L’ultima domanda dell’intervista confluita nel libro Arte italiana del terzo millennio, edito da Mimesis nel 2013 e curato da Fulvio Chimento, poneva Andrea Chiesi di fronte la natura ‘rischiosa’dell’arte’ : a tal proposito l’artista rispose che sì, l’arte è “molto [rischiosa]. Ma ne vale la pena”. NATURA VINCIT, la personale che sancisce la riapertura degli spazi dell’ex Chiesa di San Paolo e della Sala delle Monache a Modena, ha molto a che fare, a mio parere, col grado di ‘rischio’ dell’arte. Non solo perché, come afferma Chimento, stavolta in veste di curatore della mostra, “il complesso di San Paolo […] si riconsegna allo sguardo del visitatore e del cittadino modenese dopo anni di oblio” – con un carico, evidentemente, di speranze e aspettative – ma anche perché nello stesso concetto di rischio è racchiuso il senso dell’arte di Chiesi, qui giunta, fra l’altro, a “un cambiamento importante”.
Già la superficie del suo lavoro proietta lo sguardo dentro intricate trame che raccontano della storia dei luoghi, del tempo e della memoria che insieme manifestano e custodiscono. Se poi i nostri occhi fossero in grado di andare oltre, bucando la superficie della tela, allora forse riusciremmo a cogliere questa natura ‘rischiosa’ della pittura di Chiesi.
Per Chimento è “tutto ciò che non si riesce a percepire nell’immediato osservando i suoi dipinti”; per Chiesi è la “velocità di esecuzione” – come spiega sempre nell’intervista prima evocata – l’unica capace di rispondere all’esplorazione di quei particolari luoghi. Sì, perché penetrare all’interno di edifici abbandonati comporta sempre un rischio: occorre essere rapidi, e forse anche un po’ spericolati. È per questo che la fotografia diviene la sua prima alleata, ed è in quei momenti che nasce, in fondo, la sua arte, prima ancora che nel suo studio.
L’adrenalina alimenta la curiosità, la curiosità lascia il posto alla contemplazione: l’equazione che, nell’ambito della sua pratica, dalla fotografia/performance porta alla pittura. Eschatos, ‘luoghi ultimi’, il sottotitolo che la accoglie in NATURA VINCIT, identificato dalla prima sala della mostra che coincide con l’ex Chiesa di San Paolo: dipinti realizzati nell’ultimo decennio individuano “alcuni luoghi topici della produzione di Chiesi [come] gazometri, fabbriche dismesse, cieli lividi”.
Si passa poi alla Sala delle Monache per accedere all’Anastasis, la ‘resurrezione’: è qui che si manifesta il cambiamento di cui dicevamo, con opere a inchiostro di china che mostrano una natura finalmente trionfante. È “la vitale caparbietà delle specie vegetali” che si oppone alla mano severa dell’uomo; è anche la vittoria della pittura, resistente agli urti di “un’era fortemente marcata dalla digitalizzazione dei linguaggi artistici”. Nella stessa sala, bacheche di vetro custodiscono l’atto finale del rinnovamento dell’arte di Chiesi: sono le Insulae, ‘isole’, corrispondenti alla terza sezione di lavori, nelle quali una serie di taccuini e di disegni su carta raffigura presenze e luoghi fuori dal tempo. È qui che l’ulteriore ‘rischio’ della sua pratica prende forma, con “il segno dell’artista [che] diviene [maggiormente] libero di muoversi”.
L’Osservatore non autorizzato ci invita a percorrere con lui Il cammino della rinascita – titoli rispettivamente dell’intervista del 2013 (in verità parzialmente pubblicata nel 2011 su teknemedia.net) e del saggio che accompagna NATURA VINCIT, due facce che vanno a comporre la stessa medaglia. La risolutezza di Chiesi è sempre la stessa, a testimonianza del fatto che sì, ne vale ancora la pena. Senza alcun dubbio.
Andrea Chiesi, NATURA VINCIT
A cura di Fulvio Chimento
Ex Chiesa di San Paolo e Sala delle Monache, Modena, via Selmi 63
Fino al 19 settembre 2021 (chiusura dal 02 al 26 agosto)