Testo di Barbara Ruperti –
Oramai da anni siamo abituati a pensare il Sud come alla periferia del Paese. In continua rincorsa verso una prospettiva di fiduciosa ripartenza, il Mezzogiorno vive un insanabile rapporto di subalternità con le regioni del nord, considerate le uniche “trainanti” dell’economia italiana. La Puglia, con il suo patrimonio culturale e il ricco retaggio storico, affronta oggi le sfide di un territorio economicamente ai margini, segnato da una dilagante emigrazione verso il nord Italia. Un esodo che interessa soprattutto i giovani che, alla ricerca di opportunità di lavoro e un futuro migliore, decidono di lasciare la loro terra d’origine per trasferirsi verso le regioni settentrionali. Per alcuni restare è una scelta radicale. A molti altri non rimane che volare. Una meta cruciale dell’esodo generazionale dei giovani del Sud è Torino. Centro dinamico e promettente, la città sabauda richiama abitanti da tutta Italia alla ricerca di aspirazioni, opportunità occupazionali e di vivacità culturale. Ed è a Torino che si realizza Non rimane che volare | generazione a confronto 1988-1999, mostra di Osservatorio Futura a cura di Giuseppe Amedeo Arnesano, Francesca Disconzi e Federico Palumbo che mira a ripensare il Sud e a problematizzare la condizione del dispatrio degli artisti meridionali. Un’ipotesi espositiva che sembra riecheggiare quel “pensiero meridiano” con cui Franco Cassano intendeva restituire al sud l’antica dignità di soggetto del pensiero, interrompendo così una lunga sequenza in cui esso è stato pensato da altri.
Il titolo della mostra Non rimane che volare è ripreso da una citazione di Carmelo Bene avvenuta durante la conferenza stampa di un suo spettacolo al Teatro Piccinni di Bari. L’intento del breve virgolettato “è quello di rileggere, in chiave contemporanea, una narrazione tuttora attuale e che riguarda in particolare l’immaginario legato al Sud. Suggestione che si riflette in una condizione generazionale di quanti, nel corso degli anni, hanno sempre dovuto fare i conti con le opportunità e le difficoltà di un territorio non sempre favorevole alla Puglia e ai pugliesi.” (dal comunicato stampa della mostra). Tra le opere esposte Animaila Ch.Three (2023) di Gabriele Provenzano, la cui struttura riprende un’immagine tratta dal repertorio visivo del territorio pugliese. Un’immagine familiare, quindi, quella di due serpi nere trovate sul ciglio della strada. I corpi sventrati e ancora attorcigliati nell’atto dell’amplesso, offrono le viscere al sole. L’artista rievoca la reminiscenza di quel mortifero abbraccio trasfigurandolo in un involucro tubolare, penetrato da una sonda endoscopica che ne espone le interiora. Nel profondo della cavità, un muro in tufo chiaro ostruisce lo sguardo, ribaltando le superfici interna ed esterna in una sorta di metonimia visiva. L’oggetto trovato è qui sottratto alla dimensione accidentale ed esteso a metafora collettiva, incarnando il dramma di un’intera regione, per cui l’iniziale spinta propositiva a una fiduciosa ripartenza si scontra con l’asprezza di un territorio ostile alle nuove generazioni. La scultura di Marco Musarò, DconlaH (2023) rappresenta un mocio, simbolo dell’ambiente domestico e strumento impiegato dagli operatori del settore pubblico, armato di artigli che lo trattengono a terra, come a voler porre un ripensamento sul rapporto tra arte e lavoro. Accanto ad essa l’opera di Nicola Guastamacchia, La divisa militare di mio padre è ancora buona (2023) composta da una divisa militare anni ‘70, pazientemente stirata e riposta su un appendiabiti, scarponi lucidati e cappello. Un’installazione che racconta l’attuale aspirazione al lavoro nelle pubbliche amministrazioni che, oggi come ieri, rappresenta una delle uniche prospettive professionali per i giovani provenienti dalle regioni meridionali.
Gli artisti coinvolti nella mostra sono Grazia Amelia Bellitta, Matteo Coluccia, Gianni D’Urso, Nicola Guastamacchia, Ivana Pia Lorusso, Lorenzo Montinaro, Marco Musarò, Gabriele Mauro, Lorenza Ortells, Gabriele Provenzano, Domenico Ruccia, Rebecca Schiavone, Marco Vitale.
Non rimane che volare | generazione a confronto 1988-1999 è visitabile su appuntamento fino al 28 luglio 2023.