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Monika Stricker. Beastly Arboretum | P420, Bologna

Un quieto “arboreto bestiale”, una selva di pigmenti vaporosi da cui affiorano corpi in trepida ricerca di senso: questo è il paesaggio che si dispiega alla galleria P420 di Bologna, in occasione della prima personale italiana di Monika Stricker (Düsseldorf, 1978). Beastly Arboretum, aperta fino al 4 novembre, presenta un nucleo di dieci dipinti e […]

Monika Stricker, Beastly Arboretum, 2023, installation view | Courtesy P420, Bologna (foto Carlo Favero)

Un quieto “arboreto bestiale”, una selva di pigmenti vaporosi da cui affiorano corpi in trepida ricerca di senso: questo è il paesaggio che si dispiega alla galleria P420 di Bologna, in occasione della prima personale italiana di Monika Stricker (Düsseldorf, 1978). Beastly Arboretum, aperta fino al 4 novembre, presenta un nucleo di dieci dipinti e sei sculture in ceramica smaltata realizzato per l’occasione nel corso del 2023. Le opere su tela si configurano come una sequenza di soggetti umani ed animali da leggere, a detta della stessa pittrice, come manifestazioni, tra il fascino e il turbamento, di suoi pensieri reconditi, dal disagio verso il corpo maschile ai timori nei confronti della maternità. Nella prima sala sono umane le membra che tentano di districarsi dalla nebbia di colore che annulla ogni profondità spaziale; una sagoma colta da diverse angolazioni si torce e si sviluppa in pose plastiche, mentre nuance ocra (Allegro), verdi (Michelangelo) e bordeaux (Half Turn) ne accendono di volta in volta l’epidermide. In tali immagini, che paiono studi per sculture, il corpo maschile è privato dei suoi genitali, rigettando le convenzioni della statuaria classica, che manifestava nell’attributo della nudità eroica i valori di prestanza fisica e bellezza armonica dei suoi soggetti: invece di slanciarsi in una posa trionfante e piuttosto costretto all’inginocchiamento, l’anonimo semidio decaduto sembra ridursi ad una marionetta asessuata, incapace di sottrarsi al giogo del colore. L’androcentrismo patriarcale fondato sull’associazione virilità-potere è ridotto ad una tabula rasa anatomica, terreno potenzialmente fertile per nuovi modelli di genere ancora da inquadrare. Monika Stricker aveva cominciato a riflettere sul tema in una precedente serie di dipinti rappresentanti corpi maschili nudi letteralmente svuotati della loro potenza sessuale; ne permane una reminiscenza nelle sculture in ceramica smaltata, ammassi informi e flaccidi di carne che alludono a zone inguinali atrofizzate.

Monika Stricker, Jewel, 2023, ceramica smaltata-glazed ceramic, cm.13,5x22x18 Courtesy l’artista/the artist e/and P420, Bologna (foto/photo Carlo Favero)
Monika Stricker, Beastly Arboretum, 2023, installation view | Courtesy P420, Bologna (foto Carlo Favero)

Montato in sequenza con gli studi di pose si staglia un primissimo piano cinematografico di un piede tutto proteso in avanti nell’atto di spiccare un salto – forse destinato a fallire – in un drammatico ralenti, nella penombra bluastra di un luogo ignoto; in verità un autoritratto voyeuristico per sineddoche, dato che si tratta del piede dell’artista, oggetto di una serie di opere avviata nel 2022 (Sleepwalker). Sulla parete adiacente un cagnolino, guardiano docile dell’“arboreto bestiale”, fissa l’osservatore in attesa supplice di cibo, di una carezza o foss’anche di un ordine da soddisfare (Shepherd Dog). Nella seconda sala si staglia una più maestosa sequenza di grandi dipinti di primati, che attribuiscono ai soggetti i connotati di una proterva risolutezza (King of the Road) o di sfrontati quanto inefficaci ammiccamenti (Playmate); oppure illustrano con l’alterigia senza tempo dei ritratti ufficiali il tema antico della maternità. L’atto sacro dell’allattamento al seno (The Greenies), il gesto protettivo dello stringere a sé la propria creatura (Inner circle), un abbraccio avvolgente tra sbuffi d’azzurro e di giallo canarino (Sweet Sucker) sono magnificati dall’estensione dei dipinti, grandi quasi il doppio dei corrispettivi di soggetto umano nell’altra sala. Come nota Marta Papini nel testo critico che accompagna la mostra, “che rappresentino uomini nudi, i propri piedi, cani o primati, le opere di Stricker ci mettono di fronte a una sfrontata vulnerabilità. Al loro cospetto siamo fuori dalla nostra comfort zone: siamo voyeur imbarazzati, testimoni di relazioni intime, di sottomissione e interdipendenza”. Una vulnerabilità che dà scandalo, perché in essa noi, come l’artista, ci rispecchiamo.

Monika Stricker, Beastly Arboretum, 2023, installation view | Courtesy P420, Bologna (foto Carlo Favero)
Monika Stricker, Half turn, 2023, olio su tela, cm. 90 x 64 | Courtesy l’artista e P420, Bologna (foto Carlo Favero)
Monika Stricker, Moss, 2023, ceramica smaltata-glazed ceramic, cm.22x31x25,5 Courtesy l’artista/the artist e/and P420, Bologna (foto/photo Carlo Favero)