ATP DIARY

Maria Morganti. Generare l’archivio | Galleria De’ Foscherari, Bologna

La personale bolognese tenta per la prima volta di restituire la complessità, nella pratica di Morganti, di una pluralità di dimensioni pittorico-concettuali in cui è determinante la funzione dell’archivio.
Maria Morganti, Generare l’archivio, Galleria De’ Foscherari, Bologna. Installation view | Ph. F. Ribuffo

La volontà di una pittura che oscilla fra l’idea di oggetto e processo è ormai penetrata nel nostro sistema di certezze. Ma la pratica di Maria Morganti ha da sempre trovato il suo spazio tra le righe di una definizione – quella di arte processuale – che ne delimita inevitabilmente la portata. Nella sua personale Generare l’archivio (fino al 28 settembre) presso la Galleria De’ Foscherari di Bologna, Morganti e il curatore Enrico Camprini tentano per la prima volta di restituire la complessità di una pluralità di dimensioni pittorico-concettuali in cui è determinante la funzione dell’archivio. Sdoppiato nella sua doppia natura fisica – nello studio dell’artista – e digitale – sul sito www.mariamorganti.it, l’archivio costituisce il principio e la fine di ogni opera, essendo esso stesso opera. La sua esistenza trascende la semplice catalogazione e determina un meccanismo generativo in cui ogni elemento in esso contenuto si integra in un processo di progressiva interconnessione. La proprietà archivistica è così intrinseca a ciascuna opera che, nella sua singolarità, risulta inscindibile da un sistema più ampio finalizzato alla costruzione di una propria memoria. L’attitudine generativa di tale pratica, espressa già nel titolo della mostra, prende avvio, ancor prima di qualsiasi riflessione concettuale, dalla vita di Maria Morganti, dalla sua scansione, da ogni gesto portato avanti quotidianamente e sempre secondo lo stesso ordine, da circa quindici anni. Tutto ha inizio dal colore deposto nella ciotola in cui l’artista, giorno dopo giorno, ne modifica le “sembianze” attraverso l’aggiunta di nuova sostanza pittorica. Il colore è, per Morganti, un agglomerato materico che vive consumandosi in se stesso, senza mai esaurirsi veramente, ma rigenerandosi ogni volta diversamente. La continua trasformazione che ne deriva è restituita visivamente nella successione degli strati di colore che quotidianamente l’artista traccia in verticale su assi di legno lunghe un metro, i suoi Diari. Sono linee del tempo che raccolgono in pittura ciò che le parole annotano su carta. Sembrano così dispiegarsi, in tal senso, le innumerevoli stratificazioni a cui parallelamente è soggetto dal 2006 il Quadro infinito, cuore pulsante dell’attività dell’artista e che per lo spessore raggiunto si pone al confine tra il dipinto e la scultura. Gli anni che si sono depositati su questa tela hanno consolidato – in teoria e in pratica – l’idea di una fisicità della pittura a cui Morganti sente profondamente di appartenere. Un presupposto che emerge come la seconda chiave interpretativa della mostra, rivelandosi già dalla prima opera esposta.

Maria Morganti, Generare l’archivio, Galleria De’ Foscherari, Bologna. Installation view | Ph. F. Ribuffo

Quasi impercettibili, trentaquattro fori costellano la parete bianca alla sinistra dell’ingresso in galleria, distribuiti a diverse altezze e ciascuno circondato da un tassello di colore differente. Parete Pittura #2, 2020(2024) è la riproduzione esatta di una porzione di muro presente nello studio dell’artista – una delle tre esistenti – e come tale deve essere considerata alla stregua di un multiplo. A corredo dell’opera, una legenda scritta a mano dall’artista: “mano”, “ritratto”, “mezzobusto” e “corpo”. Queste indicazioni corrispondono alle misure che Morganti ha rilevato su se stessa e di conseguenza alle diverse dimensioni che possono assumere i suoi quadri. La parete assolve la funzione di strumento espositivo, dove l’artista appende e osserva le proprie opere, in un esercizio di riflessione e controllo che guarda tanto al passato quanto al futuro. Un atto che diventa un momento di valutazione e di ricerca verso la prossimità di uno sguardo altro, suscitando combinazioni immaginative. Non sono solo teoriche, ma effettive realtà espositive; Morganti è così guidata dalle distanze tra i tasselli colorati sulla parete ed esplora – invitandoci a fare altrettanto – le diverse possibilità di disposizione delle opere, all’altezza esatta a cui lei stessa le ha realizzate. La parete rappresenta così uno spazio flessibile, con misure estraibili e riorganizzabili, assecondando una sospensione dell’immagine che concede un vuoto complementare alla saturazione visiva di cui si fa carico, di contro, l’installazione ambientale Dentro la pittura #1, 2020 (2024). Una porzione quasi microscopica prelevata dal Quadro infinito e che attraverso un processo di carotaggio, si sussegue in fasce verticali di carta da parati nell’ottica di una portata immersiva dell’opera. Sembra come se qui, al centro dei tre lati, il tempo volesse inglobarci e diventassimo parte integrante, non solo della pittura, ma dello stesso archivio vivente dell’artista, dove ogni porzione di colore non appare come un dettaglio isolato, ma amplifica la percezione di una continuità in costante tensione con una totalità inesauribile. È in questa nebulosa di colori che si crea il senso delle cose, dove niente è mai uguale a se stesso e il tutto fluttua in una vasta gamma di significati.

