pubblico ampio, sarebbe conoscere più da vicino le motivazioni profonde della selezione e dell’assegnazione dei premi per approfondire nello specifico le diverse posizioni.
Il legame tra Fondazione VAF e Mart non si limita al Premio VAF ma si esplicita anche in un grande e diversificato progetto allestitivo inaugurato il 23 febbraio e che avrà termine solo l’8 settembre: Passione. 12 progetti per l’arte italiana, una mostra a cura di Daniela Ferrari e Denis Isaia.
Dalla sua apertura a Rovereto nel 2002, il Museo conserva e gestisce parte della Collezione della Fondazione e ora dedica a questa una particolare mostra divisa in 12 tappe. L’esposizione si apre con i primi quattro progetti: Materia, Tradizioni e anacronismi, Modernità e industria, Immaginario Pop; dal 16 marzo altre due sezioni: il riallestimento delle Collezioni permanenti del Mart e il Premio VAF. Quando il Premio verrà disallestito dal 25 maggio il primo piano ospiterà altri sei progetti: Interno borghese, Roma anno zero, La biblioteca, Miracolo a Milano, Pittura analitica, Arte nucleare.
Istituita in Germania a Francoforte nel 2001, la VAF-Stiftung è un’istituzione culturale che “ha fatto della Passione per l’arte italiana la propria missione”: con circa 2000 opere, la Collezione racconta l’arte italiana del Novecento e innerva la permanente del Mart, grazie alla presenza di opere fondamentali dal Divisionismo al Futurismo, al primo Novecento: opere come Le figlie di Loth di Carlo Carrà, Beethoven di Felice Casorati e Cannoni in azione di Gino Severini, ad esempio, sono cardini della collezione moderna del museo; mentre altri come Orfeo di Ettore Colla, Ritratto di filosofo di Vincenzo Agnetti e Dioniso di Giorgio Griffa lo sono per la collezione del secondo Novecento.
La Collezione VAF è anche rivolta al contemporaneo, dove gli approcci dell’arte più attuale sono raccontati in maniera libera e fuori dagli schemi, dando l’opportunità al pubblico di conoscere artisti “minori” o meno noti, di dialogare con quella “intima ricchezza di opere sconosciute” che è la ricchezza tipica del collezionare per passione e, forse, per ossessione ma che rispetta anche le scelte motivate dal mercato dell’arte e dalle sue nuove tendenze.
A pensarci bene, è proprio questa la grande forza di una collezione così ampia, autonoma e onnicomprensiva, che ha portato la Fondazione VAF a scommettere su nomi fuori dai circuiti ufficiali o che sono veri outsider del contesto galleristico e museale: una sfida che trova le sue ragioni sia nel mercato, come si diceva, che nelle relazioni personali che Volker Feierabend ha avuto o ha tutt’oggi con gli artisti amati: si veda per esempio la nutrita presenza delle opere di Agenore Fabbri nella Collezione che dipende molto dall’amicizia, dalla stima e dalla vicinanza affettiva di Fabbri con il collezionista.