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On Love all’Istituto Svizzero, Roma

On Love, curata all’Istituto Svizzero di Roma da Gioia Dal Molin, con opere e interventi di Sabian Baumann, Zheng Bo, Leda Bourgogne, Giulia Crispiani, Soñ Gweha, Jeanne Jacob, Marta Margnetti, Tomás Paula Marques riunisce otto artisti che esplorano il concetto...
Jeanne Jacob, Taking care, 2021. Oil on canvas 170 × 140 × 4,5 cm Jeanne Jacob, La grande danse, 2022. Oil, acrylic and graphite on canvas 180 × 150 × 2 cm © Daniele Molajoli
Leda Bourgogne, Asylum, 2023. Acrylic on canvas 191 × 125 × 3 cm

Leda Bourgogne, Windmills of Your Mind, 2022. Bleach, spray paint, yam, mesh, jersey, velvet 62 × 53 × 2 cm Leda Bourgogne, Masochist, 2018. Bleach on velvet, thread, belts 195 × 130 × 2,7 cm © Daniele Molajoli

In “Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto” – titolo dell’edizione italiana del 2019 del saggio “Staying with the Trouble. Making Kin in the Chtulucene”, del 2016 – Donna Haraway ci racconta della “natura” interfacciale dei corpi, della loro viscerale tensione tentacolare che, non fermandosi al puro strato epidermico, è in grado di creare connessioni, making kin, fare rete, andando finalmente a dissipare quel concetto di “corpo integro” sacrale che ha ormai finito col fallire miseramente. Attraverso il superamento del confine tra organico e macchinico, umano e animale, materiale e informazionale, Haraway ci fornisce una nuova concezione del corpo cibernetico, connesso, fatto di legami, non eteronormato. I pensieri femminista e transfemminista hanno fornito un incredibile avanzamento nella storia degli studi, dotandoci di una ampia gamma di strumenti e chiavi di lettura, certamente in grado di risemantizzare ampliando le narrazioni, incentivando un pluralismo di approcci e storie di cui neppure la storia dell’arte può più fare a meno. Grazie a questa nuova attenzione verso un pensiero anti-universalistico e diramato siamo oggi in grado di aprire nuovi sentieri e di tracciare semantiche rinnovate.
Cosa significa dunque riflettere sull’amore come gesto che può nutrire azioni politiche? La collettiva On Love, curata all’Istituto Svizzero di Roma da Gioia Dal Molin, con opere e interventi di Sabian Baumann, Zheng Bo, Leda Bourgogne, Giulia Crispiani, Soñ Gweha, Jeanne Jacob, Marta Margnetti, Tomás Paula Marques riunisce otto artist* che esplorano il concetto di amore in maniera trasversale. La mostra attinge a conversazioni, riflessioni e letture degli ultimi anni, inclusi gli scritti di autori e pensatori come bell hooks, Ursula K. Le Guin o Donna Haraway, con l’obiettivo di condividere idee sulla natura complessa dell’amore, riconoscendo le sue molteplici forme che vanno oltre la visione tradizionale delle relazioni romantiche eterosessuali. Superando il personalismo dell’esperienza sentimentale, la mostra sottolinea come l’amore possa assumere un potenziale generativo in grado di risuonare attraverso le proprie implicazioni sociali e politiche. In un momento profondamente incerto, attraversato da turbamenti storici profondi, On Love indaga la possibilità di un superamento dei binarismi che insorgono prepotentemente nelle dinamiche patriarcali in cui molto spesso ci troviamo a essere confinati. In questo aspetto, per esempio, risiede quella tensione al superamento delle dinamiche cosiddette “naturali” che hanno a che fare non soltanto con l’amore, ma anche e più profondamente con le relazioni, da intendersi come rapporti interspecie, oltre e contro la logica del capitalismo sfrenato. 

Sabian Baumann, Signes et Sentiments, 2021. Unfired clay, jute cord, metal clamps © Daniele Molajoli

Come scrive Gioia Dal Molin nel testo curatoriale «[…] Dal punto di vista etimologico, il termine “cura” deriva dal latino “curare”, che significa anche guarire o nutrire. Sapendo bene che il sostantivo “curatore” un tempo si riferiva alla persona che si occupava di una collezione d’arte, posso anche stravolgerne l’etimologia e applicarlo direttamente a una pratica contemporanea: la curatela, dunque, come modo condiviso di pensare e lavorare, ascoltare e prendersi vicendevolmente cura. Anche nella comunità temporanea di un progetto espositivo e soprattutto nel mondo a volte duro e competitivo dell’arte contemporanea. In un contesto più ampio, On Love è anche una riflessione su possibili forme alternative di narrazione. Come si può raccontare la storia dell’amore in modo diverso? Quali mondi emergono quando raccontiamo storie alternative, quando pensiamo all’amore in modo più aperto, quando lo estendiamo alle reti di cura, quando includiamo le amicizie e le relazioni tra tutti i tipi di specie?». Raccontare narrazioni alternative significa quindi spostare il baricentro, assumere un posizionamento che nello strabismo trovi un canale preferenziale entro cui dare forma a un pensiero incarnato, a un pensiero che sia anche indizio di una postura ben precisa. 

