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Passaggi Paesaggi | Fondazione AGO, Modena

In Palazzo Santa Margherita si dispiega un viaggio nella fotografia italiana di paesaggio degli ultimi settant'anni, denso di risonanze tematiche e formali tra l'opera dei grandi maestri modenesi e le nuove generazioni di fotografi.
Passaggi paesaggi, Fondazione AGO, exhibition view | ph. Rolando Paolo Guerzoni

È risaputo che in Italia la fotografia di paesaggio ha avuto storicamente un apporto di grande rilevanza dai fotografi di origine modenese, che si sono interfacciati con sensibilità sia con il proprio territorio di origine sia con altri panorami nazionali e internazionali: da Luigi Ghirri a Franco Fontana, da Olivo Barbieri a Franco Vaccari, ognuno di loro ha impresso in modo indelebile la propria impronta su questo genere fotografico. Oggi la Fondazione AGO Modena Fabbriche culturali (ex FMAV), nella propria sede di Palazzo Santa Margherita, rende omaggio con la mostra Passaggi Paesaggi (fino al 4 maggio) a questa grande tradizione locale mettendone in dialogo gli esiti con le opere di altri autori conservate nelle collezioni di fotografia di Fondazione di Modena e del Comune di Modena (Galleria Civica), per un totale di 114 opere di 87 autori, che spaziano su oltre 70 anni di attività. La mostra, a cura di Chiara Dall’Olio e Daniele De Luigi, si articola in quattro sezioni che rispecchiano altrettante modalità di interpretazione del genere della fotografia di paesaggio, facendo emergere risonanze tra i lavori dei maestri con quelli delle nuove generazioni di fotografi. Nella grande sala del primo piano in cui è allestita la mostra le immagini corrono a fascia continua su tutte le pareti, su più registri, che asserrano diversi formati in un ritmo che è visivamente orchestrato dalle analogie o dai contrasti tematici, stilistici e compositivi.

Passaggi paesaggi, Fondazione AGO, exhibition view | ph. Rolando Paolo Guerzoni
Paola De Pietri, To Face 02 dalla serie “To Face”, 2009, Stampa inkjet 1080 x 1355 mm | © l’artista, courtesy Fondazione di Modena – Fondazione Ago

Si parte con la fotografia di paesaggi naturali, che dai connotati tipici del vedutismo pittorico del Settecento e dell’Ottocento trova una sua via a partire dal secondo dopoguerra nella direzione di un’attenzione rinnovata verso il rapporto tra uomo e territorio. Nei celebri scatti di Mario Giacomelli della serie Presa di coscienza sulla natura il paesaggio agricolo marchigiano, ripreso dall’alto, mostra le solcature ritmiche dei campi coltivati, rese astratte dal contrasto chiaroscurale. Sono dei bambini che giocano ad abitare, nello scatto di Enzo Obiso, un’altra veduta dall’alto, stavolta di una zona desertica dell’India. In alcuni casi la natura sembra reagire alla sottomissione antropica: in uno scatto dalla Route 66 di Paolo Simonazzi un distributore di benzina è stato colonizzato dalle frasche di un arbusto. Aperti a perdita d’occhio sono i paesaggi di Franco Fontana, l’uno giocato sui toni sfumati del verde, l’altro solcato dallo spicchio giallo saturo di un campo, mentre Giuseppe Zagaglia dà pieno respiro al cielo terso degli Stati Uniti. Al contrario Luca Andreoni e Antonio Biasiucci si incuneano rispettivamente negli anfratti rocciosi degli orridi e dei canali artificiali o negli abissi dei vulcani del Sud Italia. La calma piatta del mare in un bianco e nero fuori fuoco di Giampietro Agostini risuona con la foto di Jacopo Valentini, in cui la sommità della Pietra di Bismantova è divenuta un’isola avvolta da una distesa infinita di nuvole. Sulla parete di fondo della sala si staglia una serie di “finestre” sul verde apparentemente più selvaggio: nel caso di Paola De Pietri, il bosco alpino tra Italia e Austria cela però le cicatrici degli scontri della Prima Guerra Mondiale – trincee, rifugi sotterranei, crateri di esplosioni – ormai inghiottite dalla natura. Sulla parete adiacente, ecco un altro territorio che ha sepolto i propri traumi, interpretato dallo sguardo di Luca Campigotto: un sito della città di Yazd, in Iran, in cui erano portati i defunti, che è diventato una pista sterrata da motocross.

