L’opera d’arte è un sorpasso febbrile di curve e tornanti, è la superficie desiderante di un fusibile cromato, è la restituzione plastica di un corpo che non esiste. L’impresa appare pragmatica nel suo proposito: porre sotto la lente d’ingrandimento un universo visivamente e ideologicamente connotato — quello dei truckers — e costituire a partire da quello un’estetica nuova seppur concomitante. Il percorso è di immersione ed emersione, si accede e si recede in senso orizzontale: la porta paradisi di questo spazio cultuale, la cabina del camionista, si de-materializza in una ruspante tenda in ciniglia, ruvida carezza.
Con gli occhi inquieti che tastano il ventre inesistente di pelle, ninnoli e santini, avvertiamo dapprima un senso di familiare consuetudine, rintracciando nello spazio di Current quei cliché linguistici divenuti ormai realtà tangibili, fattuali.
Così, scorgiamo affinità, veniamo rapsodicamente suggestionati — la curva dissonante di un tubo di scarico, la volumetria scultorea di un bumper, il calendario da officina —, ma è tutto a tal punto rarefatto da scivolare tra le dita. L’epos camionistico con i suoi topoi si direbbe andato in frantumi. Dai suoi cocci e nei suoi cocci si compie un processo non tanto di ri-semantizzazione, quanto di ri-configurazione di un immaginario infantile, naif, decorativo e, sopratutto, femminile di quel sostrato. Il carnale e il ruspante coesistono in sorprendenti aperture di senso «intergeneriche».
Lo sculture di Matteo Montagna si vorrebbero toccare. Si vorrebbero sfiorare la superfici prive di accidenti e ludiche di Camilla (2019) e Federica (2019), in cui la compiutezza gratificante della tèchne travalica ogni significato puramente mentale. Ricordo di protezioni per bumper di autocarri, esse conquistano l’etere snodandosi in esso: sono playground, colore, dichiarazione di fedeltà alla leggerezza di un non-monumento spensierato. La figura femminile assurge a divinità cartonizzata, multiforme e giunonica: l’icona, è lo sticker che si sfiora, si solleva dal supporto in favore di un’adesione completa al reale L’io si dissemina.
Cuore Selvaggio, prima personale di Matteo Montagna (1992) da Current, a cura di Irene Sofia Comi, è il frutto di un esercizio creativo fluido e organico.
Lo sguardo dell’artista, le mani dell’artista, lo sguardo della curatrice e le sue mani favoriscono una riflessione complementare sulla percezione di genere di tematiche tradizionalmente connotate. La possibilità di nuove narrazione risiede sotto la pelle, tra le dita e la scritta al neon di Smeraldo Rosa, titolo di un esercizio di scrittura realizzato da Irene Sofia in chiave maschile. La critica, come ha sostenuto fermamente Marcel Duchamp, è sempre partecipazione e contatto dialogico e mai traduzione pedissequa dell’indicibile.
Soft Touch – Matteo Montagna – Cuore Selvaggio
Current, Milano
A cura di Irene Sofia Comi
Fino al 15 dicembre 2019
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