Maria Morganti, Generare l’archivio, Galleria De’ Foscherari, Bologna. Installation view | Ph. F. Ribuffo

Affiora dall’installazione, come generata da un addensamento pittorico-temporale dello stesso carotaggio, Gemmazione #1, (2019), la prima in assoluto realizzata da Morganti. Dal 2015 al 2019 gli strati di colore si sono depositati su questa piccola tela, ispessendola sulle orme del Quadro infinito, di cui vediamo a latere della carta da parati una cornice che ne documenta l’evoluzione in fotografia (Tavola dell’autoritratto. 2.05 Agire giorno per giorno. “Condensare materia (quadro infinito)”. Aggiornato al 18 febbraio 2022, 2022 (2024)). In questo contesto, l’idea che le opere possano dar vita ad altre opere si estende all’archivio stesso, che, per una sorta di proprietà transitiva, detiene la medesima capacità. Morganti ha infatti strutturato il suo archivio in due sezioni principali: una dedicata alla catalogazione delle opere, che raccoglie e organizza la sua produzione artistica, e un’altra di natura interpretativa, denominata “Autoritratto”. Quest’ultima non solo ripercorre la sua ricerca artistica, ma viene continuamente aggiornata, documentando l’evoluzione del suo percorso creativo – di vita – e l’espansione dell’archivio stesso, capace di generare nuove prospettive e lavori. Sul pilastro centrale della galleria sono state affisse altre due cornici, esemplificative di una prassi che spesso necessita di mettere un punto nell’ottica di concretizzare quel “fino a qui” raggiunto da una determinata ricerca. Come nella speculare Tavola dell’autoritratto. 17.02 Stare in mezzo agli altri. “Artisti (incontri del mercoledì)”. Aggiornato al 18 febbraio 2022, 2022 (2024), in cui si leggono i nomi dei 254 artisti che, tra il 2002 e il 2012, si sono incontrati ogni settimana in un contesto riservato esclusivamente a loro, libero da pressioni esterne e senza scopi promozionali; un’iniziativa che è proseguita anche dopo il trasferimento dallo studio di Maria Morganti in una sede istituzionale, come la Fondazione Bevilacqua La Masa che ha accolto il progetto senza alterarne l’essenza. Gli incontri sono stati terreno fertile per un dialogo autentico e la crescita collettiva, dove ogni artista ha potuto confrontarsi con i propri pari in un clima di reciproco rispetto e sostegno.

Maria Morganti, Gemmazione #1, 2019 | Ph. F. Ribuffo

Dalla sua pratica diaristica è scaturita la terza documentazione esposta: Tavola dell’autoritratto. 2.04 Agire giorno per giorno. “Tenere un diario (diari)”. Aggiornato al 18 febbraio 2022, 2022 (2024) sottolinea l’importanza di registrare la continuità nell’uso del colore. Viene da pensare a come le quattro Sedimentazioni in mostra siano state volutamente poste in dialogo frontale con la tavola (Sedimentazione 2005 #11, 2005 – Sedimentazione 2016 #4, 2016 – Sedimentazione 2021 #7, 2021 – Sedimentazione 2023 #10, 2023), quasi a volerne sottolineare la derivazione dagli stessi Diari. In entrambe le serie, il colore si stratifica progressivamente, sovrapponendosi a quello precedente, nascondendolo quasi totalmente ma lasciandone traspirare solo una piccola parte. Ad un primo sguardo, le Sedimentazioni potrebbero apparire come monocromi, eppure, avvicinandoci e assumendo quella posizione di corpo a corpo con la tela che la pittura di Morganti richiede – non solo per se stessa – si svelano, nella parte superiore di ogni dipinto, le tracce dei ripetuti passaggi di pennello sottostanti. La presenza del colore non è mai assoluta e in questo modo il tempo, più o meno visivamente, diventa una serie di cicli interconnessi, dove il passato informa il presente e il presente si prepara a diventare passato. Uscendo dalla galleria, un mazzo di tarocchi ci attende su un tavolino (Tarocchi. Versione per Galleria De’ Foscherari, 2024), solo che al posto degli Arcani vi è raffigurato l’archivio in tutte le sue parti, dai dipinti alle strutture che fisicamente lo costituiscono. Nelle carte tradizionali, la lettura non è data solo da ogni simbolo, ma dalla rete di significati che si crea nel metterle in relazione. Non sempre è necessaria una domanda, ma, come l’archivio, il mazzo funge da strumento per esplorare questioni interne e per continuare a interrogarsi ripensando a quanto già è stato fatto. Diventa così naturale immaginare nuovi scenari, in una riflessione che non si conclude ma si “rigenera” ad ogni mano giocata.

Maria Morganti, Tarocchi. Versione per Galleria De’ Foscherari, 2024 | Ph. F. Allegretto