Passaggi paesaggi, Fondazione AGO, exhibition view | ph. Rolando Paolo Guerzoni
Gabriele Basilico, Milano, 1982, Stampa alla gelatina bromuro d’argento, 306 x 404 mm | © l’artista, courtesy Comune di Modena, Collezione Galleria Civica, fondo Franco Fontana – Fondazione Ago

Accanto, un trittico in verticale di Walter Niedermayr che restituisce per frammenti la monumentalità del Ghiacciaio dei Bossons è l’ultimo scorcio sulla natura incontaminata, prima di passare alla sezione successiva in cui l’obiettivo si annida nelle periferie delle città, a indagare impronte di quotidiano, la stasi e il mutamento degli organismi urbani. È il tetto di una casa che fa capolino al margine di una strada di campagna – una foto di Vittore Fossati pubblicata in Viaggio in Italia (1984) –  a introdurre la sezione, che mette in sequenza una serie di scatti notturni di Fulvio Ventura, Andrea Botto e Olivo Barbieri (un campo, un cantiere ferroviario, un parco di Modena), che lasciano poi il posto a vedute di zone periferiche assiepate di rifiuti (Guido Guidi) e di un albergo nell’isola di Kos abbandonato dopo essere divenuto luogo temporaneo di accoglienza per profughi (Antonio Fortugno). Sotto, una serie di piantine in vasetto poste di fronte ad una saracinesca verdognola e a un muro giallo ocra si rende subito riconoscibile come un’immagine tratta da Colazione sull’erba, la serie dedicata tra 1972 e 1974 da Luigi Ghirri a scorci nascosti di verde urbano. Un’altra foto di Ghirri mostra in lontananza il Cimitero Nuovo San Cataldo di Modena di Aldo Rossi in costruzione da un punto di vista inusuale, vale a dire una via residenziale non ancora chiusa alla sua terminazione dagli edifici del complesso. È il prologo ad una serie di immagini che tratteggiano i lineamenti delle periferie di varie città: gli edifici residenziali di Milano fissati da Andreoni e Fortugno, il tessuto urbano disomogeneo e popolato da cartelloni pubblicitari della cittadina spagnola di Benidorm di Francesco Jodice, il cantiere del porto di Bilbao di Gabriele Basilico. Poco più avanti, si impone sulla parete la sequenza dei venti piccoli elementi che compongono 21st Century Bird Watching (2016) di Irene Fenara, in cui è costantemente inquadrato un palo che regge una telecamera di sorveglianza, sul quale si appollaiano uccelli di vario tipo, suggerendo un parallelismo tra la pratica hobbystica del bird watching e la costante sorveglianza a cui gli individui sono soggetti nelle città contemporanee, tema centrale nella pratica dell’artista. Fa eco a questo mosaico di istantanee il dittico sottostante di Barbieri, in cui dalla veduta dall’alto della città di Modena, sulla sinistra, si passa ad una foto sfocata di una famiglia di origini straniere – si possono desumere soltanto il colore olivastro della pelle e il velo della donna – nell’atto di attraversare una strada, ignari di essere osservati.

Francesco Jodice, What We Want, Benidorm, T11, 2000, Stampa inkjet, 1000 x 1275 mm | © l’artista, courtesy Fondazione di Modena – Fondazione Ago
Passaggi paesaggi, Fondazione AGO, exhibition view | ph. Rolando Paolo Guerzoni

