Testo di Chiara Zonta —
Che cosa accadrebbe se lo spazio e il tempo dell’infinito passato fossero scoperti a giacere fra le mura di un edificio? Ce lo racconta Michele Ciacciofera nella mostra personale Condensare l’infinito a cura di Alessandro Castiglioni e in corso al Museo MA*GA di Gallarate fino al 7 aprile 2024.
Soffiando all’interno di una piccola porzione di vetro fuso il respiro delle anime si cristallizza nello spazio che occupa. Maggiore è il volume che invade, più è grande la storia che racconta. Nella mostra quattordici ampolle si dilatano all’esagerazione dell’aria, i respiri gonfiano insistentemente il vetro ormai fragilmente pericoloso. La trasparenza della pasta vitrea è sfregiata dalla sua stessa opacità, la leggibilità del contenuto è corroso dalla nebbia che la abita. Secondo la tradizione nell’isola di Burano, a Venezia, gli abitanti dipingono vivacemente le facciate delle loro case per poterle rendere visibili fra la nebbia; all’opposto nella città scultorea di Ciacciofera i solidi non si colorano per emergere ma si tingono per intrappolare ciò che nasconde il loro segreto.
Lo spazio centrale della mostra ci assorbe in una distesa narrativa di menhir, un prototipo di struttura megalitica innalzata per la prima volta nel Neolitico; ogni scultura disubbidisce alla conformità totalitaria ad eccezione dell’ambizione celeste verso cui tutte protendono. Il valore commemorativo dell’immagine preistorica e la sua ripetuta verticalità sono una costante espressione dell’arte. “La forma verticale dei menhir è presente in molti artisti contemporanei in una sorta di attenzione spirituale per relazionare l’universo terreno con quello cosmico dell’infinito, quindi del divino. La vera aspirazione dell’arte è di guardare all’infinito, un infinito temporale e non soltanto religioso” dichiara l’artista. La materialità delle opere è il fulcro stesso dell’organismo, gli oggetti di riciclo innestati nella composizione rievocano la circolarità storica del divenire in cui nulla svanisce e ogni cosa ritorna; i materiali di riuso si scollano dalla dimensione terrena per ricollocarsi in prima fila direzione firmamento. L’approccio ecologico “è uno dei miei centri di posizionamento artistico” dice Ciacciofera “l’attenzione alla natura mi ha portato negli ultimi 14 anni, da quando vivo a Parigi, ad accumulare i materiali di scarto che sarebbero dovuti finire nei rifiuti e a trasformarli mediante un processo di riciclaggio artistico per diventare scultura”.
Sulla parete un riquadro dolcemente rosa è squarciato da un buco nero, i lembi di colore colano dal foro, la tela è spaccata dalla furia che l’ha colpita ma la violenza che la trapassa mira ad una presenza esterna. La rotondità della fessura si riflette nel giardino idilliaco ai suoi piedi: un mappamondo di muschio bidimensionale su cui riposano 164 ceramiche “corrispondono ai 164 giorni di conoscenza e di consapevolezza che hanno determinato la temporalità di questo progetto”. Il muschio è costituito da una moltitudine di piccole piante, una sorta di foresta ridotta che si insidia nell’ombra di tutto ciò che ha vita ma snaturata dall’esposizione ai riflettori dinanzi a noi. Le ceramiche disposte irregolarmente sulla superficie molle sono gusci ripudiati che hanno perso la vita in loro.
Un trittico conclusivo riporta su fondale verde tre racconti, ognuna delle tele ospita il profilo di un uomo in tre diverse misure. Nella prima illustrazione un gruppo di persone è troppo piccolo a confronto con la scatola di cartone nelle vicinanze “sono spettatori ridotti ad un ruolo che io spero venga messo in discussione, il loro sguardo interpretativo è uno dei termini della mia attenzione” racconta Ciacciofera. Al centro è dipinta l’immagine di una delle prime sculture antropomorfe della preistoria e nel finale un uomo mastodontico, Ptah dio egiziano e protettore delle arti, si interfaccia con l’immagine di un pesce infuocato nel cielo. “I pesci sono un elemento a cui ho sempre guardato come dimensione della vita sottomarina in grado di sfuggire all’ecosistema terrestre dell’uomo”.
Il museo MA*GA ha inoltre inaugurato due esposizioni contemporanee alla monografica di Michele Ciacciofera: l’antologica di Dadamaino, artista rivoluzionaria della scena artistica milanese degli anni Cinquanta e il recente progetto sperimentale di Giovanni Campus, autore la cui costante ricerca artistica si fonda sulla pratica del disegno.