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Rabbit Inhabits the Moon | Nam June Paik al MAO di Torino

L'installazione "Rabbit Inhabits the Moon" del 1996 è il punto d’avvio di un dialogo tra antico e contemporaneo in un itinerario privo di cronologie fisse dove le tracce della cultura asiatica di origine si fondono con elementi della società capitalistica occidentale

Testo di Guia Agazzi 

Gran parte dell’Asia nel guardare ai mari lunari riesce a scorgere la sagoma di un coniglio. Quest’ultimo si è guadagnato tale visibilità per volere di una divinità induista, desiderosa che il suo spirito virtuoso e caritatevole non fosse dimenticato. La leggenda buddista narra infatti che quattro amici animali, nell’intento di fare un atto di bene nei confronti di un povero mendicante, decisero di procacciargli del cibo. A differenza degli altri, il coniglio, privo di particolari doti ed incapace di trovare del nutrimento che non fosse solo dell’erba, decise di gettarsi nel fuoco donando le sue stesse carni. 

Il titolo della mostra di Nam June Paik (Seoul, 1932 – Miami, 2006) presso il MAO – Museo d’arti Orientali di Torino – visibile fino al 23 marzo 2025 – ci illude della presenza di tale mammifero sul suolo lunare: Rabbit Inhabits the Moon
Il mito descritto viene però delicatamente sovvertito da una delle opere più significative dell’artista, che dà il nome alla mostra e in cui un coniglio di legno dagli occhietti neri è in piedi sulle zampe posteriori e contempla nostalgicamente quella che un tempo era la sua casa. La luna è finzione, un’immagine ferma e quasi accecante, proveniente dallo schermo di un vecchio televisore della Sony. 
Questa installazione di Paik del 1996 è il punto d’avvio di un dialogo tra antico e contemporaneo in un itinerario privo di cronologie fisse dove le tracce della cultura asiatica di origine si fondono con elementi della società capitalistica, commerciale e legata ai mass media di tipo occidentale, in relazione al contesto Europeo ed Americano degli anni sessanta e settanta. Questo nomadismo linguistico e culturale è frutto dei tanti spostamenti ed incontri che hanno caratterizzato la sua vita. Nel 1950 l’artista è infatti costretto a lasciare la Corea a causa della guerra ed arriva così in Giappone e successivamente in Germania e negli Stati Uniti.  

Una delle prime sale della mostra consacra la sua fama di pioniere della video arte con quattro monitor disposti in forma circolare che trasmettono dei video realizzati tra il 1966 e il 1986, esito di riprese con la sua videocamera portatile (la prima in commercio, la Sony Portapak), frammenti di trasmissioni televisive, filmati documentari uniti ad una rielaborazione del suono, fedele alla sua formazione da compositore e musicologo. In opere come questa Paik dimostra di aver intuito la potenza di uno strumento come la televisione, medium globale in grado di trasmettere contenuti in modo capillare e con un linguaggio universale

Rabbit Inhabits the Moon | Nam June Paik al MAO di Torino – Installation view – Foto Perottino
Rabbit Inhabits the Moon | Nam June Paik al MAO di Torino – Installation view – Foto Perottino
Nam June Paik Rabbit Inhabits the Moon 1996 Sculpture-installation: 1 wooden rabbit statue, 1 CRT TV, 1-channel video, color, silent, DVD Dimensions variable Nam June Paik Art Center, © Nam June Paik Estate

La passione per la musica risale ai suoi studi musicali in Giappone e si evolve grazie alla conoscenza di John Cage (Los Angeles, 1912 – New York, 1992) avvenuta nel 1958. La funzione variabile che il compositore attribuiva al tempo gli scaturì nuove idee fino a sviluppare il concetto di “random access” che declinerà in molti dei suoi lavori. Ancor più significativo fu però il sodalizio artistico con la violoncellista Charlotte Moorman (Little Rock, Arkansas, 1933 – 1991) con cui realizzò diverse performance, dagli aspetti fortemente anticonvenzionali. Human Cello (1965) è il titolo di una fotografia che documenta una performance in cui Paik regge tra le mani dietro la schiena una corda che Charlotte Moorman suona con l’archetto. Il corpo dell’artista si trasforma esso stesso in dispositivo musicale, strumento e scultura. Plexiglas Cello TV (1989) è invece una scultura-strumento realizzata unendo oggetti tecnologici e materiali quotidiani con elementi propri degli strumenti musicali tradizionali, come le corde e altri elementi lignei di un violoncello. 

Gran parte della sua produzione artistica risente inoltre dell’incontro avvenuto nel 1961 con George Maciunas (Kaunas, Lituania 1931 – Boston 1978), fondatore di Fluxus, un movimento d’avanguardia che coinvolgeva artisti visivi, musicisti e poeti in azioni performative con l’obbiettivo di ridare importanza al processo creativo stesso piuttosto che solo all’oggetto d’arte finito, accorciando la distanza tra artista e pubblico, musicista e ascoltatore. Un esempio emblematico è la performance Zen for Head ideata da Paik nel 1961. Il filmato in mostra ci documenta l’azione performativa dell’artista in cui immerge la testa in una miscela di inchiostro e pomodoro diventando dunque un pennello che trascina lungo un rotolo di carta di quattro metri di fronte ad un pubblico incuriosito.

L’atmosfera immersiva del progetto espositivo curato da Davide Quadrio e Joanne Kim è arricchita dalla presenza di preziosi manufatti provenienti da prestigiose istituzioni, come il Museo Guimet di Parigi e il Museo delle Civiltà di Roma, e nuove produzioni di sette artisti coreani in un dialogo dinamico con il lavoro di Nam June Paik. Prima tra tutte, l’installazione Nocturne No.20/ Counterpoint di Ahn Kyuchul (2013-2020) che presenta al centro della sala un pianoforte a coda circondato da 111 partiture appese alle pareti, ciascuna corrispondente a una singola nota del Notturno No.20 di Frédéric Chopin. L’opera si completa con una performance site-specific per cui durante ogni esecuzione del brano gli 88 martelletti del pianoforte sono gradualmente rimossi in modo casuale, portando ad una progressiva dissoluzione del suono. 

Rabbit Inhabits the Moon. L’arte di Nam June Paik allo specchio del tempo
A cura di Davide Quadrio e Joanne Kim con Anna Musini e Francesca Filisetti
Fino al 23 marzo 2025
MAO Museo d’Arte Orientale, Torino

Cover: Nam June Paik Candle-tv 1990 (Edizione dell’artista dalla versione del 1975 / Published by the artist from the 1975 version) scatola Candela nella della tv / Candle in tv case 48 x 69 x 23 cm. Courtesy Fondazione Bonotto

Rabbit Inhabits the Moon | Nam June Paik al MAO di Torino – Installation view – Foto Perottino
Rabbit Inhabits the Moon | Nam June Paik al MAO di Torino – Installation view – Foto Perottino
Rabbit Inhabits the Moon | Nam June Paik al MAO di Torino – Installation view – Foto Perottino
Rabbit Inhabits the Moon | Nam June Paik al MAO di Torino – Installation view – Foto Perottino
Rabbit Inhabits the Moon | Nam June Paik al MAO di Torino – Installation view – Foto Perottino
Rabbit Inhabits the Moon | Nam June Paik al MAO di Torino – Installation view – Foto Perottino