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Notte oscura. Pauline Curnier Jardin, Victor Man, Miltos Manetas | Fondazione Memmo, Roma

E questa mi guidava, più sicura del sole a mezzogiorno, là dove mi aspettava chi ben io conoscea, in un luogo ove nessuno si vedea: Giovanni della Croce (1542-1591) scrive queste parole all’interno della poesia Notte oscura dell’anima quando, ormai in fin di vita, si sofferma a raccontare la propria esperienza mistica durante le estasi […]

Fondazione Memmo – Libro Scritti San Giovanni Della Croce – Foto Daniele Molajoli
Fondazione Memmo – Installation View – Pauline Curnier Jardin – Foto Daniele Molajoli

E questa mi guidava, più sicura del sole a mezzogiorno, là dove mi aspettava chi ben io conoscea, in un luogo ove nessuno si vedea: Giovanni della Croce (1542-1591) scrive queste parole all’interno della poesia Notte oscura dell’anima quando, ormai in fin di vita, si sofferma a raccontare la propria esperienza mistica durante le estasi notturne in cui l’oscurità diviene l’archetipo degli ostacoli e della lotta necessaria da ingaggiare per abbandonare il tiepido legame con il mondo sensibile in vista del ricongiungimento a Dio.
Opere spirituali del beato padre F. Giovanni della Croce nelle quali s’insegna la vera strada che conduce l’anima alla perfetta e soave unione con Dio è un volume a stampa del 1707 che, attraverso il prestito della Biblioteca Olivetana di Pesaro, costituisce in mostra un’intersezione importante per introdurre il dialogo a tre voci che Marcello Smarrelli ha orchestrato per l’ottava parte di Conversation piece alla Fondazione Memmo. Come chiarisce il testo di accompagnamento alla mostra “la notte, come metafora, si adatta perfettamente anche a Roma e alla sua storia millenaria” in cui l’ambivalenza e l’alternanza tra luce e ombra, tra maestosità e oscurità ha per secoli influenzato – e continua tutt’ora a farlo – coloro che intendono intraprendere un viaggio ideale tra le viscere della città e della sua storia, arrivando a “considerare il buio come un fattore d’ispirazione e creatività, controparte necessaria dell’illuminazione”.
Non si tratta dunque soltanto della mutuazione di un tema e di un soggetto attorno ai quali ordinare un percorso, ma si tratta, specialmente, di poter odorare una specifica sensibilità verso qualcosa che appare sfuggente, perturbante, imperscrutabile, come d’altronde imperscrutabile è la nostra personale attitudine al confronto con una spiritualità mai data per intero. 
I tre artisti coinvolti – Pauline Curnier Jardin, Victor Man, Miltos Manetas – si confrontano con il tema della notte dando corpo a una visione contemporanea, o ultra-contemporanea, del rapporto, personale e collettivo, con un orizzonte spirituale sempre proteso tra una doppia anima, profondamente laica ma anche sensibilmente legata alla trascendenza. Nel fare ciò gli artisti in mostra rivelano le specificità dei propri linguaggi espressivi, dialogando a distanza e inframezzando lo spazio con un’articolazione di senso che prende vita anche attraverso l’allestimento: distesa e solenne la sala che ospita i lavori di Victor Man; quinta scenica che apre a una nuova ritualità quella dello spazio animato dalle installazioni di Curnier Jardin; cavernosità ancestrale post-internet quella in cui Manetas dà vita a uno studio working progress. 

Fondazione Memmo – Installation View – Pauline Curnier Jardin – Foto Daniele Molajoli

Se idealmente Man e Curnier Jardin fanno irruzione nella notte mediando una dimensione crepuscolare che per Man si fa sintetica all’interno degli straordinari dipinti in mostra e per Curnier Jardin diviene quasi la messa in scena di un antico rituale legato al potere storico-folklorico e mnestico del femminile, con Manetas gli spazi acquistano l’aspetto di un ambiente rupestre in cui DALL-E, l’algoritmo di intelligenza artificiale in grado di generare immagini da descrizioni testuali, riesce a “disegnare un serpente che spiega internet a un cavallo”.
Nei sette dipinti in mostra di Victor Man le tinte scure introducono una visione introspettiva in cui l’immagine, filtrata dai dettagli e da punti di vista inusuali, innesca un cortocircuito visivo appagante e tensore, allo stesso tempo. Gli enigmi visivi di Man generano così una visione contemplativa, squarciata subitaneamente dal potente olio su tela Untitled (Adieu à Satan), un gigantesco tentativo di esorcizzare il male, cammeo apotropaico che guida l’osservatore. Pauline Curnier Jardin trasfigura lo spazio attraverso sei bassorilievi in ceramica smaltata e una installazione concepita per l’occasione, formata da una scultura sormontata da grossi ceri votivi e un disegno al soffitto realizzato attraverso un processo di combustione.
Dalle trümmerfrauen all’eco di una storia femminile attuale e rimossa, l’artista è in grado di attivare uno spazio scenico sacrale di nuovissima concezione. Miltos Manetas, infine, propone un progetto in situ, un #ManetasFloatingStudio in cui i pigmenti mescolati al sapone liquido ricoprono per intero le pareti della sala d’ingresso ricreando una “caverna contemporanea”, vero e proprio dispositivo di visione, un ambiente a metà tra reale e virtuale, accresciuto e implementato giorno dopo giorno dall’intervento diretto dell’artista. La proiezione di ManintheDark.com (2004), il proto-NFT sotto forma di sito web, mostra una figura umanoide che fluttua nell’oscurità: metafora della condizione umana di fronte alla conoscenza, racchiude idealmente in sé l’inesauribile viaggio attraverso la notte oscura.

Fondazione Memmo – Installation View – Victor Man – Foto Daniele Molajoli
Fondazione Memmo – Installation View – Victor Man – Foto Daniele Molajoli