Testo di Benedetta Baini –
“No… Guarda! È cambiato. Non era così prima… Che cosa sta succedendo?” sono le parole citate dalla scrittrice e artista Alexandra Noel all’inizio del testo che introduce l’esposizione “Irrealis”, personale dell’artista americana Nancy Lupo (1983) presso la galleria VEDA a Firenze. Alexandra Noel racconta infatti di un testo in cui un anziano affetto da memoria a breve termine incarta e scarta un cioccolatino ripetutamente rimanendo ogni volta sorpreso, ed è proprio questa la sensazione che si prova quando ci si rapporta con le installazioni di Nancy Lupo: si entra in dimensioni familiari e allo stesso stranianti, in cui ciò che si riconosce acquista un’indipendenza di significato volubile a seconda del nostro sguardo.
Attraversando la mostra siamo avvolti da una sensazione onirica, un’atmosfera ignota, in cui oggetti quotidiani acquisiscono una nuova aura e identità: la luce esterna è filtrata dai pannelli scuri posti sulle finestre, creando all’interno della sala una penombra particolare scandita dai cinguettii registrati di alcuni uccelli, mentre l’occhio è attirato da una scatola che emana della luce, dando al contenitore l’impressione di essere un portale per un nuovo mondo, anche se in realtà al suo interno ci sono delle candele LED. Spostando lo sguardo davanti a noi si presentano invece sul pavimento spirali di corone dorate in plastica e carta che modulano lo spazio, allargandosi e restringendosi come se stessero dialogando fra loro animatamente, seppur a noi appaiono immobili e in silenzio.
Sostando per un po’ di tempo nello spazio, l’atmosfera si ammanta di famigliarità, vicina ai ricordi d’infanzia con la casualità del gioco nella disposizione dell’installazione, la spensieratezza nel canto degli uccelli e l’abbraccio affettuoso della penombra e della luce calda delle candele. A questa atmosfera, si intreccia un altro pensiero: siamo circondati da una tensione con gli oggetti presenti che ci destabilizza, una tensione che si crea tra la leggibilità di un oggetto che conosciamo e la inquietante ambiguità.
Le corone sono oggetti che per millenni sono stati utilizzati per rappresentare il potere e la gloria del singolo essere umano, pregni di significato e simbolismo che elevano chi li detiene, ma durante la visita questa subordinazione si spezza, rendendoci costretti ad assecondare i loro movimenti e forme, con una riappropriazione di potere da parte dell’oggetto stesso. All’interno della sala sono presenti anche i cosiddetti “tellers”, piccole strutture di origami in cartone che richiamano il gioco infantile di carta in cui, a seconda delle scelte e domande fatte, si ottiene una risposta: sono elementi ricorrenti nelle installazioni di Nancy Lupo, attirata dalla loro pratica simile alla divinazione, e dalla possibilità di poterli personalizzare con numeri o con rivestimenti diversi. Anche loro, da semplici origami di cartone, si trasformano nello spazio Veda in essenze autonome, corredate da fili da pesca iridescenti che li rendono simile a creature divinatorie che si muovono liberamente all’interno dello spazio.
Attraverso un sottile gioco di ambiguità e fascinazione, l’installazione di Lupo sembra opporsi alla canonica prospettiva interpretativa per rivendicare un’autonomia espressiva. Questo piccolo paesaggio regale, reclama un’espressione propria, indipendente, quello che l’artista chiama “scintillio”: un’essenza ipnotica ed attraente, ma inafferrabile e non codificata data la nostra abitudine di controllo sul mondo. Al ‘scintillio’ metaforico di Lupo, si intreccia la brillantezza tutta reale dei riflessi dorati delle corone e il loro riverbero sul pavimento che crea una delicata irradiazione di luce. Profili e silhouette richiamano le atmosfere a cui allude Alexandra Noel nel testo che accompagna la mostra, la cui portata dona all’installazione un’aura di miraggio.
In questo dialogo fra sogno e realtà, l’atmosfera si fa sospesa, surreale, accentuata dalla presenza di un buco nel muro: da questa apertura, che mette in comunicazione diversi ambienti della galleria, è possibile guardare un video dalla durata complessiva di sei ore in cui brucia un gruppo di candele, ricordandoci così lo scorrere dei minuti e permettendoci anche di osservare l’installazione dalla parete opposta in gran segreto, come se stessimo sbirciando dal buco della serratura, un po’ per curiosità, un po’ per non disturbare.