
Nel centenario della nascita di Mario Giacomelli, le mostre Il fotografo e il poeta a Palazzo Reale di Milano e Il fotografo e l’artista a Palazzo delle Esposizioni di Roma restituiscono la stratificazione di un’opera che, ancora oggi, si sottrae a una definizione univoca. Non semplici retrospettive, ma dispositivo critico, questi due percorsi espositivi offrono una mappa articolata delle traiettorie che attraversano la sua ricerca: dalla dimensione lirica del linguaggio fotografico al rapporto con la materia e l’informe.
A Milano, l’attenzione si concentra sulla relazione – mai didascalica, piuttosto di reciproca risonanza – tra immagine e parola poetica. Le serie presentate, da Per poesie a Io non ho mani che mi accarezzino il volto, fino a Felicità raggiunta, si cammina, delineano un processo di progressivo svuotamento del dato documentario, sostituito da un immaginario che si struttura come un repertorio simbolico aperto. Come emerge dai materiali d’archivio, molte di queste fotografie nascono da un fondo personale, composto da scatti raccolti in scatole che l’autore aveva significativamente intitolato Per poesie: un magazzino emotivo a cui attingere per ricomporre narrazioni mobili. In questo orizzonte, l’opera si configura come un laboratorio di riscritture e riattivazioni, dove ogni frammento assume una funzione evocativa e non lineare.
La mostra romana, a sua volta, evidenzia la componente performativa e materica della ricerca di Giacomelli. La sua dichiarata affinità con l’informale e l’astratto – ribadita in più occasioni dallo stesso autore – viene qui tematizzata attraverso il confronto con Afro, Burri, Kounellis e con le pratiche pittoriche e scultoree coeve. Non si tratta di un dialogo forzato, ma del riconoscimento di un comune interesse per la superficie come campo d’intervento e di trasformazione: la fotografia diventa così una forma di scrittura visiva, capace di integrare la casualità, l’errore, la variazione come elementi costitutivi del processo creativo.
Emblematici, in tal senso, sono i provini, i negativi manipolati e le varianti di stampa che documentano un metodo di lavoro fondato sulla ridefinizione continua. La camera oscura, restituita in mostra nella sua dimensione di laboratorio quasi rituale, era per Giacomelli un luogo di sperimentazione dove la materia del reale veniva sottoposta a un processo di trasfigurazione. È un approccio che si avvicina, per sua stessa ammissione, più alla pittura che al reportage, e che si concretizza in immagini dove il referente diventa pretesto per un’indagine di ordine simbolico.




Se la sezione milanese insiste sulla relazione tra immagine e testo, la mostra di Roma ne mette in evidenza la valenza scultorea: l’immagine come soglia, come superficie aperta all’intervento, come dispositivo in grado di assorbire e riorganizzare il senso. Lo testimonia, tra le altre, la sequenza di Io non ho mani che mi accarezzino il volto, che nella sua circolarità quasi performativa restituisce un tempo sospeso, un’energia che si sottrae alla pura descrizione.
La curatela e la progettazione dell’Archivio Mario Giacomelli si pongono consapevolmente su un crinale: da un lato, la tutela filologica di un corpus che ha segnato la storia della fotografia italiana e internazionale; dall’altro, la volontà di aprire nuove possibilità di lettura. Come evidenziato nei testi critici che accompagnano le esposizioni, la fotografia di Giacomelli nasce dal desiderio di “decostruire l’ideale comune di un reale statico” e di spingere il linguaggio visivo verso un territorio di risonanza soggettiva e universale al tempo stesso.
In un’epoca segnata da un consumo istantaneo dell’immagine, queste mostre riaffermano la necessità di una fotografia che non si limiti a restituire il mondo, ma che lo interroghi e lo rilanci. È in questa tensione – tra testimonianza e invenzione, tra memoria e possibilità – che l’opera di Giacomelli continua a rimanere viva e a rinnovare il proprio senso. Non un archivio da cristallizzare, ma un sistema in perenne trasformazione, capace di offrire alla ricerca contemporanea un modello di radicale libertà.
Mario Giacomelli. Il fotografo e il poeta
a cura di Bartolomeo Pietromarchi e Katiuscia Biondi Giacomelli
Palazzo Reale, Milano
22 maggio – 7 settembre 2025
Mario Giacomelli. Il fotografo e l’artista
a cura di Bartolomeo Pietromarchi e Katiuscia Biondi Giacomelli
Palazzo delle Esposizioni, Roma
20 maggio – 3 agosto 2025
Mostre promosse da Comune di Milano – Cultura, Archivio Mario Giacomelli, Palazzo delle Esposizioni, in collaborazione con RJMA progetti culturali e Silvana Editoriale.
Cover: Mario Giacomelli, Caroline Branson da Spoon River, 1967-73 © Archivio Mario Giacomelli









