Nel pomeriggio di venerdì 24 giugno tre grandi tavoli-tavolozza hanno occupato la piazzetta antistante all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Su di essi, farina, uova e acqua, pronti ad essere impastati in libertà da chiunque avesse voglia di cimentarsi in un’attività corale e conviviale. Workshop Pasta è un progetto laboratoriale, giunto quest’anno alla sua terza iterazione, a cura di Sissi (Daniela Olivieri, Bologna, 1977) e Christian Holstad (Anaheim, California, 1972), con la collaborazione di studentesse e studenti dei Bienni di Scultura, Scenografia e Didattica dell’arte e mediazione culturale del patrimonio artistico, con cui i due insegnanti hanno svolto un percorso della durata di un mese e mezzo per aiutarli a sviluppare idee personali su come approcciarsi al processo creativo. Il laboratorio, aperto al pubblico, si inserisce nel progetto RiparAzioni – rielaborare ad arte, connesso a PON Metro 14-20 (Programma Operativo Nazionale Città Metropolitane) per il Comune di Bologna, finanziato dall’Unione Europea e dedicato allo sviluppo urbano sostenibile. Uno degli scopi principali del PON Metro, la promozione di una maggiore consapevolezza nei confronti dei problemi di emarginazione sociale dei centri cittadini, ha trovato una perfetta risposta nell’attività laboratoriale, che non a caso si è svolta in un luogo spesso attraversato da fenomeni di marginalità e che mirava pertanto a coinvolgere anche le fasce più fragili della comunità, accanto ad insegnanti, studenti e semplici passanti.
Oltre alle materie prime più essenziali, erano a disposizione anche vari strumenti, tra cui stampi e trafile, che permettevano di dare libero gioco alla propria creatività culinaria per creare vere e proprie opere d’arte commestibili.
Il medium atipico poteva essere interpretato, in base ai gusti, in modo più pittorico, dato che erano disponibili anche spezie come la curcuma da mescolare al composto per modificarne il colore, o scultoreo, perché niente impediva di modellare l’impasto come argilla al fine di ottenere forme interessanti. I prodotti della lavorazione erano disposti su alcuni espositori e gli autori, artisti improvvisati, erano poi liberi di portarseli a casa.
Sissi, interpellata nel clou dell’attività, ha commentato: «La pasta in Italia è basic knowledge, una conoscenza che vive dentro di noi e che bisogna risvegliare. La pasta permette di ritrovare un rapporto con l’origine, col gusto e col sapore. È un modo per prendere coscienza delle nostre origini, ma è anche un momento di piacere e di divertimento, uno stimolo alla convivialità e al creare comunità. L’idea è che, impastando, le persone possono ritrovare e conoscere se stesse, perché la creatività si lega a momenti di introspezione. Attraverso attività lontane dal nobile approccio dei materiali dell’arte si possono scoprire nuove modalità di disimpegno della fantasia, che è libera di produrre qualcosa di inaspettato».
E inaspettato è stato infatti trovare in bella vista, al termine del pomeriggio, degli anelli di pasta intrecciati a formare catenelle, un centrotavola rotondo a decoro geometrico con tanto di nappe lungo il perimetro, ma soprattutto una serie di piccole rose lasciate un po’ in disparte: una strana varietà che a quanto pare cresce solo in una piazzetta bolognese, in periodi di atmosfera conviviale.