Il mondo del lavoro e la sua rapida trasformazione è il tema dei progetti dei cinque talenti emergenti – Farah Al Qasimi, Hicham Gardaf, Lebohang Kganye, Maria Mavropoulou, Salvatore Vitale – finalisti di MAST Photography Grant on Industry and Work, concorso fotografico su industria e lavoro promosso da Fondazione MAST. Il vincitore dell’edizione 2023 è Hicham Gardaf con il progetto In Praise of Slowness, a cui segue una menzione speciale della giuria – composta da Isabella Seràgnoli, François Hébel, Milo Keller, Michael Mack, Simon Njami, Alona Pardo, Giovanna Silva, Urs Stahel, Francesco Zanot – per il progetto Keep the Light Faithfully di Lebohang Kganye. I lavori sono esposti in una mostra collettiva negli spazi delle Photo Gallery, allestita fino a lunedì 1° maggio 2023, e confluiranno nella collezione della Fondazione. In mostra vengono proposti al pubblico, non soltanto i progetti dei finalisti, ma anche i progetti dei partecipanti delle passate edizioni, in una sorta di “giro per il mondo per immagini” che sottolinea, da un lato, l’impegno di Fondazione Mast nel sostegno ai giovani talenti, dall’altro, le incongruenze e i paradossi del mondo del lavoro oggi, emersi grazie alla molteplicità di sguardi, tecniche, mezzi e punti di vista che gli artisti adottano.
Il curatore della mostra, Urs Stahel, sottolinea come il mondo del lavoro sia, negli ultimi 250 anni, cambiato profondamente, modificando in maniera sostanziale la concezione dell’esistenza – si pensi per esempio al concetto di “tempo libero” – e della vita sociale di ciascuno di noi. Oggi ci troviamo in una fase 4.0, seguito dell’utilizzo delle macchine a vapore, dell’avvento dell’elettricità e successivamente delle nuove tecnologie. La globalizzazione e l’assoluta centralità della comunicazione e dell’informazione, in cui i dati e il loro flusso costituiscono la forma di potere per eccellenza, definiscono una nuova figura di lavoratore, istruito e in continua formazione. Questo accade, citando Thomas Friedmann, quando “ la mansione diventa attività lavorativa e l’azienda diventa una piattaforma”. Il radicale cambiamento innestato nel mondo del lavoro, il suo perenne e costante mutamento sono indagati nei cinque progetti finalisti di MAST Photography Grant on Industry and Work, attraverso tecniche e mezzi variegati.
In Praise of Slowness, Hicham Gardaf sottolinea un aspetto spesso lontano dalla vita frenetica e rapida dei lavoratori moderni, la lentezza. Le fotografie e il video che compongono il progetto sono ambientati a Tangeri, in Marocco, per la precisione nel centro storico della città. Il ritmo lento dei venditori ambulanti che, casa per casa, portano le bottiglie di candeggina e ritirano quelle vuote, si contrappone allo sviluppo industriale che caratterizza alcune zone della città, lontane dall’ombra delle mura cittadine e dal passo cadenzato, tranquillo degli ambulanti. In una sorta di rituale catartico, Gardaf critica lo sviluppo della tecnologia, che si insinua nelle nostre vite, controllandole e cambiandone i ritmi, facendoci perdere il senso delle cose.
Menzione speciale al progetto di Lebohang Kganye, Keep the Light Faithfully. Al centro, la vita di donne guardiane di fari dal XIX al XX secolo. La pratica artistica di Kganye coniuga la fotografia con il teatro: strizzando l’occhio al teatro delle ombre cinesi, l’artista ritaglia le sagome dei soggetti fotografati e le applica sul cartoncino, in una scenografia sapientemente illuminata. L’obiettivo è dare risalto a storie, seppur poco conosciute, realmente accadute, attraverso un contesto teatrale onirico e magico, in un gioco di luci e ombre estremamente suggestivo. In Keep the Light Faithfully ciò che colpisce è il dramma vissuto dall’artista nel corso della sua ricerca, emblema di quel mutamento radicale che la tecnologia ha provocato: oggi i fari sono tutti automatizzati e il guardiano del faro non esiste più. La memoria storica, tramandata oralmente, si intreccia quindi nell’opera di Kganye che ricostruisce questa mitica figura spazzata via dal progresso tecnologico.
La realtà è al centro dell’approccio documentario di Salvatore Vitale. In Death by GPS, tuttavia, gioca con realtà e finzione in un progetto che evoca al contempo un laboratorio, uno studio televisivo e un luogo devastato dai disordini. Sabotaggi si mescolano a fotografie documentarie: l’automazione dei processi sconvolge l’individuo, che si trova imprigionato e guidato sia nelle azioni che negli stati d’animo. La struttura stessa dell’installazione, una parete blu oltremare a cui è addossata una struttura metallica – magazzino di stoccaggio e display contemporaneamente – invita il visitatore a soffermarsi e a riflettere su queste tematiche, estremamente complesse e attuali. L’automatismo dei gesti e del lavoro si esprime, in una delle sue forme più potenti, nella catena di montaggio. Frutto del pensiero di Henry Ford, la catena di montaggio è ciò che permette alle fabbriche Ford di prosperare e affermarsi sul mercato. Farah Al Qasimi fotografa la comunità araba di Dearborn, città natale di Henry Ford e sede storica dei suoi stabilimenti. Non potendo fotografare liberamente l’interno della fabbrica, Farah Al Qasimi scatta all’esterno, concentrandosi sulle persone, i loro spostamenti e le pause. A queste, accosta le immagini di insegne e dei muri degli edifici. Ad emergere è una doppia voce, araba e statunitense, pubblica e privata, intima e patinata.
Chiude Maria Mavropoulou con In their own image, in the image of God they created them. Un progetto che affronta il progresso tecnologico direttamente, avvalendosi dell’intelligenza artificiale come mezzo d’espressione “artistica”. L’algoritmo sceglie le immagini: l’artista seleziona quelle che esteticamente la soddisfano e chiede al programma delle variazioni sul tema. Si crea quindi una composizione, una sorta di puzzle, in cui intelligenza artificiale e artista interagiscono e collaborano. Resta da chiedersi se un giorno l’intelligenza artificiale sarà davvero autonoma nella creazione di un’opera, avvalendosi di un archivio di immagini potenzialmente infinito. Che ne sarà dell’arte e dell’artista?
MAST Photography Grant on Industry and Work
Mostra collettiva a cura di Urs Stahel
Fondazione MAST; Bologna
Fino al 1° maggio 2023
Il catalogo, pubblicato dalla Fondazione MAST in versione italiana e inglese, è a cura di Urs Stahel e contiene i testi di Negar Azimi, Federica Chiocchetti, Dominik Czechowski, Elvira Dyangani Ose, Nikolas Ventourakis, i selezionatori dei cinque artisti.