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“La pittura è una cosa seria”: Martial Raysse al Teatrino di Palazzo Grassi

In occasione della chiusura della retrospettiva di Martial Raysse a Palazzo Grassi a Venezia e della mostra “Slip of The Tongue” a Punta della Dogana, al Teatrino di Palazzo Grassi sono stati organizzati letture, incontri e conversazioni con artisti, curatori, critici e storici dell’arte. Il primo appuntamento si e? tenuto mercoledi? 18 novembre e ha […]

Andrea Bellini,   Dimitri Salmon,   Caroline Bourgeois,   Martial Raysse - Teatrino di Palazzo Grassi,   Novemebre 2015 - Photo Matteo De Fina
Andrea Bellini, Dimitri Salmon, Caroline Bourgeois, Martial Raysse – Teatrino di Palazzo Grassi, Novemebre 2015 – Photo Matteo De Fina

In occasione della chiusura della retrospettiva di Martial Raysse a Palazzo Grassi a Venezia e della mostra “Slip of The Tongue” a Punta della Dogana, al Teatrino di Palazzo Grassi sono stati organizzati letture, incontri e conversazioni con artisti, curatori, critici e storici dell’arte.

Il primo appuntamento si e? tenuto mercoledi? 18 novembre e ha visto il coinvolgimento, in primo piano, dell’artista Martial Raysse. Le altre due giornate di incontri vedono la partecipazione di Giulio Manieri Elia (Direttore delle Gallerie dell’Accademia) e Alessandro Martino (Istituto di Storia dell’Arte, Fondazione Giorgio Cini); nella giornata di giovedì 19 novembre si sono confrontati Danh Vo e Caroline Bourgeois (curatori della mostra “Slip of The Tongue), assieme agli artisti Nairy Baghramian, Bertrand Lavier e Jean-Luc Moule?ne. Venerdì 20 novembre, invece, la lettura su Nancy Spero, con Christopher Lyon (autore di Nancy Spero: The Work) ed Elisabeth Lebovici (giornalista e storica dell’arte). Alle 18.30, Patricia Falguie?res (storica dell’arte) e Philippe Duboy (architetto e storico dell’arte) rifletteranno su Carlo Scarpa. Chiude il ciclo, la tavola rotonda con Danh Vo, Caroline Bourgeois e i suddetti artisti.

L’incontro tenutosi di mercoledì e? stato intitolato “Intorno a Martial Raysse”. Hanno partecipato l’artista, Andrea Bellini (Direttore del Centre d’Art Contemporain de Gene?ve), Caroline Bourgeois (curatrice della mostra) e Dimitri Salmon (storico dell’arte). Davanti ad una sala gremita, i quattro protagonisti hanno condotto una discussione dinamica e coinvolgente, fatta di domande, botta e risposta, correzioni, puntualizzazioni… Tutto utilissimo per meglio comprendere e decifrare il lavoro di Raysse presentato nella mostra: lavoro che si dispiega in piu? di mezzo secolo, coinvolge piu? tecniche artistiche, abbraccia vari collegamenti storici e riflette il mutamento umano, in primis, e formativo dell’artista.

Ad iniziare il discorso e? stata Caroline Bourgeois: “Martial Raysse e? sempre in anticipo sulla sua epoca, sempre aggiornato su cosa succedeva e succede. E’ un autodidatta che ha sempre frequentato i musei per confrontarsi con tutti gli artisti, e continua a farlo. Ha praticato la scrittura e la poesia e il lato poetico emerge evidente nei titoli delle opere, sui quali abbiamo anche insistito nel catalogo. Per quanto concerne questa mostra, ho voluto insistere sulle piccole sculture presentate nelle teche dell’atrio: sono state per la prima volta riunite in modo non cronologico e, cosi? facendo, emerge bene anche l’aspetto allegro del suo lavoro, che si e? presentato in momenti diversi e in ogni periodo del suo operare”.

