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Palomar | Dimora Artica

[nemus_slider id=”57457″] “Il mare è appena increspato e piccole onde battono sulla riva sabbiosa. Il signor Palomar è in piedi sulla riva e guarda un’onda. Non che egli sia assorto nella contemplazione delle onde. Non è assorto, perché sa bene...

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“Il mare è appena increspato e piccole onde battono sulla riva sabbiosa. Il signor Palomar è in piedi sulla riva e guarda un’onda. Non che egli sia assorto nella contemplazione delle onde. Non è assorto, perché sa bene quello che fa: vuole guardare un’onda e la guarda. Non sta contemplando, perché per la contemplazione ci vuole un temperamento adatto, uno stato d’animo adatto e un concorso di circostanze esterne adatto. […]  Palomar non si perde d’animo e a ogni momento crede d’esser riuscito a vedere tutto quello che poteva vedere dal suo punto d’osservazione, ma poi salta fuori sempre qualcosa di cui non aveva tenuto conto. Se non fosse per questa sua impazienza di raggiungere un risultato completo e definitivo della sua operazione visiva, il guardare le onde sarebbe per lui un esercizio molto riposante e potrebbe salvarlo dalla nevrastenia, dall’infarto e dall’ulcera gastrica. E forse potrebbe essere la chiave per padroneggiare la complessità del mondo riducendola al meccanismo più semplice.”

Palomar, Italo Calvino, 1983

Le tematiche affrontate attraverso Palomar, ultima mostra della stagione di Dimora Artica, a Milano, ruotano attorno alla riflessione, a tratti pessimistica, portata avanti da Italo Calvino sui limiti della visione e della conoscenza.  Palomar, protagonista dell’omonimo romanzo, è una sorta di alter-ego di Calvino, il cui nome è ispirato dall’osservatorio astronomico di Monte Palomar, dove si trova il famoso telescopio Hale. Il protagonista del romanzo, attraverso l’osservazione del mondo che lo circonda cerca di definire e conoscere nel dettaglio ciò che si offre al suo sguardo. Palomar si rende subito conto della difficoltà insita in tale attività e comprende di essere impossibilitato a fare una sintesi di una realtà che risulta estremamente complessa.

È a partire da questa riflessione che i quattro artisti in mostra (fino al 16/07), Federica Di Carlo, Monica Mazzone, Lorenzo Casali e Patrizia Emma Scialpi, presentano i loro risultati d’indagine sulle dinamiche dell’esperienza visiva, da intendersi alla stregua di frammenti e appunti visivi. Ognuno di loro con diversi parametri, approcci e linguaggi, medita sul concetto di visione e cerca di dare forma a immagini e suggestioni visive che risultino slegate da ogni tipo di elemento narrativo.

Federica Di Carlo si appropria del frammento di un aforisma del filosofo Arthur Schopenauer: “Ognuno prende i limiti del suo campo visivo per i confini del mondo.” (Parerga e paralipomena, 1851). La citazione è esibita nella forma di una lunga scritta cromata e splendente,  quasi fosse il manifesto della mostra. L’artista, facendo sua la riflessione del filosofo, trasforma la frase in un metaforico raggio di luce che entra di scorcio dalla finestra, nascondendosi dietro un ostacolo architettonico. Non a caso la finestra tenuta parzialmente aperta dello spazio espositivo, si offre come se fosse essa stessa una sorta di testimonianza della luce, ovvero, di ciò che ci permette di vedere il mondo, ed è così che un raggio di luce entra nella stanza e va a coincidere e a sovrapporsi mimetizzandosi nella scritta argentata.

IL MINIMO3 di Monica Mazzone, si configura come una risposta oggettuale e concreta alla domanda posta dall’artista: «Quale è il gesto minimo possibile che posso fare per creare un’immagine?» A cui risponde molto semplicemente con «Un punto su di una superficie». Il risultato è una scultura in acciaio prodotta tramite una serie di procedimenti che mandano in tilt il software per il disegno 3D, creando un oggetto prodotto da un errore di natura tecnologica. L’artista usa il programma digitale alla stregua di una superficie bidimensionale e disegna degli assi cartesiani che risultano indecifrabili al programma,   poiché non possiede le coordinate necessarie alla creazione di un 3D. L’ellisse e le iperboli generate vengono in un secondo momento utilizzate per creare degli “Oggetti-immagine”, che andrebbero a dimostrare l’affermazione dell’artista, secondo cui: «Il gesto Minimo non è sottrazione, bensì addizione intellettuale e pratica di  “tutte le cose”, che in definitiva sono sovrapposte fino alla totale adiacenza e continuità. IL MINIMO, dunque, è inteso come lo Spazio che gravita attorno ad un Punto, in cui la sottrazione è la finalizzazione dell’atto stesso: la sintesi del gesto».

L’opera di Lorenzo Casali Intonaco#1, sposta la riflessione sull’esperienza visiva in un altro campo. Sulla parete centrale dello spazio l’artista colloca una porzione di intonaco estratto da una parete: qui sono visibili le sovrapposizioni di pittura lasciate nel tempo come se fossero delle scatole temporali. La visione si fonde con l’esperienza vissuta e con la memoria, come se il guardare fosse prima di tutto un’operazione mnemonica e ciò che vediamo non è esattamente e solamente ciò che guardiamo nel  suo presentarsi in modo diretto e immediato alla nostra percezione. L’operazione di Casali è estremamente poetica, i colori opachi e tenui, tipicamente domestici, della parete, ricordano i toni di certe tavolozze di Morandi.

Patrizia Emma Scialpi, ideatrice della mostra, espone Linvasione, una serie di fotografie che immortalano le partenze dei razzi e alcune immagini relative a lontani pianeti e eclissi lunari.  Le stampe fotografiche sono incastonate in una scatola porta vinili, che ne rende visibile pagina per pagina una porzione circolare: degli oblò che rimandando al viaggio come allo forma stessa dei pianeti e delle lenti con cui si osservano, creando una sorta di piccolo diorama, uno scorcio di  paesaggio. L’artista fa della partenza l’incipit della visione e della scoperta, sottolineando in questo modo l’intenzionalità insita nello sguardo. Questo lavoro trova il suo pendant che lo completa in una traccia audio di campionature di suoni prodotti dai razzi nell’istante della loro partenza.

Monica Mazzone,   IL MINIMO,   2015-2016,   scultura in alluminio e disegno
Monica Mazzone, IL MINIMO, 2015-2016, scultura in alluminio e disegno
Lorenzo Casali,   time capsule 2008-2010,   10x30x30cm. polvere,   pittura murale,   legno,   vetro
Lorenzo Casali, time capsule 2008-2010, 10x30x30cm. polvere, pittura murale, legno, vetro
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