My new office (2021) è un manuale curato da Pasquale Leccese – edito da Postmediabooks – che raccoglie, oltre a una serie di scatti fotografici che documentano le azioni di Leccese, una selezione di testi di Eugenio Alberti, Francesca Alfano Miglietti, Giulia Currà, Chiara Guidi, Alessandro Guerriero, Mariastella Trombetta, Simona Squadrito e Mariuccia Casadio.
Il volume, nel formato pocket di 13×18 cm si apre con una fotografia scattata nel 2012. L’immagine ritrae Pasquale Leccese, con indosso alcuni elementi del suo inconfondibile outfit: un paio di sneakers colorate e degli spessi occhiali da vista neri. La didascalia ci informa che siamo a Milano, in un qualsiasi luogo di Milano, o meglio su di un qualsiasi marciapiede, un luogo comune.
L’edizione, costituita da immagini e testi, ci racconta, come dichiara Eugenio Alberti, di una “buona pratica di libertà senza pretese ulteriori”.
Quarantaquattro scatti fotografici, dal 2012 al 2020 ritraggono Pasquale Leccese in una serie di uffici potenziali e temporanei in diverse località del mondo.
Francesca Alfano Miglietti nel ricordare e confrontare i non luoghi teorizzati da Marc Augè con il My new office, parla di “spazi senza nessuna funzione precisa”, e aggiunge: «Impossibile definirlo “ufficio” oppure “museo” oppure “atelier” oppure “galleria”. […] Pasquale Leccese ha fatto della sua stessa esistenza uno “spazio” espositivo. Ma al di là di questo, che è un gesto situazionista, affascina la modalità con cui Leccese ha “utilizzato” qualsiasi situazione occasionalmente dotata di una sedia, trasformandolo nel suo luogo ibrido espositivo».
Quasi sempre, in questi scatti, Pasquale Leccese è alle prese con qualche attività: discute al telefono, legge un giornale, sfoglia un catalogo o semplicemente riflette su qualcosa, e se Chiara Guidi nel suo testo definisce My new office «un’officina del gallerista potenziale», è Pasquale che ci da un’indicazione precisa sullo scopo di questo manuale, questo infatti rappresenterebbe un rimedio contro “logorio della vita moderna”.
Simona Squadrito: Quando hai iniziato a collezionare queste immagini che ti ritraggono negli “uffici” più impensabili e inusuali del mondo, perché?
Pasquale Leccese: E’ nato tutto per caso, certo da sempre sono affascinato dalla strada, da chi vive per strada, da chi lavora per strada. Alle volte rimango incantato a guardare questo grande teatro che ci offre la strada… in particolare i senza tetto, i clochard, il loro modo di vivere la strada, la loro dignità e le loro soluzioni di sopravvivenza.
Dieci anni fa ero a New York nel Lower East Side zona allora off limits ma con studi d’artista. Avevo finito di cenare da un amico e a piedi cercavo di raggiungere la prima avenue trafficata per prendere un taxi. Dovevano essere le 2 di notte…buio pesto…
Ad un certo punto lungo la via vedo a terra spuntare delle lucine come delle lucciole, passandoci accanto mi accorgo che ogni lucina corrispondeva ad un uomo che stava sotto una coperta che si leggeva un libro!
Erano delle luci a batteria applicate sulle copertine dei libri e loro leggevano tranquillamente nel loro giaciglio.
Oggi anche a Milano trovi veri e propri monolocali all’aperto, fatti di materassi e libri e cartoni: una nuova architettura di esterni!
Il mio primo office è nato per necessità. Un giorno mentre ero per strada, camminando per tornare a casa dopo una bevuta con amici, mi squillò il telefono, il prefisso era di Londra. Dovevo rispondere ma non sapevo dove poter stare tranquillo, ero in piena via Torino, era circa mezzanotte. Poi un miraggio, vicino ad un portone, un cumulo di sedie e una scrivania. Perfetto pensai!
Mi sedetti su una sedia e così si materializzo il mio primo my new office. Risposi al telefono e dissi: “Hi! I was in a meeting now, I’m in my office!”.
In quella occasione vendetti anche un lavoro.
S.S: Perché hai deciso di iniziare quello che potrebbe essere considerato un lavoro artistico?
P.L: Dopo il primo “ufficio” ne sono arrivati altri, sparsi in tutto il mondo. Mi capitavano per caso, alcuni bellissimi, uno a New York, ad esempio, aveva anche un pianoforte! Aspettavo sempre qualche ignaro viandante per farmi immortalare, ma solo per mio ricordo, non avrei mai pensato di fare un libro, né tantomeno che fosse un’operazione artistica. Forse potrebbe essere di antropologia culturale, se proprio la si vuol mettere sull’ intellettuale.
Era un po’ la mia decisione di andare contro la corsa di tanti mercanti miei colleghi ad aprire sempre più nuovi spazi ovunque, un po’ come quando vedi le shoppers delle boutique di Armani, di New York, London, Paris, Miami etc etc. Io ho 120 uffici sparsi in tutto il mondo e in ognuno ho lavorato dai 5 ai 10 minuti.
S.S: Come è nata l’idea del manuale?
P.L: Una parte del merito è di Marco Genzini esperto di comunicazione e grande amico. Quando vide alcuni scatti di My new office su instagram, impazzi letteralmente tanto da chiamarmi e convincermi di fare il libro. Poi è arrivato Gianni Romano editore di gran fiuto, così ho deciso di combinare l’incontro tra noi tre e in piena pandemia, maschere al volto, senza stringersi le mani abbiamo deciso di stampare il libro. Per la grafica lo staff di Genzini è a mia disposizione, gli ho suggerito di prendere ispirazione dalle pubblicazioni della galleria Larry Gagosian, è lui Larry l’ ispiratore !
S.S: Qual è la ratio che ti ha spinto a selezionare: Eugenio Alberti, Giulia Currà, Chiara Guidi, Alessandro Guerriero, Mariastella Trombetta, Francesca Alfano Miglietti, la sottoscritta 🙂 e Mariuccia Casadio come autori di questo volume?
P.L: Io ho preferito non scrivere un testo, ho voluto che il manuale così lo chiamo, parlasse da solo, nella solitudine di quegli scatti, in quella metafisica del quotidiano di cui siamo circondati e di cui non ci accorgiamo. Per i testi mi sono affidato ai miei amici che mi hanno seguito nei 10 anni di progetto. Ognuno di loro ha raccontato liberamente una storia, francamente non so dove l’abbiano scritta magari anche loro seduti su una sedia vicini ad un semaforo tra un cassonetto ed un materasso.
S.S: Tra gli scatti che hai selezionato per questa intervista, ve ne é uno che ritrae una sedia verde, dove tu non sei seduto. Vuoi raccontarmi il significato di questa immagine?
P.L: Questa immagine fuori testo, a cui sono particolarmente affezionato, è stata scattata fuori dalla clinica Humanitas. La sedia era di un clochard che sostava davanti a questo ospedale tutti i giorni. Per problemi di salute nell’ultimo mese e mezzo sono andato all’Humanitas tutti i giorni, e tutti i giorni ho incontrato questo signore, e così tra lo scambio di un euro e di una sigaretta abbiamo iniziato a salutarci e siamo diventati amici.
La sua sedia verde mi piaceva molto e così un giorno ho deciso di caricare in auto una delle mie di casa e proporre al clochard uno scambio: uno scambio d’ufficio ! E’ stato un momento bellissimo che mi ha ricordato che I my new office sono ovunque !