A seguire, Andrea Bellini prende la parola, mettendo subito in chiaro che “questa sera diro? quello che ho visto nelle sue opere e Martial mi dira? se ho visto cose reali o no. L’idea e? di confrontarsi”. Ha voluto riflettere attorno a due opere iconiche ed emblematiche di Raysse: “Raysse Beach” (1962) e “Ici Plage, comme ici-bas” (2012). Si tratta di due lavori l’uno nato a 50 anni esatti dall’altro e, di conseguenza, frutto di due periodi ben diversi, per l’eta? dell’artista nella loro creazione, per le differenze delle condizioni sociali, culturali, politiche, economiche… La prima, dice Bellini, “e? un’opera ottimistica: belle donne, spiaggia, giocattoli, jukebox con musica…e? l’ottimismo degli anni ’60, con la plastica che cominciava ad invadere il mondo, senza che si sapeva cosa questo potesse dire”. In “Ici Plage”, invece, Bellini fa notare che la plastica non e? piu? quella pulita e colorata dei giochi da spiaggia, ma quella sporca e consunta dei detriti. “Sono passati 50 anni e ci sono due opere che parlano della trasformazione dell’Europa e del mondo intero. Il piu? recente e? un ritratto dell’umanita?, un testamento; un teorema; la testimonianza poetica e politica di Martial, sebbene non sia piu? un quadro ‘sexy’ come quello prima. Ci sono scene di guerra, persone che muoiono. E, tra tutto questo, ho notato la presenza di un piccolo topo e mi sono chiesto cosa fosse. E’ molto strano, e? legato ad una piccola corda e trasportato da una donna. Poi, guardando meglio, mi e? sembrato di vedere un filo a piombo, quello usato dai muratori per costruire gli edifici. Ho pensato che potesse significare rettitudine e verita?: la verita? rappresenta la struttura del mondo e dell’universo ordinato. Quel filo e? l’asse del mondo”.

Di conseguenza, Raysse risponde:  “Quando parlo della pittura in generale, sono abbastanza severo, ma non rispetto a quello che posso fare. Io non parlo in quanto di Martial, ma per voce di Lucian Freud, Otto Dix, Piero della Francesca. Parlo di quello che la grande pittura da? come rettitudine. La pittura simbolica non e? fatta perche? la gente mi chieda cosa ho voluto dire qui: se si da? subito la spiegazione, la persona non fa alcun progresso. Il simbolo e? come un’equazione matematica che riassume una concezione della vita e tutti quegli esperimenti che nei secoli si sono affrontati. Se c’e? un simbolo, bisogna cercare di capire cosa significa e cosi? si fanno progressi. Io, nella pittura, nascondo messaggi in modo molto lucido, non mi diverto. La pittura e? una cosa seria. E ho messo un filo a piombo in mezza al quadro, perche? nel mio lavoro e? importante trovare il centro, che porta in se? anche l’idea di rettitudine”. Chiosa subito la Bourgeois: “Con le storie dei tuoi quadri ci fai viaggiare nelle varie culture e nelle varie epoche e questo quadro e? un po’ la vetta di tutte queste culture”.

Bellini continua con l’analisi di alcuni elementi simbolici che ha trovato e studiato in questo quadro, scovando in essi reminiscenze e messaggi etici. Oltre al filo a piombo, ci fa notare una stella di plastica a cinque punte, portata da una ragazza. “Non e? un oggetto particolare, ma nella cultura iniziatica simboleggia l’uomo nel suo aspetto di iniziazione. Martial non e? la prima volta che usa questo simbolo, che significa elevazione personale e soggettiva”. Infatti, sara? lo stesso Raysse a specificare che “gli elementi del quadro formano una coniugazione di sentimenti nella dimensione spirituale. Bisogna capire che tutti gli elementi concorrono all’insieme e questo insieme trascina con se? tutti i particolari. Ma non voglio lanciarmi nella spiegazione di ogni simbolo… Voglio dire solo che ho concluso il quadro appunto con la stella: questa stella e? benefica e appartiene a tutte le religioni, non e? il privilegio di nessuna, per questo e? stata la summa della composizione”.

