Con la tanto attesa inaugurazione dello scorso 26 ottobre il Museo delle Civiltà di Roma è stato presentato alla Città nella sua veste completamente rinnovata. I due nuovi ingressi simmetrici, quello già operativo nel Palazzo delle Scienze e quello del Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari – riaperto dopo un restauro dell’area al piano terra dell’edificio – sono riconfigurati come un’introduzione storica e critica al museo, nel tentativo di rispondere a due domande: “Che museo sto per visitare?”, “Può un museo antropologico essere un museo contemporaneo?”.
Istituito nel 2016 come istituto dotato di autonomia speciale – legato alla Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura – il Museo delle Civiltà conserva, studia e promuove le collezioni di diverse istituzioni, riunite a partire dalla seconda metà del XX secolo presso l’attuale sede, composta dal Palazzo delle Scienze e dal Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari, edificata per la mai inaugurata Esposizione Universale di Roma (E.U.R.) del 1942. Con oltre 2.000.000 di opere e documenti, distribuiti su circa 80.000 metri quadri di sale espositive e depositi, vanta le collezioni originali del Museo Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini”, Museo d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci”, Museo dell’Alto Medioevo, Museo delle Arti e Tradizioni Popolari, insieme alle collezioni dell’ex Museo Coloniale, in corso di catalogazione, a cui si sono aggiunte, a partire dalla fine del 2022, le collezioni dell’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, erede del Real Servizio Geologico d’Italia.
La veste rinnovata del Museo, attualmente sotto la Direzione di Andrea Viliani, articola il proprio percorso di ricerca attraverso una risistemazione delle collezioni – avviando nuovi percorsi di ricerca, archiviazione, catalogazione, digitalizzazione, comunicazione e disseminazione – nel tentativo di condividere con il pubblico nuove conoscenze e narrazioni. È con questo approccio ritrovato che il programma messo in campo si avvale di uno sguardo trasversale funzionale a ristabilire un rinnovato rapporto con lo storico quartiere dell’EUR e una concreta riappropriazione del valore storico e demoetnoatropologico del patrimonio conservato all’interno del Museo: le prime Research Fellowship del Museo, affidate a sei artisti internazionali – Maria Thereza Alves, Sammy Baloji, DAAR- Sandi Hilal & Alessandro Petti, Bruna Esposito, Karrabing Film & Art Collective, Gala Porras-Kim – concretizzano un programma a lungo termine atto a sviluppare autonomi progetti di ricerca, finalizzati ad approfondire il luogo e le collezioni, sempre in vista di una riflessione incentrata su pratiche di condivisione dei processi di ricerca ed espositivi.
Gli interventi degli artisti contemporanei sino ad ora coinvolti andranno a costituire la collezione contemporanea del Museo delle Civiltà, intesa come strumento di indagine in divenire e a più voci su una molteplicità di tematiche connesse alle collezioni stesse.
L’apertura dello scorso ottobre ha rivelato la commistione – all’interno del Museo, nel rapporto con le collezioni permanenti, nei contenuti metodologici – con un fitto intreccio di topoi ed elementi caratteristici di taluna parte della ricerca contemporanea, dimostrando così una continuità di intenti che si rivela non solo nella ri-sistematizzazione delle raccolte ma anche nell’ampiezza del programma legato alle arti contemporanee e curato da Matteo Lucchetti. Con il progetto Metodologia contemporanea: cambiare linguaggio e riscrivere storie – progetto vincitore del PAC2021 – Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, è stata avviata la collezione di arte contemporanea del Museo delle Civiltà, dimostrando la continuità di intenti nella promozione e valorizzazione del patrimonio museale ponendo quest’ultimo in continuità con alcuni degli ambiti più innovativi della ricerca contemporanea che possano in un certo qual modo porsi in ascolto, e in dialogo, con la memoria storica (legata alle tradizioni popolari, al patrimonio universale di molta parte delle testimonianze immateriali di epoche passate, tra le altre cose) e ristabilendo così un rapporto vitale con il pubblico e le collezioni.
Dopo l’inaugurazione – al primo piano del Palazzo delle Scienze – della mostra di Georges Senga Comment un petit chasseur païen devient Prêtre Catholique, a cura di Lucrezia Cippitelli, che esplora le relazioni precoloniali e postcoloniali tra Europa e Africa a partire dal XVI secolo e fino alla modernità, il Museo prosegue la propria investigazione su nuovi contenuti di storie e memorie con Animali, Vegetali, Rocce e Minerali: le Collezioni ISPRA > Verso un museo multispecie, un nuovo allestimento dedicato alle collezioni paleontologiche e lito-mineralogiche dell’ISPRA-Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, risultato della collaborazione tra la Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura, attraverso il Museo delle Civiltà, e l’ISPRA-Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale / Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, con il sostegno di ALES-Arte Lavoro e Servizi spa.
Verso un museo multispecie propone un’interpretazione delle collezioni ISPRA quale possibile premessa di un museo antropologico multi-specie, documentando forme di coesistenza fra le specie animali, minerali e vegetali e per questo motivo traendo spunti di riflessione sulla reimpostazione di un rinnovato rapporto tra essere umano ed ecosistema. Per avviare queste riflessioni il Museo delle Civiltà propone, a partire dall’inaugurazione, una serie di attività di approfondimento organizzate in collaborazione con una pluralità di esperti e di altre istituzioni. Intrecciando scienza, scienze umane e sociali, arte e pensiero speculativo, le attività proposte analizzeranno in particolare la nozione elaborata dalla filosofa e biologa Donna Haraway di “compost” e “compostaggio”, che è il risultato di un processo biologico – l’ossidazione e umificazione delle materie organiche da parte da micro e macro-organismi – che rimanda ai concetti di suolo, scarto e fertilità. Riscoprendo la capacità internamente trasformativa delle materie, il Salone delle Scienze si riconfigura così come l’ambiente fertile e vitale in cui prefigurare le infinite potenzialità derivanti dall’alleanza tra tutte le forme del vivente e la genesi di forme di conoscenza ibride e interdisciplinari.
La vasta programmazione del nuovo Museo delle Civiltà – insieme alla sistematizzazione delle collezioni e a un nuovo impianto metodologico e di ricerca – accoglie un punto di vista rinnovato stabilendo una interrelazione di tipo storico-critico con tutte quelle testimonianze materiali che ci restituiscono, nel loro insieme, molteplici sistemi di pensiero.