L’identità della persona che indossa la testa viene celata, ci si può riparare dietro (e dentro) l’identità della figura rappresentata. In fondo recitando con le teste, non ci si espone tanto, ci si espone parzialmente, con il proprio corpo ma non con il volto.
Dipinte in orizzontale, le carte non hanno un centro o una periferia, non sono uno spazio delimitato dentro al quale il disegno divide e circoscrive una forma; esse sono, invece, uno spazio unico limitato soltanto dalla dimensione stessa dell’opera.
“…di solito preferisco il non detto, l’allusione e l’implicito; tocchi delicati da parte di elementi naturali e ombre, baci e contatti inesistenti o impercettibili. Mi piace stare in bilico, né di qua né di là, presentando immagini che solo un pizzico di malizia sa risolvere: non dichiarando, le cose mi sembrano sempre funzionare.”
Il punto archimedico del progetto sono la differenza e la ripetizione giocate tramite l’espediente della copia secondo quel concetto fornito all’arte da Duchamp chiamato “infrasottile”.
Spesso penso al mio lavoro come a un gioco le cui regole consistono nel rintracciare le cicatrici e gli effetti collaterali di una città nevrotica.
Dopo la fine del progetto Discipula, lavorare con la musica ha rappresentato per me non solo un percorso di studio
Nel mio lavoro, mi capita spesso di attingere dall’imaging biomedico. I dispositivi che permettono di guardare il corpo al suo interno, eludendone l’opacità, generano immagini perturbanti quanto attraenti.
Esattamente un anno fa in Uruguay ho realizzato uno degli interventi a cui tengo di più: Para Ovejas.La didascalia recitava
Per quanto tempo l’uomo ha perseverato nell’errore prima di stabilire un significato delle azioni? Nel 2017 ho realizzato l’opera “Qualcosa
Questo quadro è nato osservando un limone e pensando al mio letto e porta il titolo di “Risveglio con Limoni”.
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