E da qui il Direttore del Centre d’Art Contemporain de Gene?ve continua la sua analisi. Un uovo tenuto in mano da un personaggio del quadro sarebbe un invito a scoprire se stessi e a fare un percorso di saggezza, essendo l’uovo simbolo di tutte le trasformazioni e di quella interiore, “l’idea e? di mettere i neofiti sul cammino della saggezza” (M.R.); un cerchio forato, simbolo rituale di culture antichissime come quella degli indiani d’America, degli aborigeni, dei maya, degli egizi…; un coccodrillo di plastica, che nell’araldica simboleggia il tradimento, il male e la morte – “spesso utilizzo un elemento semplice della vita quotidiana per esprimere qualcosa di profondo” (M.R.); un pescatore col viso chiuso in una smorfia per via di uno scherzo perpetuato da alcuni bambini sarebbe un autoritratto dell’artista, resosi consapevole che “la vita e? quello che e?, e? crudele, crudelissima” (M.R.); un gatto, animale sacro in Egitto e capace di vedere le cose invisibili, in silenzio, e? quasi fosse un invito a meditare: “un testo del Medioevo dice che colui che non vede niente e? quello che vede bene: e? una riflessione sulla grande differenza tra il guardare e il vedere e tutta la storia della pittura si base su questo. La pittura si guarda” (M.R.); un uomo mascherato con una mano bianca ed una nera sarebbe la citazione del principio dello Yin e Yang, della consapevolezza che ogni cosa ha il suo opposto, che non c’e? nulla di completamente bianco o nero, ma tutto e? complesso e mutevole: “l’essere umano ha questa ambiguita? totale ed e? importante esserne consapevoli in modo lucido” (M.R.).

Poi, Raysse offre una spiegazione del cambiamento cosi? radicale tra le due opere citate, “Raysse Beach” e “Ici Plage”. “Tutto e? anche una questione di cultura. Quando facevo Pop Art, c’era la cultura di tutti e non avevo fatto alcuna ricerca su me stesso e gli altri. Poi, ho fatto una riflessione durata anni sulla pittura, sono stato in tutti i musei del mondo. E’ un vero lavoro culturale, ho letto tantissimo. Il mondo pittorico degli anni ’60 era elementare, senza profondita?, sfumature. Invece per la pittura sono importanti la profondita?, le sfumature, i passaggi tra i colori. Bisogna capire perche? sono evoluto ed arrivato ad una pittura sempre piu? figurativa. I maestri amavano il mio lavoro elementare, ma un giorno ho capito che quello non bastava e bisognava andare avanti: bisogna imparare e proseguire, oppure il lavoro non vale piu? niente. Quando si va in un museo bisogna chiedersi che cosa un pittore abbia voluto raccontare e a che cosa questo possa servire. Ho voluto fare quadri che fossero d’aiuto alle persone. La cultura serve ad offrire la scelta, a dare una possibilita?. Non c’e? alcuna situazione chiusa e c’e? sempre una scappatoia, che ci viene data dalla cultura. La cultura e? da vivere, e? una scuola di liberta? ed e? molto importante capirlo, perche? viviamo in un periodo di violenza. La cultura e? la vita stessa. La vita organica si riflette ed e? consapevole di se? attraverso l’arte, che ha lo scopo di difendere la vita. Mi chiedono: perche? sei pittore? Per mettere bellezza nel mondo, che e? la cosa piu? importante ed e? la sola cosa che ci salvera?”.

L’intervento di Dimitri Salmon, invece, viene svolto con l’occhio dello storico dell’arte quale e?, riflettendo sul rapporto che Martial Raysse ha con la pittura classica e su quale valore abbia l’iconografia per lui. Salmon ci dice che negli ultimi 50 anni i musei francesi hanno molto sofferto la perdita di considerazione data all’aspetto iconografico, a differenza di cio? che accade in Italia, Germania, Inghilterra. Ma, aggiunge, “non c’e? opera d’arte senza iconografia e i tuoi quadri lo ricordano opera dopo opera ed e? un piacere sentirne parlare in modo serio e nobile”. Da storico dell’arte, dice di dare molta importanza alla questione delle fonti, sostenendo che secondo lui gli artisti abbiano un modo di vedere le opere d’arte precedenti in modo piu? completo e perspicace rispetto agli storici dell’arte. Dopo di che comincia a riflettere su alcune opere di Raysse incentrate tutte sull’esempio di Ingres, in particolare su “La Grande Odalisca” (1814) e su “Il Bagno Turco” (1862).

Martial Raysse - Teatrino di Palazzo Grassi,   Novemebre 2015 - Photo Matteo De Fina
Martial Raysse – Teatrino di Palazzo Grassi, Novemebre 2015 – Photo Matteo De Fina

Alcune domande emerse:

Dimitri Salmon: Come avviene la scelta di un’opera di riferimento?