Quattro dipinti a olio di Jeanne Jacob – La grande danse, Taking care, French kiss e Falling in love – aprono la mostra presentando un insieme di figure dalla sessualità ambigua che confluiscono le une nelle altre. Nei dipinti di Jacob – che esplora il tema dell’amore da una prospettiva queer-femminista – l’aspetto trasformativo, e di cambiamento metamorfico, è di per sé implicito nei soggetti scelti, integrandosi con essi e con le loro rappresentazioni. L’installazione Secret Love Stories/storie segrete, di Giulia Crispiani, mostra, all’interno di una teca, due libri e alcune lettere d’amore. Il personaggio d’invenzione creato dall’artista raccoglie storie d’amore reali, ma destinate a rimanere segrete. Destinatari e fonti rimangono preclusi, pur tuttavia risulta impossibile non provare una spontanea attrazione per quelle storie e quelle parole. The Quiet Storm is a Lovation è invece l’opera multisensoriale di Soñ Gweha collocata nel giardino d’inverno: a partire da questo spazio, l’artista inverte la gerarchia tra interno ed esterno, inondando l’ambiente di luce magenta, punteggiando l’aria di profumo di citronella e cannella, attivando sonorità che tengono insieme personale e politico, individuale e collettivo. Le videoinstallazioni Le sacre du printemps e Pseudocopulation di Zheng Bo rimandano alle relazioni interspecie dimostrando come le interazioni sessuali legate unicamente a scopi riproduttivi siano null’altro che sovrastrutture politiche. Sabian Baumann è presente in mostra con il disegno Seepferdchens Alptraum–oder sexuelle Obsession (in deutsch) [L’incubo del cavalluccio marino – o l’ossessione sessuale (in tedesco)], e con l’installazione Signes et Sentiments, in cui le mani, distese o strette in un pugno, modellate in argilla cruda e a grandezza naturale, raccontano di atti di accoglienza e ribellione. In entrambe le opere, Baumann affronta il tema dell’identità di genere nel linguaggio, e nel farlo pone in continuità piani diversi, interpolandoli. Come spiega Dal Molin, «Sabian ha concepito l’opera nel 2021 nel contesto della pandemia e del lockdown.

Leda Bourgogne, Cataclysm, 2021. Silk chiffon, cotton wool, mesh fabric, jersey, velvet
210 × 160 × 3 cm
 Leda Bourgogne, Butterfly Effect, 2022. Water thinned acrylic paint, soft gel gloss, bleach, velvet, lining fabric, zipper, thread, varnish 210 × 160 × 3 cm © Daniele Molajoli
Marta Margnetti, Una gerla una saccoccia una cavagna uno stomaco una manciata un rammendo, 2024. Iron, ceramic, linen twine, flora ca. 220 × 30 × 180 cm  © Daniele Molajoli

Mentre gli incontri in presenza e i contatti fisici venivano limitati in modo massiccio (e in Italia la famiglia nucleare veniva dichiarata nucleo di possibile aggregazione, con tutte le conseguenze discriminatorie del caso per le persone che non vivono in questo tipo di struttura), si è formato nelle strade deserte il movimento Black Live Matters, sospinto dalla rabbia per la violenza razzista della polizia. In un contesto più ampio, Signes et Sentiments mi richiama alla mente l’importantissimo legame tra amore e attivismo politico. In altre parole, il lavoro politico attinge dalle reti di cura e dalla gioia e dal piacere di fare». Against conquering/Contro la conquista diGiulia Crispiani viene raffrontata, nello spazio antistante la grande scala centrale, ad Untitled di Sabian Baumann: quattro opere in tessuto ricamato ricordano le bandane della cultura biker in un omaggio a Kathy Acker che riflette sul presente e sull’amore come atto politico. 
Butterfly Effect, Cataclysm, Masochist, Windmills of Your Mind, Asylum sono i titoli delle cinque opere diLeda Bourgogne composte da diversi tessuti e da un dipinto acrilico. Butterfly Effect, Cataclysm, Masochist, Windmills of Your Mind ricordano la pelle e le strutture organiche – composti come sono di tessuti assemblati con cerniere o cinture. Per Bourgogne, il gesto di tenere insieme e cucire rappresenta un gesto di cura, un modo per raccontare storie attraverso cui le ferite possono essere risanate e le esperienze di perdita tenute insieme. Asylum nasce invece dall’interesse per l’attrice Maria Schneider, attraverso la quale Bourgogne traspone in pittura l’esperienza di vita, e la storia queer, di una figura iconica. Sei sculture in ceramica a forma di borsa compongono invece l’installazione di Marta Margnetti, Una gerla una saccoccia una cavagna uno stomaco una manciata un rammendo, ispirata a The Carrier Bag Theory of Fiction di Ursula K. Le Guin, un saggio che apre verso una terra ignota dove le possibilità dell’esperienza e della conoscenza umana possono essere riscoperte.
Il cortometraggio Dildotectónica di Tomás Paula Marques chiude la mostra intrecciando due storie: quella di Rebeca, che realizza dei dildo in ceramica mettendo in discussione le forme falliche, e quindi le forme tradizionali dei sex toys eteronormativi; e la storia di Josefa e Maria, due laiche che hanno trascorso la loro vita in clausura all’interno di un istituto religioso e legate tra loro da un amore all’epoca proibito. 
“Amare è il compito di tutte le relazioni significative, non solo dei legami romantici”: in All About Love (1999) bell hooks offre nuovi modi radicali di pensare all’amore mostrando la sua interconnessione nella nostra vita privata e in quella pubblica. È da questa prospettiva che la collettiva On Love suggerisce un ripensamento dell’amor proprio (in senso narcisistico) e nel farlo guarda alla possibilità di ampliare i confini delle narrazioni prestabilite attraverso l’arte, la scrittura, la riflessione condivisa.