Ed è proprio questo zoom-in dalla dimensione della città alla scala umana che introduce la sezione successiva della mostra, che senza soluzione di continuità va a soffermarsi sui volti di coloro che abitano quei paesaggi urbani finora visti da lontano, a partire dalle indagini tra sociologia e antropologia sugli zingari a Palermo di Gianni Berengo Gardin o sulle famiglie del Sud Italia di Mario Cresci; oppure, ancora più ravvicinati, i particolari di Biasiucci delle parti del corpo che i migranti devono mostrare per la propria identificazione e la profilassi sanitaria una volta giunti nei campi profughi dell’isola greca di Chio. Numerose sono anche le foto dal set dei film di Fellini (Emilio Lari) e Antonioni (Enrico Appetito), o fotografie che colgono attori celebri in momenti di vita quotidiana (Marcello Geppetti, Angelo R. Turetta). Se nelle vere foto dei set la costruzione scenica poi tradotta in pellicola si annulla nella spontaneità di un dietro le quinte, il gioco si ribalta nella fotografia dalla serie Attraverso la finestra (2008) di Giorgio Barrera, in cui una situazione apparentemente naturale all’interno di un palazzo viene catturata voyeuristicamente dall’esterno, ma mediante l’ausilio di un’illuminazione da studio che la fa percepire come un set cinematografico e che ne svela in definitiva l’artificio. Interessante poi la presenza di scatti di documentazione delle fasi di preparazione di interventi artistici ambientali o performativi: il Calco in cera dello spazio tra due rami di un albero di Mario Merz attraverso l’obiettivo di Paolo Mussat Sartor, lo scatto del contatore digitale di persone di Maurizio Mochetti osservato da Giorgio Colombo, una performance di Alighiero Giuseppetti immortalata da Claudio Abate, o ancora l’Autoritratto tra le rovine di Salvo colto da Paolo Pellion di Persano.

Gianni Berengo Gardin, senza titolo, dalla serie “Zingari a Palermo”, 1995, Stampa alla gelatina bromuro d’argento, 305 x 404 mm | © l’artista, courtesy Comune di Modena, Collezione Galleria Civica – Fondazione Ago
Passaggi paesaggi, Fondazione AGO, exhibition view | ph. Rolando Paolo Guerzoni

Si giunge infine all’ultima sezione della mostra, dedicata ai “paesaggi dell’immaginario”. Ritorna Ghirri, con un celebre scorcio del mare da Villa San Michele, a Capri, che vede una sfinge egizia, colta di spalle, rimirare l’orizzonte a perdita d’occhio. E un nudo di donna in bianco e nero di Giacomelli, inquadrato di sbieco, senza volto, che sembra una creatura arenata su una spiaggia. In L’orizzonte degli eventi (2014) di Paola Pasquaretta una gamba e poi un bracco che impugna una mattonella esagonale fuoriescono misteriosamente da un foro praticato in un muro, il quale mette in correlazione gli ambienti dismessi di due edifici adiacenti, abitati da un essere femmineo senza volto. Rachele Maistrello trasporta sull’isola deserta di San Secondo, nella laguna di Venezia, dei cartonati di un lupo e di una testa di statua classica, che, opportunamente inquadrati, materializzano una realtà onirica. Uno dei tanti rimandi da una sezione all’altra che si rincorrono nella mostra è la serie di immagini della serie Cicatrici di Valentina Sommariva, che, come rispondendo alla ricerca già citata di Paola De Pietri delle ferite semi-occultate dalla boscaglia del territorio delle Alpi italo-austriache martoriate dalla guerra, riempie con poliuretano espanso una fenditura provocata dal sisma di Amatrice e ne estrae una scultura di quattro metri di lunghezza. Un fumogeno color acquamarina si sprigiona dalle acque di un laghetto (Filippo Minelli), e l’interno di un edificio in ristrutturazione è reso impalpabile e gassoso dalla sovraesposizione della luce che entra dalle finestre (Luca Gilli). Una scultura di rami secchi (Laura Renna) si accompagna ad una “natura morta” composta da detriti di palazzi demoliti di San Paolo del Brasile (Marco Maria Zanin). E infine Fabrizio Ceccardi dà accesso ad una “stanza segreta”, del cui arredo spartano poco è dato vedere per via dell’inquadratura ribassata e ravvicinata, e viene da chiedersi se il dettaglio – giustapposto sulla stessa parete – della trapunta coloratissima di Marco Scozzaro, fotografata frontalmente come se fosse un dipinto immaginifico, proviene dalla stessa dimensione occulta.

Cover: Rachele Maistrello, The island, 2016, C-print montata su forex, 500 x 700 mm | © l’artista, courtesy Comune di Modena, Collezione Galleria Civica – Fondazione Ago

Passaggi paesaggi, Fondazione AGO, exhibition view | ph. Rolando Paolo Guerzoni
Marco Scozzaro, Blanketto, 2015 (2021), Stampa inkjet ai pigmenti montata su acrilico fluorescente, 1020 x 816 mm | © l’artista, courtesy Comune di Modena, collezione Galleria Civica – Fondazione Ago