Martial Raysse: “C’e? il desiderio di fare bene, di essere piu? serio. Bisogna capire che il privilegio della pittura e? essere molto nai?f, ingenui. Non c’e? snobismo, ma e? una pratica molto umile, molto veritiera rispetto alla vita. Nei musei poco a poco ho cominciato a capire molte cose e poi ho deciso chi poteva insegnarmi. Si puo? imparare con Piero della Francesca, Ingres, Raffaello, perche? sono molto precisi. All’epoca mi sembrava degno modernizzare questi quadri, ma poi mi sono accorto che c’era di meglio di fare. Ho sempre una grande tenerezza nel vedere queste cose, perche? sono sincere e fatte col cuore. Io facevo Ingres per tutti e molto meno caro!

D.S.: I grandi sviluppi artistici stupiscono anche gli storici dell’arte. C’e? dietro questi quadri qualcosa legato all’epoca in cui li hai creati, qualcosa che poteva essere ricercato per vedere un altro mondo?

M.R.: I periodi euforici sono molto corti, come la Pop Art, o il periodo dei Medici. Io all’epoca ero giovane, sentivo parlare dei negozi, della plastica e volevo fare Ingres con la plastica. In pieno periodo della Pop Art, fare lavori con maestri antichi era molto provocatorio: significava “non so fare la pittura ma so che e? quello che voglio e sento di fare”.

D.S.: Nel ’66-’68 hai realizzato dei disegni del volto idealizzato dell’Odalisca, piu? precisi. Come mai?

M.R.: Volevo uscire dalla Pop Art con la mia pratica, spingendola fino in fondo, per questo il viso prende una forma sempre piu? precisa.

D.S.: Dalla fine degli anni ’60 fino agli anni 2000 Ingres e? assente dalla tua opera. Tu deformi altri artisti, come Poussin… si ha l’impressione che i tuoi quaderni sono pieni di ricchezza ancora da scoprire e questo e? molto positivo. Dopo di che, nel 2001, prendono corpo dei disegni intitolati “Ingres rende pazzo”. E, poi, nel 2005 ritorna all’Odalisca. Perche??

M.R.: “Se si vede la Cappella Sistina e poi Pontormo, ci si chiede se questi e? stato influenzato da Michelangelo. Il pittore guada tutti gli altri e vive le stesse emozioni in secoli diversi e le esprime con la personalita? del momento. Agli inizi del 2000 avevo iniziato ad essere migliore nella mia pratica, a disegnare in modo piu? preciso. Mi sono dato la sfida di fare la testa dell’Odalisca. E qui subentra il problema della copia, che non e? la riproduzione fedele, ma entrare nella testa del pittore mettendoci anche il proprio spirito. E il disegno fa impazzire: perche? non riesco a fare meglio di lui? Noi dobbiamo esser migliori dei maestri, perche? abbiamo la loro lezione piu? la nostra. I giovani devono pensare che possono fare di meglio.

D.S.: Nel 2013, con “Relebaintur”, si ha un altro shock: un doppio neon di 10 m di lunghezza che riprende ancora “Il Bagno Turco”. Come mai?

M.R.: Mi sono accorto che quando ho usato il neon, l’ho fatto come un disegno, una linea. Quando ho fatto questa facciata mi interessava “Il Bagno Turco” perche? e? un opera concisa e volevo riappropriarmi del disegno.

Infine, Martial Raysse conclude cosi?: “Guardate i dipinti di tanti pittori. Anche quelli pessimi pittori hanno fatto un buon quadro. Approfittate della vita”.

Andrea Bellini,   Dimitri Salmon,   Caroline Bourgeois,   Martial Raysse - Teatrino di Palazzo Grassi,   Novemebre 2015 - Photo Matteo De Fina
Andrea Bellini, Dimitri Salmon, Caroline Bourgeois, Martial Raysse – Teatrino di Palazzo Grassi, Novemebre 2015 – Photo Matteo De Fina
Martial Raysse - Teatrino di Palazzo Grassi,   Novemebre 2015 - Photo Matteo De Fina
Martial Raysse – Teatrino di Palazzo Grassi, Novemebre 2015 – Photo Matteo De Fina